«Dicono che proteggono le case.»
«E dai, sono superstizioni.»
«Lo so. Però non riesco a non pensarci. Non ci fa nulla di male. Sta lì, lo vedi? Non si muove.»Il camino scoppiettava ed emetteva calore. Camilla si avvolse le gambe in un abbraccio. Continuava a guardare in quella direzione.
«Ti racconto una storia» le disse Isa. Si sedette accanto a lei.
«Guarda che non riesci a distrarmi, finché non troviamo modo di...»
«Sssh» rispose, poi rise. Le posò un dito sulle labbra. Piano come mai aveva toccato nessuno.
Il fuoco sembrava più caldo.«Va bene, ascolto» le concesse.
«Quando ero piccola avevo paura dei ragni.»
«Ma come? Tu? Piccola esploratrice entomologa?»
«Davvero! Gli insetti mi sono sempre piaciuti. Ma i ragni... ce n'erano tantissimi nella casa di mia nonna. Quando andavo a dormire avevo paura che si muovessero nel buio e si infilassero nel letto.»Camilla emise un mugolio. Ma Isa continuò:
«Forse era perché mi faceva paura stare così lontana dai miei.
Comunque, ricordo una volta, durante l'estate dei miei otto anni. Dopo qualche giorno in campagna, comparve un ragno all'angolo della stanza, sopra il mio letto. Me ne accorsi e strillai. I miei nonni salirono di corsa.Mio nonno si arrabbiò, diceva che rischiavo di far prendere loro un infarto, che erano vecchi, che non potevo fare sempre come volevo. E disse che il ragno non l'avremmo spostato perché la casa ne era piena da sempre, e io ero grande e potevo affrontare le mie paure. Mia nonna provò a fargli cambiare idea, mi pare, li sentii discutere. Ora credo che fossero molto arrabbiati per ciò che stava accadendo a mia mamma.»
Isabel sentì la testa di Cami appoggiarsi alla sua spalla.
«Rimasi con la luce accesa tutta la notte. Avevo il terrore di quel ragno. Ma avevo anche paura a uscire dalla camera: la casa dei miei nonni era molto silenziosa e sinistra, con il buio. E a quell'età non riuscivo a immaginare un altro luogo dove stare la notte se non il mio letto.
Quindi rimasi in camera e dormii poco o nulla. Feci il solito incubo dei ragni. Mi capitava spesso di sognarli.
Fatto sta che il giorno dopo mi svegliai arrabbiata. Non parlai con nessuno. Ma ero determinata a non farmi più trattare così, a non farmi più rovinare la vita.
Volevo fare solo una cosa: ucciderlo.In casa uccidere i ragni era considerato un sacrilegio. Ogni tanto, quando i miei scendevano per riprendermi, mio padre lo faceva per farmi stare tranquilla, e allora nonna lo malediceva, parlava stretto, in dialetto, e continuavano per ore. Nonna mi stringeva forte e mi diceva cose che non riuscivo del tutto a capire, a ricordare. Però quel giorno io volevo essere mio padre. Io quel giorno volevo avere il potere di cambiare le cose.
I soffitti della casa per me erano altissimi. Ma c'era una scala nello sgabuzzino accanto alle camere da letto. Mi assicurai che i nonni fossero entrambi giù e la presi.
Avevo ansia, il cuore mi pulsava nella gola, la scala era pesantissima, io mi sentivo rumorosa e colpevole e ricordo quei pochi metri come infiniti. Ma in qualche modo riuscii a portarla in camera e la aprii. Salii tutti i gradini con le orecchie tese al piano di sotto.
In mano tenevo una ciabatta e le gambe mi tremavano perché avevo paura dell'altezza. Guardai verso il ragno: era nero e grande. Lanciai la scarpa, il ragno cadde, urlai.
Quando mia nonna mi raggiunse ero ancora sulla scala e sussurrò qualcosa che non ricordo. Mi fece scendere e io indicai la scarpa a terra. La tirò su. Il ragno era morto.
La vidi piangere, ma non disse una parola. Non mi maledisse, non urlò, non parlò in dialetto come faceva sempre quando era arrabbiata. Mentre la osservavo, lei silenziosamente sistemò la scala, pulì a terra, portò via il ragno con un panno. Ero spaventata dal suo silenzio.
Mi misi a letto e ci rimasi fino a sera.
Quando arrivò l'ora di cena, mia nonna mi portò su da mangiare e io le chiesi scusa.
So che non ci credi, ma i ragni ci proteggono, anche quando sembra che tutto va male. Mi disse. Poi mi accarezzò. Ricordo che mi vergognai molto.
Lei mi confortò quella sera e anche i giorni dopo. Nonna mi riusciva sempre a far sentire amata anche quando mi insegnava che avevo sbagliato.
Mi passò la vergogna. Eravamo profondamente tristi per mia mamma, sai. Però poi trovare nuove ragnatele, scovare le tane di ragno e mostrarcele con timido entusiasmo divenne il nostro modo di dirci che tutto sarebbe andato bene.»
Isa sospirò. Rimasero qualche secondo in silenzio, con il fuoco che creava onde e i loro corpi vicini che facevano altrettanto.
«È un ricordo bellissimo, Isa. Però vaffanculo, sei stata sleale.»
Isa rise forte e Cami la seguì. Nello sguardo avevano qualcosa di più luminoso del dolore.
«Quindi ho vinto?»
«Hai vinto, per ora.»
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I ragni ci proteggono
General FictionRacconto nato dalla sfida di scrittura Ottobre a parole (informazioni su IG). La parola di oggi era "ragni".