Force me and choke me

452 25 44
                                    

Scese dal taxi guardandosi intorno nervosamente.

Era la prima volta che faceva qualcosa di tanto avventato in vita sua. Se qualcuno lo avesse visto la sua reputazione sarebbe stata completamente rovinata. Per questo motivo aveva deciso di non farsi portare dal suo autista ma di chiamare un taxi.

Ora che si trovava davanti all'ingresso del locale un sottile senso di panico gli strinse lo stomaco, non sapeva cosa aspettarsi e nonostante le precauzioni prese i rischi non mancavano.

Ma Park Jimin non era un codardo, non lo era mai stato. Del resto non era di certo diventato il più giovane Ceo di una delle più grandi società discografiche della Corea del Sud, la Park Entertainment Group, in grado di tenere testa perfino a quella che era a tutti gli effetti la più potente agenzia del Paese, ovvero la D-Agency, avendo paura di affrontare le sfide.

Strinse la mascella, indossò la maschera che aveva portato con sé apposta per l'occasione seguendo le istruzioni che aveva ricevuto per poter accedere al locale, poi bussò con decisione alla porta nera opaca con un'anonima targhetta in ottone che recava la scritta The Golden Dragon.

Ai due colpi rapidi che batté seguirono dei passi e pochi istanti dopo la porta si aprì con uno scatto secco. Una figura all'ingresso alta e minacciosa, di cui non riusciva a vedere il volto in penombra, gli si parò davanti. Jimin mostrò la tessera metallica nera con incisa sopra la sagoma di un drago dorato, tessera che aveva pagato profumatamente, e l'enorme guardia si fece da parte senza una parola.

Jimin prese un respiro profondo ed entrò. Aggirò l'uomo e si ritrovò in un lungo corridoio con la moquette bordeaux broccata oro e le pareti scure. Se non fosse stato teso come una corda di violino probabilmente avrebbe trovato comico il fatto che il posto rientrasse perfettamente nella descrizione più stereotipata possibile di un bordello.

In fondo era questo che era.

Uno casomai molto sofisticato e comunque non il classico bordello, dato che coloro che ci lavoravano non erano nemmeno pagati poiché non erano esattamente povere creature indigenti spinte lì con la forza, bensì altri ricconi come lui che volevano provare il brivido.

Dominare. O essere dominati.

Beh Jimin era lì per soddisfare uno dei suoi più oscuri desideri, che mai aveva avuto il coraggio di esprimere a qualcuno dei suoi precedenti fidanzati.

Raggiunse la fine del corridoio ritrovandosi in una stanza piuttosto ampia e scarsamente illuminata ma almeno arredata con decisamente un gusto migliore. Le tinte erano comunque cupe, dal nero al viola scuro e oro ma almeno non v'era traccia di altro broccato.

Una porta a destra dell'entrata principale e una a sinistra.

Una donna minuta non più giovanissima lo attendeva con le braccia giunte dietro la schiena e un cordiale sorriso sulle labbra che formava lievi rughe ai lati, unica parte visibile del volto. Come tutti coloro che frequentavano quel posto la maschera era un obbligo. Non ci si mostrava e non era permesso rimuovere la maschera agli altri ospiti né a coloro i quali lavoravano lì.

Non sapeva cosa sarebbe accaduto se si fosse infranta questa regola e non ci teneva a saperlo. Era lì solo per il sesso. Conoscere il suo partner per la serata non rientrava nei piani.

La donna, senza una parola, gli andò incontro e porse la mano. Jimin le diede la tessera, lei la osservò attentamente per qualche istante, la restituì con un sorriso, poi gli volse le spalle e aprì la porta sulla sinistra, si volse col sorriso ancora sulle labbra. Il giovane uomo lo prese come un invito e si avvicinò esitante, prima però che potesse varcarla la donna gli porse una chiave. Jimin la prese e lesse sulla grossa targa oro appesa come portachiavi il numero 779.

Force me and choke meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora