A lungo mi sono interrogato su come, e se, scrivere queste righe.
Sarebbe probabilmente molto più dignitoso ingoiare queste pillole che ho davanti senza lasciare scritto nulla, o al massimo un breve e generico commiato alla famiglia e agli amici più cari.
In questo caso, i giornali si limiterebbero a scrivere qualche stralcio senza infamia e senza lode, dipingerebbero il mio caso come una tragedia greca, un uomo intrappolato da un crudele destino che si scava una macabra via di fuga.
Una mezza verità, una versione edulcorata e semplicistica di quello che sto vivendo, di quello che sto provando... ma al contempo una bugia bianca che tutto sommato potrei anche tollerare.
Però non posso. Non posso andarmene senza aver quantomeno tentato di avvertire l'umanità intera di ciò che ho scoperto, di ciò che ho visto, se così si può dire. So che verrò additato come pazzo, che diverrò lo zimbello dell'intera nazione, che fior fior di psicologi faranno a gara per classificarmi sotto questa o quell'altra malattia mentale, ma forse, forse avrà una qualche minima utilità per la nostra disgraziata razza umana. Forse la mia disgrazia potrà servire a qualcosa nel grande mosaico della nostra storia.
No, non è corretto dire così. Non è una spinta altruistica che mi spinge a scrivere, anche perché so per certo che nessuno mi crederà. È solo che se questa "idea", per mancanza di un termine più adatto, se questa ossessione dovesse morire con me, allora... allora davvero non potrei nemmeno riservarmi il beneficio del dubbio su quel che rimane delle mie facoltà. E anche ai miei stessi occhi, non sarei niente di più che un pazzo.
Ma cerchiamo di procedere con un minimo di ordine.
La diagnosi è arrivata circa un anno fa. I fastidiosi mal di testa che sempre più spesso mi impedivano di concentrarmi sono risultati essere i sintomi di alcune cellule impazzite del mio stesso cervello.
Cancro.
La mia aspettativa di vita ridotta da decenni a pochi mesi.
Non ci volevo credere. I progetti che avevo costruito per gli anni futuri, le speranze e i sacrifici, il lavoro e i soldi pazientemente messi da parte... tutto spazzato via nei pochi secondi necessari a pronunciare le parole "Lei ha il cancro".
Voglio dire, ho sempre saputo che avrei dovuto morire, però riuscivo a non pensarci, capite? E dopo quel giorno, invece, era la prima cosa a cui pensavo la mattina e l'ultima che mi veniva in mente la sera. Era la costante, sempre lì, l'unico punto fermo mentre tutto intorno a me crollava.
Stavo morendo.
E la cosa peggiore... la cosa peggiore in assoluto è che non c'era nessun motivo.
Ho sempre fatto attenzione a evitare le sostanze cancerogene. Non ho mai fumato neanche una sigaretta, ho fatto del mio meglio per seguire una dieta salutare, quasi mai bevevo alcol... tra tutte le fottute persone del mondo io avrei dovuto essere quello che meno aveva probabilità di beccarsi quella condanna a morte.
E come tutti i condannati, specie gli innocenti, ho tentato di patteggiare, di commutare la pena.
Ho affrontato la chemioterapia. Per tre mesi ho affrontato con tutte le mie forze la stanchezza, la nausea, il vomito, i capelli che cadevano, il mio riflesso allo specchio che ogni giorno si faceva più smunto ed emaciato.
E per cosa? Per niente.
Ogni lastra mostrava che il tumore era sempre lì, per niente indebolito, anzi, più grande e più forte di prima. I medici più esperti che ho potuto consultare hanno tutti alzato le braccia, si sono arresi, mi hanno messo una mano sulla spalla e mi hanno consigliato di rassegnarmi.
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Il Bambino nello Spazio
HorrorUn uomo, devastato dalla diagnosi di cancro, lotta disperatamente per la vita, utilizzando tutti i metodi scientifici... e meno scientifici. Un misterioso occultista gli si presenterà per fargli un'offerta unica quanto inquietante.