Mi sono sempre domandato se mi sarei accorto del momento in cui sarebbe arrivato l'amore. Per me aveva delle forme ben delineate, almeno esteticamente, ero certo del fatto che mi sarei trovato davanti dei lineamenti femminili, e una voce leggera, ero certo che lo avrei trovato in qualcuna come Chicca o Alice. L'unica cosa che non sapevo era se me ne sarei reso conto.
Ed effettivamente, mentre lo cercavo in Chicca o in Alice, l'amore era arrivato. Silenzioso, un po' subdolo, si era insediato lì dove non stavo guardando, in due occhi marroni, dei lineamenti duri e una voce calda.
Era arrivato in piccoli gesti, in immense dimostrazioni di fiducia ed io lo avevo esternato con gesti impulsivi e pensieri che ho faticato a capire per molto tempo.Col senno di poi, quindi, posso dichiarare che l'amore non ti accorgi quando arriva, o almeno io ho impiegato più di un anno per capire che portasse il nome di Simone Balestra. E questa presa di coscienza aveva portato ad altre cose che non sapevo, ovvero come gestire un sentimento che, per antonomasia, era del tutto fuori controllo.
Ho scoperto che è impossibile gestire il cuore quando gli sono vicino. Ho scoperto che mi serve più autocontrollo per non accarezzargli le guance rispetto a quello necessario per non menare Matteo. Ho scoperto che le mani mi sudano in maniera spropositata quando mi sembra più bello del solito. E ho scoperto che non ho la più pallida idea di come dirgli tutto ciò senza vomitare o sembrare un coglione.
Non ricordo nemmeno quante volte ho pensato di volertelo dire, senza poi farlo veramente, Simone. Anche ora che ce ne stiamo seduti sul letto con la schiena contro il muro e tu sembri essere concentrato sul libro che stringi tra le mani, mentre io tento di fare da più di dieci minuti una barchetta con la carta di una caramella. Mi pizzica la lingua per le parole che sono lì, pronte ad uscire, ma più vedo quel cipiglio concentrato, più penso che preferisco concedermi il lusso di guardarti senza rovinare tutto.
È dopo altri due minuti, però, che ti accorgi del mio sguardo forse troppo insistente. Che tu noti sempre tutto, ma quando ti accorgi dei miei occhi su di te le guance si fanno rosse dopo pochi istanti e questo non succede con nessun altro.
«Che c'è?» Chiedi, forse anche un po' indispettito per aver interrotto la tua lettura.
«Niente.» Rispondo, accartocciando ancora una volta la carta.
«Non è vero.» Ed è tremendamente testardo il modo in cui insisti e che mi fa sbuffare prima di alzare gli occhi al cielo. Mi mordo la punta della lingua spostando lo sguardo ovunque, purché non sia nei tuoi occhi.
«Me chiedevo-» Mi schiarisco la gola alla ricerca di un po' di coraggio o anche solo delle parole giuste, che in questo momento sembrano essersi volatilizzate dal mio cervello. «Secondo te come sarei come fidanzato?»Quasi riesco a vederla l'aria che smette di entrare ed uscire regolarmente dalla tua bocca, hai uno sguardo sorpreso e le mani lasciano un po' la presa sul libro che finisce per poggiarsi sulle tue gambe. La capisco anche quella confusione che prende vita nei tuoi occhi, che quella domanda per te non ha molto senso, soprattutto perché non dovrebbe riguardarti.
«Io che ne so.» Rispondi, infatti. «Che vuol dire come saresti? Non sei stato co Chicca?» Continui.
Si ma co te è diverso, vorrei rispondere. Invece mi limito ad alzare le spalle e poggiare la testa al muro, mentre la lingua continua a pizzicare.
«Vabbè ma non eravamo proprio fidanzati, io ero 'n cojone.» Sento il tuo sguardo scorrere lungo il mio viso, fino a posarsi sul libro che decidi di abbandonare sul comodino.
Il fatto che io sia cambiato da quel periodo ad oggi è evidente per tutti, anche per te che non hai più paura di starmi vicino. Non che prima ne avessi, ma lo facevi sempre con la consapevolezza di poter finire in qualche situazione pericolosa o di ricevere una mia reazione esagerata. Ora invece sei più tranquillo, io sono più tranquillo, perché anche solo pensare di avere quell'effetto su di te mi faceva sentire un totale fallimento.