CAPITOLO 11

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Keira infilò profondamente le mani nelle tasche del suo cappotto, piegò le spalle in avanti il più possibile e affrettò il passo verso il suo appartamento. Nevicava leggermente e il gelo le tagliava la faccia. Strinse con il gomito la borsa che il forte vento minacciava di far volare via, poi risistemò meglio la spallina.

Non vedeva l'ora di arrivare a casa, a togliersi gli abiti di dosso, a farsi una doccia calda e a rilassarsi finalmente sul divano, sotto le coperte. Incredibile come sentiva sempre il bisogno di dormire o di stare sdraiata.

Era stata una giornata bruta e deprimente, l'ennesima di una lunga serie di giornate brute e deprimenti. E, come se non bastasse, le toccava pure combattere con le nausee mattutine e una stanchezza sovrumana. Era stanca di svegliarsi... troppo stanca. E tutto lo stress degli ultimi tempi non faceva che peggiorare la situazione.

Una volta svoltato l'angolo, tirò un sospiro di sollievo. Era quasi arrivata, per fortuna. Mancavano solo pochi metri. Non vedeva l'ora di mettersi in pigiama e raggomitolarsi sul divano con una cioccolata calda. Poi avrebbe dormito per almeno dodici ore di fila.

Sorrise tra sé e sé pensando alla persona che era stata prima della gravidanza e a quella che era adesso. Era diventata una vera party girl... L'anima della festa... Il suo livello di energia era quello di una lumaca. Non riusciva neanche a stare sveglia fino a mezzanotte...

Era talmente presa dai suoi pensieri che non si accorse subito dell'auto che si era accostata al marciapiede, rallentando fino a fermarsi. Il cuore le schizzò in gola quando si sentì afferrare per un braccio. Lanciò un urlo, poi si voltò e vide chi era che la stava trattenendo.

"Dannazione, Fabian, ma che diavolo fai? Santo cielo, mi hai fatto prendere un colpo!"

"Dai, sali in macchina con me," disse lui in tono perentorio, tirandola verso l'automobile. "Sbrigati, si gela qui fuori."

"Non vedo perché dovrei salire nella tua macchina. Io sono quasi arrivata a casa..."

Ignorando la sua protesta, Fabian la trascinò verso la portiera aperta e la fece accomodare. Keira non disse nulla. Forse fare in macchina gli ultimi metri non era una cattiva idea.

Si sistemò leggermente lontano da dove si sarebbe seduto Fabian. Non voleva stargli troppo vicino, non si fidava del suo corpo e delle sue emozioni nella presenza di quel bel esemplare maschile.

Si sedette anche lui e fece cenno all'autista di ripartire.

"Non hai risposto a nessuna delle mie chiamate. Per non parlare dei miei innumerevoli messaggi..." disse Fabian in tono seccato. "Hai l'abilità di non essere mai in casa quando passo a trovarti e, guarda caso, neanche le tue amiche, le uniche persone che sanno della tua vita qualunque cosa possibile, sanno mai dove sei."

Il sarcasmo la fece fremere, ma ancor più il senso di colpa. Non avrebbe mai dovuto salire nella sua macchina. Questa discussione la stava già infastidendo e stancando. Aveva pianificato di parlare con lui, ma non se la sentiva ancora di farlo.

Quando l'auto non rallentò e passarono oltre il suo appartamento, Keira si protese in avanti.

"Il mio appartamento è qui! Freni, per favore! Siamo arrivati!" gridò all'autista.

"Ma noi non stiamo andando a casa tua, dolcezza," spiegò Fabian senza scomporsi.

"Cosa? Ma io..."

Capendo che era inutile protestare, Keira si appoggiò contro lo schienale di pelle ed emise un sospiro di stanchezza mescolata alla frustrazione.

UN ACCORDO MOLTO PERSONALE (4 LIBRO DELLA SERIE "AMORE E POTERE")Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora