Sir Jacob Walthey- The Castle

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CAPITOLO UNO


è l'utopia di tutti i bambini, il mio era lo stesso, quel sogno, tanto intrinseco e recondito che non lo riveli a nessuno.

Eviti di menzionarlo per ovvie, ed irrazionali, motivazioni.

In primis di non potercela fare. Quante volte ho avuto dubbi su come avrei affrontato un contesto a me non adatto al punto da portarmi alla pazzia, cui sarei sottomesso.

L'ordine cesserebbe di esistere per far spazio al caos ed io, signor nessuno, avrei qualcosa da ridire ad esso.

La baraonda non mi degnerebbe neanche di uno sguardo se avesse gli occhi per tale azione, lo scompiglio non alzerebbe un dito se fosse in possesso delle mani... eppure io, sono qui e contemplo.

Mi domando una moltitudine di quesiti, ma non i soliti, la morte non è una congettura interessante.

È l'opposto di cosa mi spinge ad andare avanti, se cerchi caos trovi angoscia, non incontri il demonio.

Oh! Sono le sei del mattino, fra un po' è ora di alzarmi, questo lavoro mi annoia... è tutto così estremamente rigido, forzoso... mi chiedo quando avrò la giusta audacia da lasciarmi codesta vita che non mi appartiene alle spalle.

Fantastico un mondo diverso, ma non quello esterno... io sono sempre il signor nessuno. Come tale, non mi permetterei di scomodare i servigi che il turbato mondo esterno porta con sé.

Insomma, poniamoci nei suoi panni, ha necessitato secoli per costruirsi, ha partorito abominevoli personaggi, sceneggiature macabre e cotanta fantasia non può disintegrarsi in poche umili parole di un sempliciotto.

Quest'anno è francamente un disastro, la nostra cotanto amata regina non c'è più, la sua epoca è stata una delle più longeve, nel fiore dei suoi anni ci ha portato tanta diversità

Basti pensare quanti illustri ho udito dalle mie umili stanze, ricordo con piacere i racconti del signor Taylor riguardo i primitivi.

Lavoro al servizio della Regina da ormai troppo tempo, non so quando questo cuore cesserà di battere e inizio a chiedermi se valga la pena lasciar andare i miei anni così, ma non fraintendete, debbo la vita alla corona, mi ha omaggiato di buona salute e condizioni di vita eccellenti.

Per voi che troverete questo scritto...spero vi sia da insegnamento,

vi auguro di vivere la salute e la serenità, quale io vivo, ma al contempo di non perdervi in essa.

Avessi la possibilità di tornar indietro, andrei via prima, partirei per terre desolate e senza meta, contemplo la possibilità di farlo ora... ma c'è un meccanismo frenante in me che si oppone, eppure; non trovo più ordine in questo posto, non ho più pace, oserei dire che sono tormentato da un fantasma che nome non ha, non si presenta... forse è maleducato, o magari sono io troppo riservato da non lasciargli parola.

A dir la verità, la paura è uno di quei signori che evito di conoscere, ma credo sia proprio ella a tormentarmi.

Vi chiederete, paura di essere liberi? Non proprio, il mio è un timore ben più reale e concreto.

Non è noto, esso scritto non è nelle pagine ma, lasciare questo castello potrebbe regalarmi morte certa.

Specifico regalarmi, forse è più un presente che un male.

Sarà mio compito portarvi nelle dinamiche di questo castello, dei servigi e sfruttamenti. Nel frattempo, però, avrò bisogno di un piano, debbo andar via, farlo da un tramonto all'alba sarebbe stupido, mi rintraccerebbero in pochissimo e la mia vita assieme a quella libertà tanto agognata, mi verrebbe strappata via.

AL SERVIZIO DELLA REGINA

È ormai un secolo che la mia famiglia lavora al servizio reale.

Mio padre ha servito il principino Murray fino alla sua scomparsa, dicono sia morto di crepacuore, ancora mi annienta la sua fine, inizio a pensare che seguirò le sue orme... debbo assolutamente cambiare il mio destino.

Prima di lui, mio nonno Jacob Walthey Sr. Anch'egli al servizio reale, era un uomo molto stimato, non solo dalla regina... mio padre mi narrava di lui come un uomo tutto d'un pezzo, difendeva il suo onore. La famiglia e il lavoro erano gli unici concetti a lui noti.

"padre, narrami del nonno, che gesti ha compiuto per far sì di addentrarsi nelle braccia della regina..."

"Figliolo, il nonno non ha goduto della stessa fortuna tramandatami da egli, la sua vita è definibile ostica, ardua... il percorso che ha affrontato è stato estremamente tortuoso."

"Il nonno non è nato qui? Intendi forse che per servire la regina ha impiegato anni della sua vita?"

"è cresciuto, nonché nato, in una fattoria irlandese, i suoi genitori lo hanno abbandonato.

Un giorno, una coppia di giovani fratelli pascolavano li intorno, si imbatterono in questo cesto... notarono che l'oggetto di per sé inanimato piangeva, anzi, emetteva un lamento.

Si affrettarono a prendere l'infante, essi era un bellissimo fanciullino.

In tempo nullo, si arrecarono presso la loro fattoria, decisero immediatamente di tenere il piccolo"

Sono sempre rimasto affascinato dalla storia del nonno, dopo esser stato preso in custodia dai due fratelli, all'età di soli nove anni Sr Jacob era un ottimo allevatore, agricoltore e gestore della fattoria dei fratelli O' Brien.

Devo assolutamente ritrovare lo scritto di mio nonno, raccontava nei minimi dettagli la sua vita, non ne sono mai venuto a capo, mio padre mi narrava spesso che tutti gli scritti dei maggiordomi, servi e chiunque lavorasse al servizio della regina, una volta deceduti venivano presi e messi in custodia dai reali. In realtà, nel castello circolano voci, una fa più eco delle altre.

Nei corridoi si sente spesso il nome "Kingkeepers".

Mio padre ha sempre consigliato di non nominarli, gira voce che siano dei mastini a servizio del Re, mandati apposta per mettere a tacere false insinuazioni riguardo i reali, io ho sempre pensato fossero una scusa per tenere a bada tutti coloro che lavorano nel castello.

Esistono gerarchie molto precise, è da pochi mesi, superati i venti anni di servizio, noi ( servitori) passiamo dalle camere del convento adiacente alla struttura principale, al castello.

È dove ogni servo della regina vuole arrivare, io ora sono qui, ma, non è mai stato il mio sogno... continuo a non gradire questa esistenza.

"Jacob, eccoti finalmente!"

"Madame Leerie, salve, ha bisogno di qualcosa?"

"Jack... mi prometti che se parlo con te, nessuno saprà mai nulla di tutto questo? Mi conosci da tanto tempo, ti ho accudito quando eri appena un neonato, ti ho visto rincorrere una palla per la prima volta"

"Madame ma certo, la vedo inquieta, c'è qualcosa che la spaventa?"

"jack, ormai di queste mura non mi spaventa più nulla, la mia età avanza, i miei ricordi si affievoliscono e lentamente abbandonano la mia testa... prima che tutto svanisca ho bisogno di un fidato, a cui poter dir tutto!"

"Venga pure nella mia stanz-

"NO, Jack, ti dirò io dove e quando, mi basta sapere che posso raccontarti tutto senza correre il rischio di non vedere la prossima alba"

La madame mi ha molto spaventato, non so cosa abbia da dirmi, ma sembrava urgente.

La signora Leerie non è mai allarmista, ha una fare estremamente pacato e garbato, non andrebbe in giro conciata in quel modo, è doveroso ascoltarla... dovrei raccontarvi qualcosa di ella, è un pezzo importante del contorto e sinistro puzzle di eventi sparsi chiamato vita.

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