Se non potessimo ridere, diventeremmo tutti pazzi.
Robert FrostQuella stessa mattina nel cuore del centro cittadino, una donna straordinariamente affascinante, impegnata in una telefonata, camminava avanti e indietro nel suo ufficio gesticolando in maniera vistosa. La targhetta sulla porta diceva:
"Emily Parker CFO
Chief Financial Officer"«No! Mi dispiace essere diretta, ma no. Erik, ho assegnato un obiettivo preciso e coordinato le risorse necessarie per un risultato eccezionale... Sì. Maledizione, smettila di interrompermi!»
Con rabbia, sbatté un piede a terra e il suono del tacco che colpiva il pavimento fu seguito dalla chiusura della comunicazione.
Per un attimo, le venne in mente l'idea di gettare a terra il telefono con cui aveva appena conversato, tuttavia riuscì a trattenersi. In cuor suo, si pentì di non aver scelto di chiamare con il telefono che stava sulla sua scrivania. Almeno avrebbe potuto sbattere con forza la cornetta e dare sfogo così al suo nervosismo.Emily odiava dal profondo essere interrotta e il solo pensiero di Erik, che detestava altrettanto, con quel suo ghigno stupido in faccia, la fece innervosire ancora di più.
Guardò il suo costoso orologio da polso, notando che fossero le 11:05, e si chiese dove diavolo fosse finito il suo caffè delle 11:00.
Non appena si aprì la porta, il suo segretario con un'aria quasi terrorizzata spuntò fuori con una tazza fumante tra le mani.
«Alle 11:00, Mike, alle 11:00! Il tempo è denaro! Non siamo qui a pettinare le bambole, siamo degli squali.»
Emily si passò una mano tra i capelli, lisci e perfetti, del colore quasi identico al suo completo rosso mattone.«Ora mi gusterò il mio caffè, dopodiché... »
Il trillo del telefono la fece sobbalzare, tanto che alcune gocce di caffè schizzarono sulla sua giacca, allargandosi in piccole macchie.
Vide che era ancora una volta Erik, la sua nemesi, e stavolta il controllo andò a farsi benedire. Lanciò il telefono con forza contro il muro e lo osservò ricadere sul pavimento con lo schermo in frantumi.
«Vaffanculo!»
Pestò ripetutamente e con stizza il piede a terra, ottenendo come unico risultato, quello di creare uno tsunami di caffè, facendo diventare le piccole macchie, delle enormi macchie. Il povero Mike sparì chiudendosi la porta alle spalle prima di venir coinvolto nella sua ira.
Poggiò la tazza sulla scrivania, non prima di averci poggiato sopra un foglio sfilato d'impeto dalla stampante. Si tolse la giacca e la lanciò sulla sedia; prese il telefono fisso, compose il numero di Erik e non appena questi rispose, senza nemmeno dargli il tempo di aprire bocca, gli sibilò che le doveva un telefono nuovo e avrebbe ricevuto la fattura della tintoria per la giacca.
«Hai di nuovo perso il controllo eh? Ti do un consiglio spassionato. Sei stressata, isterica e nevrotica. Ti rammento che l'ultima volta che sono stato nel tuo ufficio mi hai lanciato nell'ordine la tua agenda, il tagliacarte e il plico della Spielmann. Valuta di andare in psicanalisi perché di questo passo sarà impossibile lavorare con te. Ora ti saluto, il tempo è denaro no? Di quella questione ne parliamo prossimamente."
Stavolta fu lui a chiudere la comunicazione per primo.
«Sei stressata, vai in terapia.»
Emily si esibì in una buffa imitazione di Erik.«Vaffanculo tu e la terapia!»
La cornetta fu messa giù con forza.Erik non poteva sapere che lei aveva già fatto un tentativo con la terapia. O meglio ci era andata sotto consiglio di un'amica, tuttavia lei era una da tutto e subito, una impulsiva. Perciò, non vedendo risultati immediati aveva subito abbandonato.
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Ridere per guarire - disavventure terapeutiche
HumorNel cuore della vivace città di Ridgemont, un gruppo di estranei con problemi diversi si ritrova a partecipare a una terapia di gruppo organizzata dalla dottoressa Carter, psicologa appassionata ed eccentrica. Ognuno di loro è alle prese con le prop...