Olivia

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Ridere non è solo contagioso, ma è anche la migliore medicina.
Patch Adams

"Studio medico veterinario
Dott.ssa Olivia Torres"

Olivia spolverò con cura la targhetta, prima di inserire le chiavi nella serratura della serranda elettrica, aprendo così le porte del suo studio. Diede un sorso al cappuccino acquistato per strada e fece il suo ingresso.

Subito fu avvolta da un mix di odori di freschezza e disinfettante. Sulle pareti, varie stampe raffiguranti razze di cani e gatti le diedero il benvenuto come ogni mattina. Con un gesto abituale, si tolse la giacca e la appese all'appendiabiti posizionato sulla destra.

La scrivania, sempre sul lato destro era momentaneamente vuota. Ellie, la sua assistente oggi era libera, ma lei se la sarebbe cavata perché aveva in agenda pochissimi appuntamenti e tutta roba di poco conto.

Mancava poco all'orario di apertura e mentre aspettava ripensò alla serata lavorativa del giorno prima. Non era riuscita a levarsela dalla mente. Era scoppiata in lacrime, frustrata e arrabbiata, con sé stessa e la sua incapacità, con il destino e con tutto ciò che le stava accadendo.

Aveva mandato al diavolo persino Peter il suo compagno. Perché le sembrava che lui non capisse mai. Rimaneva sempre il solito cinico neurochirurgo.
«Non puoi piangere ogni volta che non ne salvi uno. Se devi fare così, cambia mestiere» le aveva risposto.

Lei aveva sbottato anche se in cuor suo sapeva che, in fondo, aveva ragione. Tuttavia era più forte di lei, era sensibile e nell'ultimo periodo questo modo di essere stava davvero minando la sua autostima.

Ho per caso sbagliato mestiere? Forse sono un'incapace? Si era chiesta spesso se avrebbe dovuto optare per una carriera diversa, magari come segretaria, dove non avrebbe potuto "uccidere" che dei fascicoli.

In ogni caso Peter fu congedato con un gesto deciso; Olivia lo guardò mentre preparava una piccola borsa, segno che, quella sera, avrebbe dormito altrove.

Ogni volta che lei non riusciva a salvare uno dei suoi pazienti pelosi si sentiva un fallimento. Vedere le lacrime sui volti dei proprietari era una stilettata dritta al cuore.

Solo che, come diceva Peter, si focalizzava solo su quelli. Invece di guardare quanti ne curava e ne salvava, la sua attenzione era calamitata dagli insuccessi.

E stava davvero pensando di cambiare lavoro adesso che era ancora giovane. Il ciclo dei suoi pensieri fu interrotto dallo squillo del telefono.
Rispose, segnò un appunto sul primo foglietto che le capitò tra le mani, salutò la persona all'altro capo e mise giù la comunicazione.

Il suono del campanello alla porta seguito da una raffica di parole colorite provenienti dal suo studio la convinse che era giunto il momento di iniziare la giornata di lavoro.

Premette il pulsante dell'apriporta che si spalancò per lasciare entrare una signora con il suo cane; un imponente pastore tedesco che sembrava deciso a portare la sua padrona dall'altra parte della strada.

«Buongiorno, signora Jackson. Ciao, Kay,» disse mentre tendeva la mano per prendere il guinzaglio dalla donna, la quale ricambiò il saluto prima di sedersi a sfogliare una rivista.

Il cane, in sua presenza, diventava un'anguilla ingestibile, ma bastava che sparisse dal campo visivo e diventava subito collaborativo ed obbediente. Chiuse la porta e lo fece salire sul tavolo metallico.

«Stupido cane. Stupido. Stupido. Stupido.»

Il pappagallo nella gabbia, che doveva stare sotto osservazione per altri due giorni, cominciò a sgranare il solito rosario di parolacce insegnate dai suoi proprietari.

«Smettila, Rosco! Non farmi fare brutte figure.»

Rosco, invece, ricominciò a fischiettare come se niente fosse. Olivia visitò il cane che sembrava perplesso per quella strana bestia nella gabbia, gli fece il richiamo della vaccinazione e lo restituì alla sua proprietaria, non prima di avergli offerto uno snack di carne essiccata.

La donna pagò i servizi, prese il suo cane e uscì dall'ambulatorio dopo aver ringraziato Olivia.

A causa dei suoi crescenti stati d'animo, Olivia aveva deciso, su consiglio di Peter, di iniziare una terapia. Non solo stava influenzando la sua autostima e il suo lavoro, ma anche la sua relazione.
Era da un pezzo che non sorrideva nemmeno più, frustrata dall'idea di aver del tutto sbagliato percorso di studi. Eppure prima non era così.

Fu ancora una volta riportata alla realtà dal suono del campanello. Pensò che la signora Percy col suo gatto fosse in forte anticipo, aprì la porta e si trovò di fronte Peter ed i suoi occhi verdi.

«Vengo in pace.»
Le porse un sacchetto che, con ogni probabilità, conteneva la sua colazione preferita; un soffice croissant integrale al miele.

Gli sorrise, ricambiata, e si lasciò abbracciare.

«Perdonami per averti trattata male. È che sono davvero preoccupato per te.»

«Fanculo. Fanculo Peter. Peter. Stupido.»
L'espressione dell'uomo, incredula, ma anche un po' divertita, strideva con quella di Olivia imbarazzata e colpevole, ma decisa a negare qualsiasi evidenza.

«Smettila Rosco!» poi proseguì. «Io guarda, davvero non so perché i suoi padroni continuino ad insegnargli queste cose.»

«E i suoi padroni gli hanno insegnato anche il mio nome?»
La guardò come avrebbe osservato una bambina beccata a rubare biscotti a casa della nonna.

«Può essere. Peter è un nome comune.» Olivia fece spallucce e finse un'aria innocente.

In realtà era stata lei a dire quelle parole, e Rosco aveva subito assorbito tutto, un po' come fanno i bambini, che incamerano informazioni per poi tirarle fuori nei momenti meno opportuni facendoti fare delle figuracce memorabili.

«Ora vado.» Peter ridacchiò per niente offeso. «Stasera si va a cena fuori. E non ammetto un no come risposta, Olly. Sappi che non passerò un'altra serata sul divano a guardare un film strappalacrime mangiando cibo spazzatura. Non anche oggi.»

Lei stava già per protestare. Non voleva uscire. A soli trent'anni l'unica cosa che desiderava era stare a casa a compatirsi, guardando film tristi.

«Olivia, no. Non sopporterò un'altra sera in cui finisco a fare da spalla alle tue lacrime. Vai in terapia o non dureremo a lungo. E non è per metterti pressione, ma è la realtà. Ora vado.»

Le diede le spalle pronto ad uscire, poi ci pensò un secondo, tornò indietro e le diede un bacio a stampo.

«Ci vado mercoledì» gli strillò mentre lui infilava la porta. Dallo studio, Rosco gridò fortissimo come se avesse intuito la situazione.
«Fanculo Peter... Aaaaaa...Fanculo.»

Peter non era cattivo, tuttavia stava perdendo ogni speranza. Pensava che fossero troppo giovani per ridursi a vivere così, vivendo come degli anziani rattristati.
Olivia sperò che mercoledì arrivasse presto.

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Ed ecco l'ultima impaziente, Olivia.
Con la sensibilità estrema che ha, la sua vita con Peter sta diventando un problema.

Forse è meglio essere spietati e senza cuore come lui, si vive decisamente meglio.

Alla prossima.
Hailey 🖋️

Ridere per guarire - disavventure terapeutiche Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora