66 - Presente (III)

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C H R I S T I A N


«Cazzo rispondi» mormorai, mentre Logan faceva il giro dell'isolato. Prese una curva stretta e una signora con una vistosa borsa da jogging lo mandò a quel Paese per non averla fatta attraversare. Aveva sempre guidato come un pazzo, ma per una volta non mi lamentai.

Il telefono squillò ancora una volta prima che la segreteria telefonica s'inserisse in automatico. Scaraventai il cellulare sulla gamba, mentre l'insofferenza per essere dal lato del passeggero mi morsicava il collo. «Dove cazzo può essere andata?» ripetei tra me, guardando la via che percorreva il centro di Boston.

Claire doveva essere uscita solo qualche minuto prima di noi, ma ormai ne erano passati altri quindici e stavo iniziando a impazzire.

«Prova a richiamare tua sorella» suggerì Logan, rallentando verso un enorme parcheggio vicino alla baia. Le auto come la mia non erano molte e non sarebbe passata inosservata, ma il fatto che fosse anche un'auto d'epoca mi aveva sempre spinto a rifiutare qualsiasi aggeggio per la rilevazione della posizione.

«Alison è al corso d'arte. Claire non l'avrebbe mai chiamata».

Logan tacque, ma persino in quel silenzio sentii il nervosismo tra di noi risalire. Non gli piaceva che la conoscessi così bene, ma doveva farsene una ragione. Conoscevo Claire meglio di quanto conoscevo me stesso, era sempre stato così e non sarebbe cambiato indipendentemente dagli anni o dai silenzi tra di noi.

La conoscevo, mi ripetei tamburellando le dita sul cellulare. Se la conoscevo davvero così bene, avrei dovuto prevedere quel comportamento o almeno capire dove potesse essere.

«Pensa» mormorai tra me. Abbassai il viso e chiusi gli occhi per cercare di concentrarmi meglio. L'ondeggiare nervoso della macchina mi faceva venire la nausea ma non ci feci caso. Non avevo idea di cosa stesse succedendo, sapevo solo che riceveva un mucchio di telefonate e capire il perché di quel comportamento era impossibile.

Claire, però, non se ne sarebbe mai andata in quel modo, lasciando me e Logan senza spiegazioni, se non fosse stato importante.

Passai in rassegna qualsiasi cosa, la scuola, le sue amicizie di cui però conoscevo ben poco, ma sentivo che non fosse neppure quello il problema: Effie o chiunque altro avrebbe aspettato, soprattutto vista l'imboscata che ci aveva involontariamente fatto Logan.

No, per andarsene così poteva essere solo qualcuno a cui teneva molto, o... o qualcuno di cui temeva il giudizio. All'improvviso, una lampadina si accese nel mio cervello. Composi il numero di telefono di mio fratello senza neppure cercarlo nella rubrica.

«Pronto?».

«Sei a casa?» chiesi, spazientito.

Sentii Alex inspirare dall'altra parte della linea. «Buongiorno anche a te, vedo che sei vivo dopo essere sparito di nuovo dal galà per nostra madre».

Persi la pazienza. «Non ho tempo per queste stronzate, si tratta di Claire. Dimmi solo se sei a casa».

Avevo detto la formula magica, l'unica cosa che avrebbe fatto smettere mio fratello di comportarsi come un saccente damerino, perché l'aveva detto lui: Claire era di famiglia.

«Cosa ti serve?».

Inspirai, cercando di tenere a bada la tensione. «Controlla se Claire è tornata a casa sua, dovrebbe esserci la mia macchina nel suo vialetto».

Se le mie parole avessero fatto nascere delle domande in lui, Alex fu abbastanza sveglio da tenerle per sé. «No, la casa sembra vuota, c'è una macchina che non riconosco sulla strada, ma manca l'auto dei Cooper quindi non credo che ci siano».

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