- Seconda parte del primo capitolo -
<< Cosa dici?! >> esclamò il neo-marito di Biancaneve. << è un maschio! >>
<< Signorina! Signorina, tu sai che ho ragione... dimmi, come si chiamerà? >> i suoi occhi gialli puntati sulla donna improvvisamente pensierosa. Tremotino aveva ragione, era ormai da un po' di tempo che la futura madre aveva questo presentimento. << Emma >> disse, voltandosi verso di lui. << Si chiamerà Emma >>
*
Una volta oltrepassata la grande insegna impiantata nel cemento che recava la scritta a lettere cubitali: "BENVENUTI A STORYBROOKE", il Maggiolino giallo di Emma Swan si ritrovò a percorrere una stradina ai cui lati non era presente altro se non fitti alberi, scarsamente illuminati dai fari della piccola automobile. Proseguendo, scoprì che la stradina conduceva all'ingresso di un piccolo villaggio, le cui case non erano mai sprovviste di giardino e gli edifici non sembravano essere troppo alti o lussuosi.
<< Ragazzino, mi serve il tuo indirizzo >> disse Emma, mentre continuava a guidare fra le case.
<< Abito al 44 di Via Nontelodico >> rispose Henry, quasi sorridendo. Leggermente seccata dall'atteggiamento del bambino, la donna decise improvvisamente di frenare l'auto e di scendere da essa sbattendo lo sportello. << Senti, è stata una lunga serata e sono quasi... >> si fermò, alzando lo sguardo verso il gigantesco orologio che si trovava sulla torre di fronte a loro << Le otto e un quarto? >> domandò, incrociando le braccia. << Non ho mai visto quell'orologio muoversi >> disse lui, che nel frattempo era sceso dall'auto e si era avvicinato a lei. << Il tempo qui si è fermato >>.
<< Come dici? >>
<< Il sortilegio della regina, ha mandato qui il popolo della foresta incantata >> spiegò lui, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla donna. << Cioè... una regina cattiva ha mandato qui tutti i personaggi delle favole? >>
<< Sì, e ora sono intrappolati >>
<< Fermi nel tempo a Storybrooke, nel Maine. E vuoi che io me la beva? >>
<< è vero! >> Esclamò Henry. Qualsiasi cosa fosse accaduta a quel bambino, sembrava proprio che ci credesse davvero.
<< E perché allora non se ne vanno? >>
<< Non possono, succedono cose brutte a chi ci prova >>. La voce di un uomo però catturò la loro attenzione, ed Emma potette così evitare di continuare quell'insolita conversazione.
<< Henry! Che ci fai qui? >> l'uomo aveva dei capelli rossi non del tutto stempiati, degli occhiali tondi ed una sciarpa poggiata sulle spalle. Si avvicinò a loro tenendo per la mano sinistra un ombrello nero chiuso, e per la destra un cane dalmata legato al guinzaglio. << Va tutto bene? >>
<< Sto bene, Archie >> rispose Henry, accarezzando il cane. << E... lei chi è? >> chiese, osservando Emma con attenzione. << Una che cerca di portarlo a casa >> gli disse semplicemente, mantenendo le braccia incrociate.
<< è mia madre, Archie >>
<< Oh, capisco... >> sussurrò l'uomo, questa volta guardando Emma con uno sguardo diverso, come se avesse già sentito parlare di lei. << Lei sa dove abita? >>
<< Certo! Abita a Mefney Street, la casa del sindaco è la più grande dell'isolato >> spiegò, indicando un punto imprecisato con l'ombrello. << Sei il figlio del sindaco! >> esclamò Emma, alzando le sopracciglia. << Uhm... può darsi >> borbottò Henry, abbassando il capo e fissandosi le scarpe. << Dove sei stato oggi? Hai saltato la nostra seduta >> fece Archie. << Ho dimenticato di dirtelo, oggi andavo in gita... scusami >>