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— ESME —

Quella sera ero su di giri. Temevo quanto le mie parole potessero rivelarsi pesanti e ancora di più l'eventualità che lui potesse approfittare della situazione.
Tuttavia, il mio lavoro a volte comportava alcuni rischi.

Chiesi un permesso al mio capo, all'Azul, che mi ha concesso la serata facendomi sostituire da Camila che non sembrò del tutto dispiaciuta.

Lei e Leo avevano fatti pace e rimessi insieme quindi andava volentieri a lavoro – per mangiarlo con gli occhi mentre serviva i clienti, essenzialmente.

Avrei voluto chiamare May per avere un consiglio, ma ci ripensai. Avevo paura di disturbarla e comunque, quella cena non era certo così importante da richiedere il suo aiuto. Non era certo un incontro galante, dopotutto.

Quindi, mi feci un bel bagno caldo e poi cominciai a prepararmi andando all'armadio per decide che cosa mettere. Scelsi un vestito nero, lungo quasi fino a terra con uno scollo a V non troppo profondo e le spalline cosparse di strass.
Abbinai naturalmente delle décolleté, dal tacco basso ma elegante. Non volevo strafare.

Tornai alla toeletta per un ultimo ritocco e una volta fatto, presi la borsa e salutai Felipe - che stava cenando, appena tornato dall'officina.

Mi incamminai a piedi, con naturalezza. Riva mi aveva mandato un'email con il nome del ristorante, che aveva scelto personalmente.
Secondo lui, era la location giusta per dare il suo 'contributo' alla riuscita della serata.

"Che montato" pensai alzando gli occhi.

Lasciai perdere e svoltai l'angolo del marciapiede, venendo accecata da un'auto che non appena mi vide, rallentò. Era la Maserati del mio capo e infatti, il suo volto un po' segnato dal tempo fece capolino da dietro il finestrino posteriore.

«Signorina Dìaz, dove sta andando da sola a quest'ora?» mi domandò curioso.
«A cena con mister Riva, signore. Per intervistarlo.»

A quella mia risposta sicura, lui mi squadrò un momento. Incurvò le labbra in un sorriso malizioso per mezzo secondo e io volli sprofondare.

In azienda si chiacchierava molto di lui e tutti sapevano quanto fosse infedele nei confronti della moglie e non perdesse occasione di toccare le collaboratrici se poteva.

Alla fine, non tentò nulla -per fortuna- e io potei riprendere a respirare.

«Veda di fare sciocchezze. Non si famigliarizza con i clienti. Lo sa, vero?»
Annuì secca. «Certo e infatti non ho alcuna intenzione di farlo.»
«Molto bene. Buona serata allora.»

Salutai con un cenno e poi lui se ne andò. Giusi le mani a mo' di preghiera e guardai il cielo blu costellato da prime stelle della sera.

Barcellona era sempre splendida in quelle ore. A mio parere, era il momento in cui si animava e ogni cittadino contribuiva a renderla speciale sebben non stesse facendo nulla di speciale.

C'era chi usciva con gli amici per una festa in spiaggia, chi a far un aperitivo con la sua metà, chi semplicemente stava sul terrazzo di casa a godersi la vista.

Mi piaceva quell'immagine e credevo che fosse merito anche della luce aranciata che emanava il sole che pian piano, all'orizzonte, tramontava.

Pregai che andasse tutto bene e che quel rosso di sera, portasse solo buon tempo.

Controllai l'indirizzo e arrivai davanti a un infrastruttura davvero enorme dove in cima stava una specie di casa di metallo, non molto invitante - per la verità, che ospitava il locale.

CRASH | Errore di PercorsoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora