Guardo sorpreso

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Mi addormentai guardando Mario dormire pacificamente stretto a me alle sei e mezza e riuscii a svegliarmi all'una e mezza del pomeriggio quando il mio telefono iniziò a squillare ininterrottamente sul mio fianco. Il nome Matteo era bello luminoso sullo schermo. <Pronto?> borbottai, ancora schiacciata sul divano, senza Mario accanto a me però. <Dove sei?> chiese subito. <Da Mario> dissi. Dall'altra parte ci fu silenzio: <Sei rimasta là da ieri sera?> chiese ancora. <Sì. Non capisco questo interrogatorio> dissi sinceramente, mentre focalizzavo la stanza intorno a me e cercavo, almeno visivamente, di recuperare i vestiti che avevo sparpagliato nel salotto la sera prima. <Ero preoccupato> disse Matteo, facendomi stringere il cuore per il senso di colpa. Sospirai. <Scusa, avrei dovuto scriverti> dissi. <Non preoccuparti. È andato tutto bene?> chiese ancora. <Sì, diciamo di sì> risposi. Individuai Mario che in cucina trafficava con pentole di ogni grandezza e che sistemava i piatti a tavola. <Cos'è quel diciamo? Vuoi che ti venga a prendere?> domandò il mio amico. <Magari più tardi. Ti scrivo okay?> chiesi di rimando. <Certo. A dopo Bea> disse, prima di interrompere la comunicazione. Mi sollevai con ancora il plaid intorno, nonostante facesse un po' caldo, e andai verso Mario. <Ciao> dissi, dandogli un bacio sulla spalla scoperta. Aveva indosso dei pantaloni della tuta grigi che gli arrivavano poco sopra il ginocchio, era senza maglia e trascinava le ciabatte che indossava ai piedi. <Buongiorno. Hai intenzione di rimanere così tutto il giorno? Non che mi dispiaccia eh> disse, alzando le mani per poi poggiarle sulle mie guance e baciandomi. <Ora mi cambio. Posso rubarti un paio di pantaloni come i tuoi e una maglia?> chiesi, mentre lui continuava a trafficare con la pasta e le pentole. <Certo. Cerca pure tu, io intanto sto qua> disse, lasciandomi un altro bacio. La stanza di Mario era un po' caotica, ma all'interno del suo armadio c'era l'ordine: aveva diviso capi estivi ed invernali, così fu facile trovare una vecchia maglia nera e un paio di pantaloni grigi sportivi scoloriti ma comodissimi. Tornai in cucina apparecchiando la tavola e chiacchierando di tanto in tanto con lui, impegnato a finire il sugo e a scolare la pasta. <La ricetta è di mia nonna, ma non sono bravo come lei, ci ho provato> disse ridendo. <Buon appetito, e non preoccuparti> risposi contenta. Mangiammo in silenzio, scambiando qualche battuta di tanto in tanto, poi dopo pranzo tornammo davanti alla finestra. Mario mi strinse a sé. <Potrei stare così tutte le sere> disse, dandomi un bacio tra i capelli. <Fin quando vorrai> mormorai, stringendomi a lui. <Allora abbiamo un patto> disse. Mugugnai in assenso, per poi crollare in un sonnellino profondo, e anche stavolta la vibrazione del mio cellulare mi tirò fuori dal mondo dei sogni. <Bea scusa se ti disturbo, ma volevo sapere se fosse tutto okay> chiese Giacomo dall'altro lato del telefono. <Certo, perché?> risposi perplessa. <È da ieri che non rispondi ai messaggi, ci stavamo preoccupando. Avviso il resto della famiglia. Chiamali appena hai un minuto> disse, a metà tra il consiglio e l'ammonizione. <Certo, scusate ancora> borbottai, mentre Mario, stretto a me, si agitava nel sonno. Ebbi modo anche di constatare che erano le cinque e mezza e che di lì a poco sarei dovuta tornare a casa perché per ogni domenica che finisce, c'è un lunedì carico di studio che inizia. <Mario> provai a svegliarlo, ottenendo dei suoni indefiniti e la stretta della sua presa su di me. <Mario> riprovai senza successo. Iniziai anche a scuoterlo e al quinto "Mario" quasi urlato nell'orecchio, l'interpellato in questione si svegliò. <Devo andare> dissi, accarezzandogli una guancia e spostandogli il ciuffo dagli occhi. <Vengo da te stasera, okay?> chiese, alzandosi con calma e stiracchiandosi. <Ti porto in motorino, andiamo> disse poi dopo dieci minuti, afferrando le chiavi da una ciotola all'ingresso. <Avviso Matteo che sto tornando con te> gli dissi, scrivendo al mio amico che mi rispose che mi avrebbe raggiunto a casa per maggiori dettagli. Mario parcheggiò sotto casa mia, salimmo nel mio appartamento e dopo venti minuti il citofono segnalò la presenza di Matteo. <Permesso?> chiese, trovando la porta di ingresso aperta. <Siamo qua> alzai la voce. In cucina infatti si stava svolgendo una parte del meeting sulle mie novità con Claudia che incuriosita aveva letteralmente mollato la stesura della sua tesi per sedersi al tavolo della cucina con una tisana rilassante davanti e ascoltava il racconto sulla serata di ieri. Matteo arrivò e subito: <Allora? State insieme?> chiese frettoloso e guardando Mario con aria quasi minacciosa. <Sì> rispose Mario, attirandomi a sé. La mia coinquilina diede vita ad un applauso a cui seguì quello di Matteo: <Era ora!> esclamò, scatenando le risate di noi altri. La serata passò tra chiacchiere e battute, a cena mangiammo delle schifezze ordinate all'ultimo per asporto e poi alle undici Matteo tornò a casa. <Anche se ho rinunciato agli studi, non ho finito di tormentarti. Domani ti interrogo> disse, facendomi l'occhiolino e scendendo le scale diretto alla macchina sequestrata ad Andrea. Alle undici e mezza eravamo pronti per andare a dormire. Mario mi strinse a sé in un primo momento silenzioso, poi riprese il flusso dei suoi pensieri: <Le chiavi vengono duplicate> esordì. Non capendo dove volesse andare a parare, sollevai il viso verso il suo. <Sì? E dopo?> dissi. <Se tu duplichi le tue chiavi, è per darle a qualcun altro> continuò. <Non fare il doppione, ne sarò geloso> disse, prendendo il telefono e aprendo le note per scriverci. <Di solito il doppione si fa perché magari si perdono> dissi. <Sì ma se tu hai delle chiavi, che dai prima a me, sono io che ho l'esclusiva, capisci? Io ho l'originale> continuò, accarezzandomi i capelli. <E se le perdi? Che fai? Rimani senza> controbattei io, sentendo il sonno farsi sempre più incombente. <Ti chiedo perdono> rispose, sbadigliando. <Scrivo questa e poi giuro che mi spengo> disse ridendo. Fece come detto. Il giorno dopo, la sveglia suonò precisa alle otto e le nostre strade si separarono alle nove. Non ci fu momento durante la giornata in cui non pensai a lui, a cosa stesse facendo, a come stesse uscendo la canzone. E ancora una volta, toccai il punto di non ritorno.

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