Capitolo 1

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Non era una giornata proprio di sole. Con nubi grigie che ricoprivano gran parte del cielo e un'aria gelida che continuava a soffiare e infastidire i passanti, era palese che di lì a qualche ora sarebbe venuto a piovere. Anche Ida, una minuta ragazza che, abbracciata al suo skateboard e immersa nella musica a pieno volume che pompavano i suoi auricolari, camminava silenziosa in mezzo alla folla di studenti. Non erano nemmeno le 8, e lei già si sentiva pesante come un macigno, vuota fino all'angolo più remoto della sua anima. Si sentiva dello stesso umore di come era il cielo in quel momento grigio, scuro, freddo. A premerle sul petto, oltre alle ultime 2 notti, in cui non aveva affatto dormito, era anche una scomoda e conflittuale situazione di famiglia. Continui litigi, sia con sua madre che con suo padre, la spingevano sempre più verso il limite, sempre più verso la disperazione e la tendenza a passare quanto più tempo possibile lontano da casa. E quello era solo l'inizio di un'altra giornata uguale a tutte le altre ma allo stesso tempo completamente diversa. L'idea di dover entrare in quel momento a scuola, di dover andare in quella classe e sedersi dietro a quel banco che erano stati teatro della crudeltà degli altri ragazzi che loro sfogavano senza chiederselo due volte su di lei con prese in giro, provocazioni e bullismo, l'idea di ficarsi da sola in un posto che le faceva venire la nausea solo a pensarci, di intrappolarsi con le proprie mani in quella gabbia che l'avrebbe tenuta prigioniera senza facoltà di decidere delle proprie sorti ancora per un'eternità di tempo (anche se di fatto erano "solo" poche ore) non le piaceva per niente, anzi, la mandava fuori di testa. E più pensava all'ultimo feroce litigio che aveva avuto la sera prima con sua madre, più ripensava allo schifo di vita che conduceva a scuola, e più era convinta che anche quella mattina l'avrebbe passata bazzicando tra lo skatepark, l'autostazione e quella fabbrica abbandonata che c'era alla periferia del paese, proprio come era solita fare in quei giorni in cui era talmente esausta della vita che non le rimaneva nemmeno un briciolo di speranza per il suo futuro.

Una volta che quel pensiero le passava, anche solo di sfuggita, per la testa, non aveva più nemmeno bisogno di ripensarci. Le sue gambe in automatico iniziavano a camminare, quasi correre, nella direzione opposta rispetto alla scuola, a.k.a. direzione dello skatepark, fermandosi opportunamente al conad a fare scorta di Monster per tutto il resto della mattinata. Certo, le avrebbe prese di santa ragione una volta tornata a casa, ma capirete che sono momenti in cui delle conseguenze poco importa. E sono anche momenti di priorità: chi è che preferirebbe andare a scuola anche a costo di prendere un attacco di panico soltanto per evitarsi una sgridata più tardi?

Nemmeno 5 minuti più tardi, Ida sbucava nella via al termine della quale si trovava lo skatepark. Alle sue orecchie immediatamente giunsero i caratteristici suoni delle ruote di uno skate che andavano su e giù da una rampa. "Chi sarà mai" si chiese lei, che tanto sapeva per certo che la risposta poteva essere una sola, Leon. E infatti, 30 secondi più tardi, l'ovvio venne confermato. Ad accoglierla c'era una fisionomia con scolpito un sorriso perenne che andava da orecchio a orecchio, incorniciato da una folta e disordinata chioma di un rossiccio acceso. Un fitto pattern di lentiggini che spiccavano in contrasto con la pelle pallida, quasi bianca, e un paio di occhi di due colori diversi, uno azzurro e uno verde, completavano il volto alquanto bizzarro del ragazzo.

Leon e Ida erano amici da sempre. Si erano conosciuti per la prima volta in prima media e poi erano finiti in classe insieme anche alle superiori. Ciascuno di loro era la persona più importante nella vita dell'altro, siccome avevano vissuto in tutti quegli anni decine, se non centinaia, di avventure insieme, avevano compito bravate di una creatività e gusto unici, e avevano condiviso momenti sia felici che difficili, sostenendosi a vicenda ogni qualvolta la vita paresse pretendere troppo e trovando modi assieme per aggirare il problema. La gente li vedeva e pensava fossero fidanzati, ma loro, anche se a dirla tutta avevano anche provato a baciarsi, non lo erano mai stati. Certo, se solo uno dei due avesse avuto il coraggio di fare la prima mossa, a quel punto avrebbero già da tempo il titolo di classe più longeva della scuola. Ma anche se si vedeva lontano un chilometro che mettersi insieme era una cosa che desideravano entrambi, nessuno aveva coraggio a sufficienza per dichiararsi di fronte all'altro.

Notte al McDove le storie prendono vita. Scoprilo ora