Le chiavi, sì ma del cuore

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La mattina dopo rimandai il mio risveglio in più occasioni: alla prima sveglia impostata da Matteo alle otto, che spense bellamente pure lui, alla seconda sveglia impostata da Laura alle nove e mezza, alla terza sveglia impostata da me per le dieci, la mia sveglia della domenica, che invece tirò fuori dal calore del letto (e del materassino adibito a tale) i miei due amici. Rimasi avvolta nella coperta fino all'ora di pranzo, quando Laura si affacciò nella stanza per chiedermi cosa volessi da mangiare. <Quello che volete voi> dissi, mentre la fissavo senza battere ciglio. <Volevamo andare in rosticceria a prendere lasagne e patate, va bene?> chiese poi. Annuii sentendomi ancora stanca. <Noi andiamo, però ti alzi, ti cambi e fai la tavola> disse, con tono fintamente severo e minaccioso. Sorrisi debolmente, ma appena sentii la porta di ingresso chiudersi, ebbi la forza di cambiarmi e lavarmi e poi di fare la tavola. Dopo quaranta minuti, i miei amici rifecero il loro ingresso e nello stesso tempo, arrivò un altro messaggio da Mario che ignorai come il precedente: Possiamo parlare?.
Dopo pranzo, al momento del caffè, ci fu la solita seduta gossip che facevamo ogni domenica pomeriggio: <Allora? Che ci dici?> chiese la mia amica mentre il mio telefono continuava ad illuminarsi e i messaggi di Mario continuavano a comparire sullo schermo. <Quello che state vedendo. Ha esordito stamattina alle sei con un spero tu possa perdonarmi e poi ora mi sta praticamente pregando di vederci e parlare> spiegai, un po' triste e un po' nervosa. <Io andrei> disse Matteo dopo qualche istante di silenzio. <Così poi la prende ancora in giro? No grazie> sbottò la mia amica, girando lo zucchero nel caffè. <Ma no, per capire se tutti e due vogliono la stessa cosa o se per adesso è meglio prendere delle strade diverse> rispose Matteo. <Non lo so. È che forse abbiamo corso troppo> dissi sinceramente. La mia amica e Matteo mi guardarono perplessi: <In che senso?> chiese Laura. <Abbiamo dormito insieme tre volte o giù di lì, abbiamo trascorso tutti i momenti liberi che avevamo durante le settimane più impegnative, abbiamo fatto un sacco di programmi dopo neanche un mese di conoscenza> elencai. <In che senso avete dormito insieme?> chiese Matteo. <Nel senso che lui non aveva voglia di tornare a casa perché si era fatto tardi e abbiamo dormito, ci tengo a sottolineare dormito, nel mio letto perché ci siamo messi a discutere su chi dovesse dormire sul letto o sul divano> spiegai. <E- e come avete dormito?> continuò con le domande il mio amico, stavolta con tono più incerto. <La prima volta non ci siamo neanche sfiorati per sbaglio, la seconda io ho un po' invaso i suoi spazi -Laura sa bene di cosa parlo- e la terza abbiamo dormito abbracciati abbracciati. Mi ha anche> dissi ma mi bloccai. Laura e Matteo sbiancarono. <Ti ha anche?> esortò a continuare la mia amica. <Nulla nulla> mi affettai a dire. <Vi siete baciati, ecco perché ne stai facendo un caso di stato. E più di una volta!> esclamò Matteo, illuminandosi di nuovo. <Sì Sherlock. Ma non lo sa nessuno. Vabbè a parte voi due ora> ammisi. <Come scusa?! Lui non ha raccontato nulla agli altri?!> chiede Matteo sollevando la voce. <Matte ti giuro. Ieri quando parlavo con Andrea, mi ha parlato di come tu parli di me, non di come Mario parli di me> dissi. Laura per poco non si strozzava con il caffè, mentre Matteo tossicchiò imbarazzato. <Sono cose belle> disse, sollevando le mani in aria come a dire "sono innocente". Sorrisi, afferrandogli una mano e accarezzandogliela velocemente, sapendo quanto a volte il contatto fisico lo infastidisse. <Lo so tranquillo. È per farvi capire un po'. Poi magari ho travisato tutto io> aggiunsi. Laura scosse la testa: <Mario è stato poco chiaro>. Matteo aggiunse, scuotendo la testa: <Non ti ha promesso niente però. Certo, non è innocente, ma non è neanche colpevole> commentò. Laura era già sul piede di guerra, ma io la fermai: <Ha ragione Matteo> sentenziai amareggiata. Lui annuì, per la prima volta non così vittorioso rispetto alle altre discussioni in cui alla fine gli si dava ragione per i suoi ragionamenti acuti e molto chiari nei vari passaggi. <Mi dispiace avere ragione, stavolta> disse, aggiungendo: <Ma è un'altra lezione, no? Stasera vedilo così chiudete> propose. Decisi, allora, di raccattare le mie cose e salutare Laura e ringraziarla per l'ospitalità. Matteo mi accompagnò a casa e quando ci fermammo davanti al portone, scese dalla macchina sia per aiutarmi con il borsone che per abbracciarmi. <Chiamami dopo, okay? Nel frattempo dò il tuo numero ad Andrea: scrivere non guasta mai> disse, prima di risalire in macchina e sparire nelle strade vuote della domenica pomeriggio. Appena arrivata a casa, sistemai la mia stanza e il mio borsone per poi chiamare Mario. <Non ci speravo più> disse. <Ci vediamo tra mezz'ora sotto casa mia> dissi, chiudendo poi la chiamata. Dopo mezz'ora, il citofono che suonava segnalò la sua presenza. Mi affrettai fuori e appena lo vidi, il mio cuore saltò qualche battito anche se in maniera dolorosa. <Scusa> disse solamente. <L'importante è chiarirsi> mormorai secca e distaccata. <Ti ho illuso> continuò. Annuii. <Non fa nulla, è anche colpa mia: non mi hai promesso nulla> controbattei. <Lo so, però, avrei dovuto chiarire cosa volevo e il resto> disse di nuovo. <Forse quello non sarebbe stato male> riuscii a pronunciare. Lui mi abbracciò. <Dammi tempo>, prima di recuperare il motorino su cui era venuto e andarsene.
La serata trascorse con un mio tentativo di studio, fallito miseramente, Andrea che mi inviava i testi delle canzoni, Claudia che preparava la cena e che mi chiedeva aggiornamenti e i miei amici che intasavano whatsapp per capire come avessimo chiuso io e Mario. Prima di addormentarmi definitivamente, un messaggio mi tirò fuori dal dormiveglia: spero ancora di meritarmi un posto nel tuo cuore. Buonanotte.

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