Capitolo 8
Quella stessa sera Febe mi riaccompagna a scuola. Scendo dalla macchina e la saluto, ma lei spegne il motore e scende.
-No no, ti accompagno fin dentro l'ufficio-.
-Febe non serve.-
-Si che serve Lea-. Sbatte la portiera e cammina verso l'interno della scuola.
Arriviamo nell'ufficio. Una signora dai capelli rossi ed i grandi occhiali con al collo una collana di perle ci attende seduta su una poltrona.
-Lea finalmente ci conosciamo-. Viene da me a stringermi la mano.
-Si..finalmente-. Alzo gli occhi al cielo. Mi siedo su una poltrona e lancio lo zaino un po' più distante da me.
-Grazie mille per averci ricevuti-. Febe stringe la mano della psicologa e poi mi raccomanda di comportarmi bene.
Chiude la porta.
-Allora Lea, vuoi parlarmi un po' di te? -.
-No-. Comincio a guardarmi attorno.
-Lea so che può sembrare difficile, ma parlarne è come una piccola pasticca di una lunga serie. Ma se non cominci da una non puoi arrivare alle altre-. Si sfila gli occhiali.
Pasticche di una lunga serie? Mh.
-Per caso qui prescrivete antidepressivi? - chiedo curiosa.
-Ehm si, perché questa domanda Lea? Pensi di averne bisogno? -.
-Sa, venire picchiati dalla propria madre e violentati dal proprio padre potrebbe essere un piccolo sintomo di una lunga depressione-. Accenno un sorriso falso.
-Va bene Lea, te ne prescriverò alcuni, ma prima parlami di te-.
Mi costringo a sparare qualche cavolata.
-Mi chiamo Lea Ghilbert, ho passato la mia infanzia a pensare come morire e non mi piace il genere umano-. Sorrido in modo forzato.
-Lea, a me puoi dire la verità su come ti senti-.
-Sa è quel che dice chiunque. Le faccio una domanda. Secondo lei se adesso io le chiedessi di dirmi cosa sente dentro, mi interessa davvero saperlo?-
-No...-. Abbassa lo sguardo.
-Ecco, lei non è diversa da me, neanche a lei interessa niente-.
-Lea io l'ho scelto come lavoro-.
-Lei ha scelto il lavoro al fine di avere dei soldi per mantenersi, e le persone sono così stupide da pagarla credendo che sparare quattro minchiate sulla loro vita gli desse un vero senso per continuare a viverla. La verità è che a nessuno interessa niente degli altri. Neanche a me interessa niente di lei, sono qui perché Febe lo vuole. Forse le persone non dovrebbero essere costrette a parlare di ciò che non vogliono, non trova?- comincio a sentire le lacrime pizzicarmi le guance.
-Io sono qui perché l'amore ha un prezzo troppo alto per me. E non sarà con lei che ne parlerò. Perché cazzo io la amo troppo, ed innamorarsi fa male, ma non ho mai provato niente di simile per nessuno e senza di...senza questa persona io non riesco a respirare. Quindi cazzo ora la prego di prescrivermi quei fottuti antidepressivi e di lasciarmi andare senza dire niente a Febe-.
Le lacrime ormai sono incontrollabili.
La psicologa mi guarda affondo nell'anima, sento il suo sguardo scavarmi dentro.
-Va bene Lea...puoi andare...ma torna qui prima che arrivi Febe-.
-Grazie mille-. Mi alzo di scatto e corro via. Verso casa di Adele.
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Un ricordo di noi
RomanceLea, 16 anni, si ritrova in una nuova famiglia a vivere una nuova vita. Il suo passato rimane chiuso nel cassetto, ma si ritroverà sempre la chiave in tasca per spingerla ad aprirlo ogni tanto. Correre è l'unica cosa a farla sentire viva e forse pro...