I giocatori si muovevano scattanti e sicuri nello schermo della TV del salotto di Laura. Era sabato, il giovedì avevo dato l'esame scritto di geografia umana, che mi sembrava di aver affrontato discretamente, e avevo deciso di prendermi il fine settimana libero dallo studio, o con ritmi meno serrati. Quella mattina, infatti, mi ero alzata con più calma, avevo sistemato la casa e poi ero uscita a fare una passeggiata, poi avevo pranzato e avevo passato il primo pomeriggio a sottolineare le pagine che mi mancavano da studiare del manuale di storia medievale, l'altro esame che mi mancava prima di concludere la sessione estiva. Verso le cinque, Laura aveva scritto il solito messaggio nel gruppo quando volete, casa mia è aperta. Ho ordinato le piade e dovrebbero arrivare per le ventuno. E dopo un'ora casa sua si era riempita: Davide, Giovanni, Andrea, perfino Luca e Claudia, Mario, Matteo e altri suoi amici avevano popolato il salotto per guardare la partita Inter-Milan. Mario e Matteo non perdevano occasione per stuzzicarsi, essendo rispettivamente interista e milanista, mentre alcuni altri, tifosi di altre squadre, la guardavano distrattamente o per dare fastidio ai due. Io avevo scelto il posto più scomodo, ovvero in mezzo ai due. A volte, ironicamente, lanciavo delle occhiate di aiuto e terrorizzate ad Andrea, che era seduto accanto a Matteo. Alla fine del primo tempo, dove loro sorprendentemente rimasero seduti, io accompagnai Andrea in balcone per fumare. <Ho visto che ti stai divertendo> disse il ragazzo ridendo, mentre si accendeva la sigaretta. <Mi fanno quasi paura> risposi, ridendo di rimando. <Matteo è agguerritissimo> aggiunsi poi. Andrea annuì. <Davvero oh. Sembra così pacato, e invece>. Scossi la testa e tra noi due calò il silenzio. <Come va?> chiese poi Andrea, mentre aspirava dalla sigaretta. <Non c'è male, e tu? I testi?> domandai, ricordandomi della settimana precedente dove aveva avuto difficoltà a concludere un testo. <Ho ancora difficoltà con quel testo, ma credo che per un po' lo lascerò da parte> rispose. <Per il resto tutto okay> concluse. <Se vuoi domani sono libera, per il testo> proposi. <Davvero? Sarebbe perfetto> disse felice. <Sì, tanto verresti comunque a pranzo, puoi trattenerti anche dopo> aggiunsi ancora. Lui annuì. <Grazie>. La nostra conversazione venne interrotta da Mario che si affacciò: <Sta iniziando il secondo tempo> disse, guardando prima Andrea e poi me. <Finisco questa e arrivo, tanto non la stavamo guardando> rispose il ragazzo accanto a me. Mario mi fissò un attimo, poi annuì semplicemente e rientrò in casa. Dall'altra finestra che dava sul salotto, lo vidi sedersi controvoglia sul divano e puntare lo sguardo alla TV. Matteo gli chiese qualcosa, probabilmente un "che succede" dal modo in cui aggrottò la fronte e le sopracciglia, ma Mario gli fece segno che non era nulla, spostando la mano come se volesse scacciare qualcosa. <Avete risolto?> chiese Andrea, facendomi riportare lo sguardo sulla sua figura. La sigaretta era quasi finita, ma lui continuava ad aspirare di tanto in tanto. <Non proprio. Non mi fido tanto> confidai sincera. <Ci sta, cioè è comprensibile. Ma non credo lo abbia fatto per male o per cattiveria> <Ma mi ha ferita comunque> borbottai. Andrea annuì, schiacciando definitivamente la sigaretta nel posacenere. <Hai ragione. Non volevo sminuirti. Penso solo che la gente pensa solo a se stessa. In quel momento si sentiva di fare così, e così ha fatto> asserì. <Possibile> riuscii solo a dire. Guardai il cielo che si colorava di rosa. <Rientriamo?> domandò Andrea, avvolgendomi le spalle con un braccio e tirandomi verso di sé. <Voglio stare qui a guardare il tramonto. Ti va?> chiesi io di rimando. <Sì> rispose solamente. Per la successiva mezz'ora ci sedemmo in una rientranza della finestra che dava sul salotto (era una posizione scomoda, però nessuno dei due si lamentò più di tanto) e, commentando di tanto in tanto, guardammo il sole che spariva sotto l'orizzonte mentre il cielo si colorava di arancione, rosa, viola, azzurro più scuro e infine un blu tendente al nero della notte. Solo quando ormai il cielo era diventato troppo scuro e nella strada di sotto si accesero i lampioni, ancora mezzo abbracciati rientrammo in salotto, accomodandoci nelle sedie libere sistemate davanti alla TV. L'Inter era in vantaggio di due a uno: Mario aveva un'espressione concentrata ma più rilassata rispetto a quella di Matteo che invece, con la fronte aggrottata e la mascella contratta, fissava, in una posizione sbilanciata in avanti con i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani che reggevano la mascella stessa, la TV e i giocatori del Milan che, veloci e agguerriti, rincorrevano la palla, ora tra i piedi di un giocatore dell'Inter. <Sta giocando Barella?> chiesi. Matteo ridacchiò scocciato, mentre Mario annuì. <Perché ti interessa?> chiese proprio quest'ultimo. <È sardo, per me è motivo di orgoglio> dissi orgogliosa. Matteo ripose alla mia frase: <Lo dice ogni volta che Barella gioca, tremenda> rise, scuotendo la testa. <Mattè non rosicare troppo> controbattei divertita e fintamente infastidita. Di tutta risposta, mi fece il dito medio, che ricambiai con un bacio volante che fece finta di schivare. La partita si concluse, alla fine, con un pareggio, facendo sospirare di sollievo Matteo, che si alzò mettendosi una mano sul cuore, per poi abbracciarmi felice, e con un'espressione infastidita di Mario. <Siete proprio sculati> disse quest'ultimo all'altro mio amico. <Ma meglio!> esclamò Matteo ridendo contento. Mario scosse la testa, unendosi però alla risata. Aiutammo Laura a sistemare la cucina e il salotto, che versava in condizioni pietose tra bottiglie di birra e lattine di altre bevande, buste di patatine e altri snacks salati, poi la maggior parte di noi si riversò in balcone ad aspettare l'arrivo del rider con le nostre piade. Io e Andrea ci mettemmo di nuovo vicini, mentre mi diceva delle frasi che in quell'ora che avevo trascorso a guardare la partita senza parlare (per il bene dei tifosi e per la nostra incolumità), gli erano venute in mente. <Aspetta, ridimmi l'ultima frase su cui ti eri bloccato> dissi, prima che iniziasse a bombardarmi di informazioni. <Era quella sulla moto, non la ricordo, devo riguardare> disse, per poi comunque elencarmi tutta una serie di alternative. <Le scrivo sulle note così domani poi proviamo ad attaccarle all'altra strofa> dissi poi, scrivendo tutto quello che mi diceva. Nel frattempo, ci raggiunse Mario. <Di che parlavate qua?> chiese, aspirando dalla sigaretta, che prontamente Andrea gli rubò. <Dei miei testi. Domani mi aiuta a concluderne uno> rispose l'altro ragazzo disinvolto. Mario fece sparire il sorriso, contraendo la mascella. <Ah, figo> disse semplicemente, tirando poi le labbra in una sorta di smorfia. <Domani facciamo il solito pranzo della domenica. Se vuoi venire anche tu, di solito mangiamo per l'una e mezza> dissi. Lui annuì ringraziandomi e tornando dagli altri. Alle nove e un quarto finalmente arrivò il rider con il nostro cibo. Per tutta la cena, Mario non fece altro che fissare in cagnesco me e Andrea, vicini dall'altro lato del tavolo, pronunciando a volte delle frasi a metà o delle frecciatine. A fine serata, ormai esausta di quell'atmosfera pesante, quando tutti avevano preso a parlare tra loro nel divano del salotto e nel resto delle sedie, mi rifugiai nel balcone. <Tutto okay?> chiese Giovanni. <Sì, Mario a volte esagera con le battute e son venuta un po' qua> risposi semplicemente, sollevando le spalle. <Ora si sente ferito, penso> mormorò, voltandosi nella finestra comunicante. Stava parlando con un'amica di Laura, che penso si chiamasse Francesca o una roba del genere, e, interessato, la ascoltava mentre lei gesticolava raccontando qualcosa. <Lo vedo> risposi sarcastica. Giovanni scosse la testa per poi abbracciarmi. <Torniamo dentro che si sta sollevando il vento>.
La serata trascorse tranquilla e alle due, ognuno tornò a casa sua.
Quindi ti piace Andrea?