Io sono Adam Swan, e la mia vera vita comincia ora.
In questo momento sto osservando il paesaggio alla mia destra, oltrepasso la mia vecchia città con velocità moderata. Al mio fianco, mia madre è concentrata nella guida e tiene gli occhi puntati sull'autostrada che ci porterà al suo paese d'origine. Da quello che mi ha raccontato so che è un paese molto piccolo e isolato, a differenza della grande e caotica città in cui abbiamo vissuto fin'ora. Il fatto di mollare tutto e scappare via non mi turba molto, ho la piena certezza che questa cosa andava fatta. C'erano davvero troppi brutti ricordi nella nostra vecchia casa, e mia madre non avrebbe potuto rimanerci un giorno di più. Anche compiere piccole azioni come camminare lungo il nostro corridoio o prendere qualcosa da mangiare nel frigorifero, le avrebbe indiscutibilmente fatto ritornare in mente mio padre. La cosa l'avrebbe resa sempre più triste e malinconica, fino a farla arrivare alla depressione. Mentre la voce di Bruce Springsteen continua a cantare dalla radio, la mia mente decide di fare visita ad alcuni vecchi ricordi. Erano passati molti mesi da quell'avvenimento, ma l'intera giornata era ancora nitida in me: quella mattina grandinava, ma io ero a scuola, riparato dalle intemperie. La professoressa di matematica continuava a spiegare, ma io stavo osservando la pioggia dalla finestra affianco. Poi qualcuno bussò alla porta ed entrò il bidello. Disse che dovevo essere urgentemente scortato in presidenza, allora io mi alzai dalla sedia su cui ero seduto e lo seguii lungo il corridoio fino a quando non si fermò di fronte ad un altra porta e bussò di nuovo. Naturalmente mi ero chiesto il motivo della convocazione, di solito non facevo nulla di sconsiderato e non mi era mai capitato di entrare in presidenza. All'interno della stanza, il vicepreside era seduto dietro il tavolo e aveva le braccia conserte.<< Oh salve signor Swan, si sieda >> mi disse, indicandomi la sedia di fronte a lui. Mi siedo senza dire una parola, non sapendo cosa aspettarmi.<< Mi dispiace informarvi di una notizia alquanto triste e sconcertante. Abbiamo appena ricevuto la notizia che vostro padre... è venuto a mancare questa stessa mattina. Vostra madre è già in viaggio e sta per venire a prendervi. Sentite condoglianze >>
È stato proprio in questo modo che venni a sapere dell'improvvisa morte di mio padre. Era stato trovato dal suo capo ancora sul posto di lavoro, ma aveva il corpo quasi tagliato a metà e dei lunghi graffi sul collo e sul viso. La polizia cominciò ad indagare, ma nemmeno loro avevano una spiegazione logica. Quello che gli era accaduto sembrava troppo brutale per essere opera di un uomo, e lasciava tutti senza fiato. Io e mia madre provammo a proseguire la nostra vita, finchè un giorno lei non ce la fece più e annunciò di voler andare via. Così preparammo le nostre valigie e partimmo verso il paese nel quale lei era nata e vissuta per tanti anni, fin quando non conobbe mio padre e si trasferì nella sua grande città.
<< Eccolo qua, siamo quasi arrivati! >> la voce di mia madre mi riporta al presente, ci troviamo di fronte ad una grande insegna che reca le parole " Hidden Mist". La oltrepassiamo avvicinandoci al vero e proprio paese.<< Hidden Mist... dici sul serio? Non mi avevi mai detto che era questo il nome del paese in cui sei nata >> le dico, guardandola.<< Deve essermi sfuggito di mente... ma scoprirai presto quanto può essere carino e accogliente >> rispose lei, sorridendo. Ma io mi guardo intorno e vedo nient'altro che foschia. Quel poco che si intravede ai lati della strada è un bosco fitto, poi nulla. Proseguendo, la foschia inizia leggermente a diradarsi e passiamo nel centro esatto del paese. Gli abitanti si soffermano tutti a guardarci mentre camminano verso le loro case o i negozi. Le insegne pubblicitarie sono rovinate dalle intemperie e dalle fontane non esce una goccia d'acqua.
<< Perché ci fissano tutti? >> chiedo, chiudendo il finestrino dell'auto.
< < Beh, direi che fa parte degli aspetti del vivere in un paese così piccolo... qui si conoscono praticamente tutti, quindi è naturale che siano interessati ai nuovi arrivati >> . Oltrepassiamo le vie principali con la nostra auto, finchè ci lasciamo dietro la maggior parte degli edifici e ci inoltriamo nella foschia. La mamma parcheggia di fronte all'unica casa nel raggio di metri: una villa enorme, con una grossa rampicante sulle mura e circondata da un recinto in ferro.
<< è proprio come me la ricordavo, mi sembra quasi di tornare ai vecchi tempi >> dice, aprendo gli sportelli dell'auto.
<< Sei sicura che sia questa? Sembra... davvero molto vecchia >> socchiudo gli occhi, sperando che avvolta da un'indistinta vaghezza assuma un aspetto migliore. La aiuto a prendere le valigie e osservo meglio la villa nella quale mia madre ha vissuto: è molto alta, ci sono comignoli dappertutto e sembra un ammasso di tante piccole casupole diroccate.
<< Tranquillo, vedrai che ti piacerà >> dice mia madre, con un sorriso che sembra un pò forzato. Ci avviciniamo verso il cancello calpestando le foglie cadute sulla terra umida, e noto subito che sul cancello è incisa una grossa "E".
<< Ma... il tuo cognome è Aveline, come mai questa E? > domando.
<< mmh... non credo di ricordarlo >> mi risponde, mentre prende dalla sua borsa delle grosse chiavi arruginite e le inserisce nel cancello. Una volta aperto, avanziamo verso la veranda e ci fermiamo di fronte alle porte d'ingresso mentre mia madre traffica nella borsa alla ricerca dell'altra chiave. Le porte un tempo dovevano essere grigie, ma erano scrostate e il poco colore rimasto, ormai sbiadito dagli anni, si rivelava soltanto nelle profondità delle crepe di legno e intorno ai cardini. Mia madre infila una chiave nella serratura, la gira e da una spallata alla porta, che si apre su un ingresso immerso nell'oscurità. Sto per entrare con lei, ma sento un improvviso fruscio alle mie spalle e mi giro velocemente. Nascosti fra gli alberi coperti da tutta quella foschia, mi pare di vedere due occhi rossi come il sangue luccicare. Lascio le valigie a terra e raccolgo la prima cosa abbastanza pesante che vedo: un sasso. Cammino lentamente verso quelli che mi sembrano occhi e osservo con più attenzione.
<<Chi va la? >> appena sentono le mie parole, i presunti occhi scompaiono. Lancio lo stesso il sasso con forza, chiedendomi se non mi fossi allarmato per nulla. Poi mi volto e torno dentro casa riprendendo le valigie che avevo lasciato a terra, non sapendo che quegli occhi mi stavano ancora fissando.
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The Chronicles of Spell
FantasíaAdam Swan aveva sempre pensato che la sua vita fosse monotona e noiosa, almeno fino a quando la madre decide di andare a vivere nella vecchia casa di famiglia. Da quel giorno la vita di Adam cambia totalmente, inoltrandolo in una di quelle avventure...