siamo tutti l'angelo rendendore di qualcuno

39 4 2
                                    

Le mura scrostate della chiesa si ergono come carcasse dimenticate, i loro contorni sinistri si stagliano contro il cielo notturno. La luna, unghie di ghiaccio, si fa strada attraverso le vetrate sporche, spargendo una luce spettrale su tutto ciò che tocca. Il mio respiro affannato si mischia con il fruscio dei topi nascosti tra i crepacci, creando un'atmosfera di rassegnazione.

Non ricordo come sono finita qui dentro, vicina all'altare dove il sacerdote legge passi inascoltabili del vangelo ogni mattina.
Vorrei muovermi e andarmene, scappare da questi quadri sinistri di santi morti e torturati, ma non ci riesco. Sono bloccata, e mi manca l'aria. Perché non riesco a muovermi? Gambe, muovetevi. Ho paura!

Lo sento. Un sottile crepitio scuote l'aria, quasi inudibile, come un presagio d'orrore che si avvicina. Poi, improvvisamente, un dolore acuto come un pugnale mi trafigge lo stomaco. Abbasso lo sguardo sul mio petto, e le vedo, le sento le crepe che iniziano radicarsi e ad espandersi, come fenditure su una superficie di vetro che sta per rompersi. Si allargano rapidamente, come tentacoli neri che divorano la mia carne. Un bruciore brutale si diffonde attraverso di me, strappando ogni sensazione di normalità.
«C-che diavolo sta succedendo?» balbetto, la mia voce appena un sussurro nell'oscurità soffocante.

Un riso beffardo squarcia il silenzio, come le campane della cattedrale. Alzo lo sguardo con occhi spalancati. Un ragazzo emerge dall'ombra come una creatura della notte, le labbra distorte in un ghigno malizioso. «Oh, ecco finalmente l'illusione che crolla,» mormora con un tono tagliente, come una lama che affonda nella mia psiche o, accidenti, nella mia carne!
«Ti sei mai chiesta perché hai sempre sentito qualcosa di sbagliato in te?»

Le sue parole sono un pugno nello stomaco, una verità che mi fa sprofondare in un abisso di paura.
Non ricordo niente di me, nemmeno il mio nome o chi sono stati i miei genitori. Ma so che ha ragione, un secondo cuore nero pulsa famelico in direzione delle sue parole. Come un cane al guinzaglio che sbraita per raggiungere un osso. Le crepe si allargano sempre di più, si diffondono come vene marce su un corpo in decomposizione. «No... no, questo non può essere vero, io... io non so nemmeno chi sei» ansimo, le lacrime si mescolano al sudore sulla mia pelle scossa.

Il ragazzo si avvicina, lo sguardo infuocato di malizia. «Tu, mia piccola illusione, sei solo una insignificante statua di marmo, un'opera d'arte creata per ingannare il mondo, ma non me. Ora è giunta l'ora di smascherare la tua vera natura.» La sua voce è come un coltello affilato, taglia e affonda dentro di me.

Quello che dice è delirante, non sono una statua. Ma allora perché non riesco a muovermi? Il cuore palpita impazzito nel mio petto, una statua non ha cuore ed io lo sento esplodere nella mia gabbia toracica.
«Tu menti, lasciami stare!» boccheggio, nemmeno io credo alle parole che ho appena pronunciato.

«Non mentirei mai dinanzi all'arte maledetta» ha un martello in mano, se lo rigira tra le dita. Ha uno sguardo famelico, si sta saziando di me.

Poi si avvicina in uno scatto improvviso verso di me. Non posso negarmi, non posso ritrarmi perché sono bloccata, immobile in questa chiesa.

Le crepe si espandono come fessure in una diga in rovina, il dolore si fa straziante. «Per favore, no!» imploro, ma le parole sembrano inutili, come un lamento perso nel vento. Sento le lacrime tuffarsi fuori dagli occhi. Posso piangere, o è irreale anche questo?

Le mani del ragazzo mi toccano in punti profani, gli occhi di quei santi mi stanno bucando la pelle. Ho uno strato di epidermide, o è cera fusa?
«Ho sempre desiderato scoprire cosa si prova a scoparsi un angelo», la sua lingua percorre le mie intimità immacolate, macchiandosi di bianco.
Ha gli occhi incatenati ai miei, febbrili e illuminati da un desiderio sadico di distruggermi. Forse, glielo lascerò fare. Le sue dita affondano senza dolcezza dentro di me. Una, due, quattro. Vorrei inarcare la schiena, vomitare i gemiti che mi stanno invadendo la trachea, ma gli angeli non provano dolore. Non piangono. Perdonano.

«Questo è l'ultimo atto d'amore prima di sparire, mia illusione» e lo sento, asfissiante e bruciante, il suo cazzo di carne dentro il mio corpo cereo. Ad ogni affondo lo perdono, per quello che mi ha fatto e per come mi distruggerà.
«Ti perdono» piango cera sciolta. «Ti perdono», gli angeli sono magnanimi e redentori.
Il ragazzo alza il martello con una luce diabolica nei suoi occhi, mentre si svuota dentro di me. «Preparati, statua maledetta, è ora di ridurti in polvere.» La sua risata è come una sinfonia di follia, riempiendo l'aria con la sua oscurità, ma è anche calda e confortevole in questo luogo casto e santo.

Il martello mi colpisce, e il mondo esplode in un turbine di dolore. Sento ogni singolo frammento di me stessa sminuzzarsi, schegge taglienti come coltelli affilati che mi trafiggono da ogni angolo, esplodendo fuori e dentro di me «No, no, NO!» urla la mia mente, ma è tutto inutile, come un grido nell'abisso.
«Ti perdono» gli dico invece. Lo perdono. Guardatemi santi martiri, lo perdono mentre mi distrugge.

Le crepe si allargano sempre di più, il mio corpo si sta sgretolando. «Ti ho detto che non eri reale,» sibila il ragazzo, mentre il martello continua a scendere, frantumando ogni traccia di me. «Niente di più che un'illusione, una menzogna, angelo mio»

Il mondo si fa confuso, il dolore è una melodia ossessiva. Sento la mia esistenza svanire come un eco lontano, mentre il ragazzo ridacchia come un demone trionfante. E nella chiesa avvolta dall'oscurità, tutto si dissolve in un turbine di frammenti, e la mia coscienza si spegne come sabbia dispersa nel vento.

Ti perdono.
















Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 23, 2023 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

siamo tutti l'angelo rendendore di qualcuno Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora