2. Lo scontro

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(Anna)
Quel giorno ero uscita senza un motivo valido. Avevo solo bisogno di sentire il rumore del traffico e il vento che accarezzava le mie braccia.

Riuscivo a immaginare la gente camminare solo ascoltando i rumori che producevano, riuscivo a immaginare le foglie cadere dagli alberi lentamente e poi posarsi a terra.

Mi sembrava di riuscire a sentire l'odore del mare a kilometri da lì trasportato dal vento, riuscivo a immaginare la luce illuminarmi il volto di tonalità a me sconosciute e percepivo il calore riscaldarmi la pelle.

Avevo cominciato a camminare lungo la strada dalla mia casa al vecchio mercato, era una strada lunga e dritta, che mi permetteva di fare una passeggiata senza perdermi, il che era fondamentale perché ogni volta che mi perdevo nessuno voleva aiutarmi.

Le persone mi denigravano, mi allontanavano, anche lì ai confini della città, dove per il novanta per cento la popolazione era formata da i "senza anima".

Era un termine che ci accomunava  tutti in qualche modo, ma a me non era mai piaciuto tanto. Perché nonostante ci accomunasse, questo non impediva alle altre persone di evitarmi.

Come se io non fossi una di loro ma qualcosa di peggio.

Il fatto che tutti avessero qualcosa di così fondamentale in più a me, che riuscissero a vedere...era quello che più mi allontanava o meglio faceva che gli altri mi allontanassero.

Riuscivo a immaginare l'idea che avevo di scherno su quelli che immaginavo fossero i loro volti quando provavo ad approcciare una conversazione con qualcuno, riuscivo a percepire i loro sbuffi nell'aria.

Ormai da un po' di tempo non parlavo più con nessuno, l'unica mia compagnia era il mio gatto, l'unico che non sembrava farsi problemi a starmi vicino.
Era l'unico a non avere paura di me.
Forse perché si sentiva diverso proprio come me.

Quando arrivai al vecchio negozio di Archen, all'incirca a metà di quella strada dritta costeggiata da palazzi, chiuso perché aveva fallito qualche mese prima, me lo immaginai con la serranda tirata giù, la scritta bianca ormai invecchiata dal tempo.

Quando sentii un sospiro a qualche metro da me.

Chiunque fosse immaginai  stesse guardando il negozio secondo la traiettoria da cui mi arrivava il suo respiro, e fosse di spalle al punto in cui mi trovavo io.

Non lo sentii muoversi per evitarmi.
Restò lì fermo e ci provai, provai a far uscire il fiato dalla mia bocca, anche se ogni parte di me mi diceva che era una cattiva idea, che la avrei spaventato ma così non fu.

"Se cercate il signor Archen mi dispiace informarvi che si è trasferito qualche mese fa".
dissi restando a debita distanza per non
spaventarla.

Fui sorpresa nel ricevere in risposta una voce giovane, femminile e melodiosa in cui mi sembrò di sentire un pizzico di delusione.

Avevo detto la cosa giusta?
Era difficile inquadrare una situazione quando non potevi vederla ma con il tempo avevo imparato a cogliere piccoli dettagli e non sbagliavo quasi mai.
Immaginai di averci preso visto che restava ferma a guardare il negozio e visto che la sua risposta fu coerente a ciò che immaginavo stesse facendo.

Ma quando si girò e mi vide, non rimase altre che silenzio, un vuoto e profondo silenzio interrotto solo dallo scorrere dell'aria e poi un sussurro.

Ma non scappò, rimase ferma a due metri da me a fissarmi in silenzio per un tempo che mi sembrò non finire mai ma non scappò.
Il che era già una grande vittoria.

Non trovò nemmeno frasi gentili per allontanarsi da me. Semplicemente rimase lì a interrogarsi sulla ragazza cieca che aveva davanti.

Gli dissi il mio nome, non mi piaceva essere chiamata assente, come se non ci fossi. Avevo sempre odiato il titolo che distingueva quelli come, come se non fossimo altro che spettri che camminavano inanimati.

GLI ASSENTI  (Soulless chronicles)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora