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“Sei ancora in tempo, Aurelia. Davvero. Possiamo dire che stai male, inventarci un’emergenza qualunque per tornare a Nusbitan e lasciare questa polveriera.” La voce di Layla era carezzevole e dolce mentre, adagiata sull’ampio divano, osservava con sguardo compassionevole sua nipote con indosso il vaporoso ed elegante abito che aveva scelto per le nozze. Scivolava sul suo corpo sottile e flessuoso con innegabile grazia, e la stoffa leggera esaltava il suo colorito pallido e i capelli intrecciati di un biondo quasi dorato. Lui non lo avrebbe sopportato – le aveva detto chiaro e tondo che la preferiva quando li teneva sciolti, e lei allora aveva scelto quell’acconciatura sofisticata apposta, per contraddirlo apertamente e vedere la smorfia di dispetto che gli avrebbe tagliato il sorriso sicuro, per vederlo tentennare anche se sapeva che non avrebbe commesso un errore simile.

La ragazza fissò la zia oltre il riflesso dello specchio. “A che servirebbe? I Meri la considererebbero un’offesa e Edrjibof non mancherebbe di vendicarsi.” Afferrò la cintura impreziosita di ricami e applicazioni fatte con perle, giade e diamanti valutando con occhio critico il risultato finale. Sulla stoffa chiara spiccavano i ricami d’oro e verdi che richiamavano le insegne del principe cadetto di Meribitan, e quel dettaglio sontuoso che esaltava così tanto la sua vita stretta completava l’immagine di sposa di un membro di una Casa Reale. “Scappare non servirà zia,” concluse con un sospiro.
Layla si sporse sul divano cercandole gli occhi. “Sei innamorata di lui? Ti piace almeno un po’?”
La ragazza si morse le labbra. “Strano che tu me lo chieda oggi.”
“Sembra quasi che tu voglia sposarlo, e allora mi chiedevo se…” si giustificò l’altra gesticolando con le mani, come se il movimento nervoso delle sue dita inanellate potesse dare più forza a un dubbio lecito, una considerazione legittima. Il principe dei Meri glielo aveva chiesto e lei aveva risposto assolutamente no, poi si era abbassato a riproporglielo in tutt’altra circostanza, nel corso di un dialogo privato senza testimoni, e Aurelia improvvisamente aveva cambiato idea, guarda caso.

A vederli dal di fuori, erano una coppia priva di intimità e decisamente male assortita. Su Edrjibof non si poteva dire niente, onestamente. Le riservava le giuste premure, era cortese ai banchetti, lodava la sua bellezza, ma c’era sempre, nel suo atteggiamento, qualcosa di un filo manierato che solo un occhio attento poteva svelare e certo Aurelia aveva intuito a pelle. Il Guerriero d’Oro era soddisfatto. Il suo sguardo, quando si posava sulla giovane Nus, non era né dolce né innamorato. Aveva una luce diversa, di gelida attesa, come il suo sorriso feroce e laterale, obliquo nella piega che assumeva così come nelle intenzioni. Edrjibof diceva ad Aurelia che era bella con il suo tono di voce più ammaliante, ma poi la guardava in quel modo lupesco, le poggiava le dita di mago sulla schiena e lei sobbalzava, si ritraeva, fuggiva. Intuiva il suo vero fine.

La ragazza si voltò di scatto e con lei roteò l’ampia gonna decorata. “È Edrjibof, zia. Il mago guerriero più temuto dalle terre scoperte” Una frase che diceva tutto e di più capace di condensare, solo ripetendo il nome del suo futuro marito, l’essenza stessa di tutti i problemi, le incertezze e le complicazioni che quell’uomo beffardo si tirava dietro e in cui avrebbe finito per trascinare anche lei.

Layla si alzò per sistemarle una delle spalline e scostarle un ciuffo ribelle dalla fronte. “È un no?” insistette con una certa colpevole dolcezza che finì per sciogliere la dolce Aurelia.
La ragazza fuggì il suo sguardo. “Devo sposarlo. Non ho scelta. È un non lo so,” cedette. “Credo fortemente che i matrimoni tra persone di rango debbano avvenire per interessi politici, più che per amore.”

Layla prese tra le sue le mani piccole e delicata della nipote, fissando l’anello troppo appariscente che scintillava al dito magro: un immenso smeraldo sfaccettato circondato da una serie di piccolissimi diamanti, incastonato un reticolo d’oro plasmato dalle mani tozze e abilissime dei Vali. Un pegno sontuoso, bellissimo, degno di una regina e regalato da Edribof non come omaggio per la futura moglie, ma come dimostrazione di potere, perché così erano i Meri: un popolo di predoni e pirati che, ad un certo punto della loro storia, avevano accumulato abbastanza oro da potersi stanziare definitivamente nel più strategico dei loro porti e smettere di razziare i loro vicini.

Solo Questioni Di AccordiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora