𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐕𝐈𝐈

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The whole world sitting on a ticking bomb
The sun may never rise again
The question ain't if but when
The sea will mourn, the sky will fall
The sun may never rise again
The silent war has begun
We're staring down loaded gun
No refuge found no solid ground
Assuming race can't be won
Don't wait to say goodbye, you're running out of time
Whatever you believe, it's easy to see

(Ticking Bomb -  Aloe Blacc)



Black Veil


Era proprio vero il detto che diceva :“ la vendetta è un piatto che va servito freddo”. Kaz  si era dannato per anni pur di ottenerla, ed ora che c'era riuscito era più felice che mai. L'impero di Pekka si sarebbe sgretolato in mille pezzi, e mentre quel bastardo avrebbe passato il resto della sua vita all'Hellgate, Manisporche avrebbe raccolto tutti i cocci delle azioni di Rollins e li avrebbe resi suoi. Quanto alla Velkov, una volta compiuta la missione per conto del Biondino Reale, lei e la sua famiglia si sarebbero rifatti una vita. Questa volta colma di agi, lusso e teatro.  Da quando avevano fatto ritorno a Black Veil i Corvi non avevano smesso di festeggiare nemmeno per un minuto. Brekker aveva elargito sorrisi così calorosi da sembrare quasi innaturali e aveva anche lasciato che la sua vecchia amica d'infanzia lo abbracciasse, ovviamente stando ben attento a non toccare la sua pelle. Nina e Inej si tenevano a braccetto e esordivano con qualche canzone, stonando senza troppa fatica. Jesper riempiva boccali su boccali di birra e di tanto in tanto dava degli appiccosi baci sulla guancia a Ksenyia. Wylan e Dominik, che sembravano aver instaurato una sincera amicizia, continuavano a ballare una polka alquanto sgangherata. Quel brio sembrava non volersi mai esaurire. Ksenyia però, aveva bisogno di stare un po' da sola, di raccogliere i propri pensieri e dialogare con il suo cuore. La teatrante sgusciò in silenzio da quella piccola festicciola e si addentrò nella boscaglia di Black Veil. L'isola era ormai simile ad una palude, costellata di rampicanti, cespugli dotati di rami simili a filo spinato e muschio, che rendeva il selciato scivoloso. Al centro di quel territorio insidioso però, vi era un laghetto, limpido e fresco. Era così bello da sembrare incantato. E sulla sponda destra del lago, quasi come se fosse una sentinella, vi era un enorme e antichissimo salice. La gente di Ketterdam sosteneva che fosse addirittura più antico della Faglia. Ksenyia lo raggiunse, accarezzò il tronco ad occhi chiusi e poi si sedette a terra con le gambe incrociate. Affondò le mani nel terreno e iniziò a strappare le erbacce. Il petto dell'attrice si sollevò velocemente e con fatica, segno che stava per crollare in un ennesimo pianto disperato. Per un po' aveva creduto che la vendetta avrebbe colmato il vuoto lasciato dalla morte di Jordie, ma una volta ottenuta si era resa conto che non era per niente così. La vendetta le aveva solo fatto realizzare quanto la morte forse eterna, angosciante e dilaniatrice. Non si sentiva meglio ed era convinta che mai l'avrebbe fatto. Jordie le mancava tremendamente. I suoi sorrisi, la sua intelligenza, la sua intraprendenza, la sua voglia di vivere. Le mancava l'amore che lui era in grado di darle e quello che le aveva promesso. Le mancavano addirittura i suoi difetti, come il fatto che facesse rumore mentre masticava. Un dolore così grande non sarebbe mai scomparso. Mentre le lacrime continuavano a rigarle il volto, dei passi si diffusero nella boscaglia. «Hey Ksenyia... Perchè stai piangendo?» «Che fai soldatino? Mi segui?». Dominik ignorò il sarcasmo della donna e si sedette affianco a lei. Gli occhi della teatrante erano iniettati di sangue. Azzurro e rosso si avvolgevano danzando sinuosamente. «Ti prego, fa la seria... Cos'hai?» chiese nuovamente il soldato. Quest'ultimo si era accorto della sua assenza pochi minuti prima, e preoccupato per lei si era fiondato in una ricerca quasi impossibile per tutta l'isola. La donna gli era sembrata estremamente triste e frastornata e voleva rincuorla. Voleva fargli capire che nonostante le schermaglie, lui voleva proteggerla davvero. Voleva stargli accanto. «È che... Pensavo che dopo essermi vendicata di Pekka mi sarei sentita meglio... Ma non è così. È peggio di prima», Dominik tirò in su gli angoli della bocca, in un sorriso piccolo e contorto. Poi si portò una mano alla tasca della giacca ed estrasse un fazzoletto bianco. Si avvicinò a Ksenyia e con una mano le prese il volto avvicinandolo a sè e procedendo ad asciugarle le lacrime. Le guance della Grisha andarono in fiamme. Chiuse gli occhi, decisa a godersi quel tocco e soprattutto quella premura. «Vedi Nya, io e te abbiamo la stessa età e abbiamo vissuto due vite diverse, seppur simili su alcuni fronti. Stando nell'esercito ho perso molti amici. Li ho visti morire davanti a me, senza poter far nulla. La rabbia e il desiderio di vendetta ardevano in me nello stesso modo in cui facevano in te. Quando ho dato sfogo alla mia ira, quando ho vendicato i miei amici, mi sono sentito nello stesso identico tuo modo: peggio di quanto non stessi prima. Ma poi ho capito una cosa fondamentale : la vendetta più grande è il ricordo. Chi ha ucciso i miei amici, chi ha ucciso Jordie, voleva eliminarli, cancellarli dalla terra, renderli innocui. E noi ricordandoli abbiamo fatto si che questo non avvenisse. È questa la vendetta più grande. Ricordarli, continuare ad amarli, a combattere in loro nome». Quelle parole furono per Ksenyia come una rivelazione religiosa. Dominik aveva ragione. La memoria rende immortali, e se si è immortali nella mente di qualcuno non bisogna ricorrere a vendette. Pekka aveva derubato Jordie, sottovalutando però una cosa importante : Kaz Brekker e Ksenyia Velkov avrebbero ricordato e avrebbero fatto giustizia. Tutto ora aveva un senso. Silenziosamente la rossa allargò le braccia e strinse in un abbraccio sincero l'uomo che stava dinnanzi a lei. Dominik ricambiò la stretta e inspirò profondamente. La donna profumava di fiori e rugiada. «Grazie Dom...» «Non c'è di ché». L'attenzione del soldato però, venne attirata da un incisione sul tronco del salice: “J+K”. Ksenyia guardò nella sua stessa direzione e sorrise quando i suoi occhi si posarono su quelle iniziali. «Jordan + Ksenyia, giusto?» chiese Dom, «Sì, giusto» rispose Nya. Quest'ultima si alzò e percorse con l'indice della mano destra le due lettere. «Quando io e Jordie ci fidanzammo, lui mi portò qui a Black Veil e dopo aver inciso i nostri nomi, mi promise che un giorno, dopo aver fatto fortuna, avrebbe comprato e ripulito quest'isola. L'avrebbe trasformata in casa nostra, con una bella villa, le stalle e un grande teatro. Io avrei recitato soltanto per lui... Questo però è rimasto solo un sogno» «Vi amavate così tanto...» «Tantissimo». Dominik parve stupito da quella risposta. Gli sembrava impossibile che due tredicenni si fossero amati così intensamente. Forse, il destino sapeva già come sarebbe andata a finire e aveva fatto di tutto per tenerli uniti il più possibile prima che le loro strade si separassero per sempre. «Avrai la tua villa e il tuo teatro Nya. Ti aiuterò io, te lo prometto » disse d'improvviso la voce cavernosa di Kaz.  Manisporche avanzò nella boscaglia, poi chiese al soldato di lasciarli da soli. Dominik guardò la Grisha per un ultima volta, poi si avviò verso la cripta. Il suo stomaco parve smosso da migliaia di falene. «Ksenyia io ti devo le mie scuse. Per molto tempo ti ho odiata, e mi pento di ciò». Ksenyia Velkov e Kaz Brekker condividevano un passato torbido e pieno di nefandezze. Dopo la morte di Jordan avevano provato a farsi giustizia da soli, seguendo le regole della strada. Si erano uniti ai Dregs e Per Haskell li aveva eletti a capibanda. Ciò comportata spietatezza e nessun senso etico. Ksenyia aveva usato i suoi poteri per mandare in rovina centinaia di persone e solo quando rischiò quasi di uccidere un Centesimo di Leone decise di cambiar vita. Lasciò la banda e la vendetta, e si dedicò anima e corpo al teatro. Di colpo Kaz aveva perso anche una sorella. Era questo quello che non gli aveva mai perdonato. Ma ora l'aveva capita finalmente. Ksenyia, la ragazza più dolce e solare del Barile, aveva rischiato di diventare un assassina per colpa sua. Era stato un bene per lei allontanarsi da lui. La teatrante si avvicinò all'amico di infanzia e lo abbracciò forte. «Non preoccuparti fratellino, ora siamo di nuovo insieme, è questo che conta. Abbiamo vendicato Jordie e sì... Compreremo quest'isola e la renderemo casa nostra, come abbiamo sempre sognato. Va bene?» «Va bene» rispose il Bastardo del Barile con le lacrime agli occhi. Rimasero in silenzio per un po', cercando di scacciare la commozione, poi Kaz ruppe il ghiaccio. «Dominik ti ronza un po' troppo intorno» «Macché, sono sicura che a stento mi sopporta.Tu piuttosto ... Ronzi un po' troppo intorno ad Inej». I due si sorrisero complici, poi si avviarono verso la cripta. Avevano un disperato bisogno di risposarsi.


𝐈𝐥 𝐌𝐢𝐫𝐚𝐜𝐨𝐥𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐁𝐚𝐫𝐢𝐥𝐞 // 𝐒𝐡𝐚𝐝𝐨𝐰 𝐚𝐧𝐝 𝐁𝐨𝐧𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora