Chicken fried steak

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Suo padre sosteneva che le persone buone si riconoscono da una sola cosa: la privazione. Se qualcuno ti cede il suo posto sul treno, mentre sei in piedi da un'ora passata, o se raccoglie e ti riconsegna un pezzo da 50 dollari che ti si è sfilato dal portafogli senza che te ne accorgessi, allora hai incontrato una persona buona. Non servono le parole, sono indispensabili i gesti e la forza di non trattenere nulla per sé.

Abigail non poteva ancora sapere se Rosemary Anderson appartenesse a quella categoria di uomini e donne in grado di mettere da parte, anche per un solo istante, i propri interessi e accorgersi di chi sta loro intorno; però, nel momento in cui Rose dovette confessarle che la bistecca di pollo fritta guarnita con la salsa a base di latte e pepe era terminata e senza esitazione si ributtò sui fornelli per assecondare il suo indomabile appetito, a Abby fu chiaro che, buona o no, Rosemary Anderson era la migliore cultrice della chicken fried steak di tutti gli Stati Uniti d'America. E, forse, sarebbe potuta diventare un'ottima compagnia per lei, a Springs Creek.

"Ti leccherai i baffi", professò Rose schioccandole un occhiolino, mentre si ridava da fare con l'olio: "Sono texana, io. Ai texani riesce tutto meglio, sai?".

Abigail rise: "No, non lo sapevo".

Chiamare albergo le quattro stanze che quella ragazza dai capelli neri, cortissimi, e il collo delicato di cigno metteva a disposizione degli avventori che capitavano in città sarebbe stato esagerato. L'accoglienza era ottima, ma familiare. Le lenzuola profumate, ma di cotone ruvido. E il piccolo frigobar presente in camera come da manuale sì, ma fuori servizio. Farete meglio a servirvi direttamente in cucina, recitava un biglietto lasciato all'interno.

In ogni caso, quel posticino nel centro di Springs Creek piaceva a Abby. Era una casa calda e accogliente, piena di morbidi tappeti e tende colorate alle finestre e il caffè sempre pronto. Rosemary disponeva anche di una ben nutrita libreria, senza dubbio era una lettrice accanita di Ken Follett.

"Allora, cosa ti porta qui, Abigail?".

Per la seconda volta, Abby si trovò a pensare se era il caso di raccontare chi fosse e cosa avesse in progetto di fare in Oklahoma che a New York non potesse realizzare. Per la prima volta, al contrario, si convinse di dover essere sincera. Così, le spiegò: "Sono una giornalista. Appena mi sarò sistemata, comincerò a lavorare per la Gazette". Fece una pausa, titubante: "Conosci il direttore Sandoval?".

"E chi non lo conosce?". Rosemary emise un sospiro di difficile interpretazione. "È il miglior cliente del Coyote Ugly, il pub che sta di fronte alla redazione. Quando alza un po' troppo il gomito, io lo ospito qui, all'albergo".

"Uao", Abby sentì lo stomaco chiudersi all'improvviso. Quello stronzo di Rowan Gorman aveva trovato il superiore adatto per ottenere vendetta. Nessuno, in nessuna parte del mondo, dava credito ad Adak Sandoval. Era spacciata.

Rosemary notò il suo cambio d'umore e proseguì: "Doveva essere un ottimo giornalista, il nostro Adak. L'hanno spedito qui perché aveva pestato i piedi a gente importante...". Poi, di colpo come se un'intuizione l'avesse folgorata, si corresse: "Non è che anche tu...".

Ad Abigail non restò che raccontarle tutta la verità. Annuì, per prima cosa, lasciando Rose di stucco.

"Se per persona importante intendi il candidato sindaco di New York, che i sondaggi davano in netto vantaggio, sì. Gli ho pestato i piedi. Anzi, gli ho fatto collassare l'intera campagna elettorale".

Un sorriso ammirato spuntò sul viso magro della Anderson: "Che mi venga un colpo, sarai un toccasana per Adak! Non aspetta altro che arrivi qualcuno che lo inciti a riprendere seriamente a scrivere!".

"In che senso?".

"Be', puoi leggere da te", le protese il suo tablet. "Come vedi, il sito del suo giornale è tremendamente noioso. Si anima quasi esclusivamente quando è periodo di Powwow a Concho". La salsa di latte e pepe, intanto, era pronta. Rosemary aprì la finestra per far uscire l'odore di fritto: "Sai cos'è un Powwow, vero?".

"Sì, o almeno credo". Doveva trattarsi di un evento folcloristico: "Se non ricordo male serve per onorare la cultura dei nativi americani".

"Esattamente".

Ad Abigail venne quindi spontaneo pensare a Piccolo Lupo.

"Ho conosciuto John questa mattina, è uno strano cheyenne".

Rose le porse un'altra bistecca di pollo fumante e tornò a sederle accanto, desiderosa di ricevere un'impressione sulla bontà del piatto.

"Oh, John", si ravvivò i capelli. "Lui è davvero un tipo strano. Ma è a posto".

"Lo chiamano il poetastro, a quanto ho capito".

"Sì...", Rosemary si alzò per andare a frugare nella pila della corrispondenza. "Eccolo...", sventolò un foglio che appiattì sul tavolo. "Questa è opera sua. Scrive in lingua madre e traduce i versi in inglese più sotto".

Abby si sporse per esaminare il componimento: "Sono versi d'amore", constatò stupita.

"Questa volta è andata così. Di solito, prende di mira le autorità, lo sceriffo in particolare".

"Quindi, si è fatto dei nemici...".

"In parte se le va a cercare, il ragazzo. In parte, a Springs Creek...", sembrò che Rosemary Anderson non fosse più cosi sicura di proseguire: "Posso darti un consiglio spassionato, signorina Cooper?".

"Ma certo".

"Stai alla larga da John, se non vuoi inimicarti mezza città e terrorizzare l'altra metà. Viviamo su equilibri fragilissimi, qui, e tu farai meglio a mantenere buoni rapporti con tutti, se vorrai ancora fare la giornalista".

Stare alla larga da Piccolo Lupo. Il nipote dello sciamano. L'unico che avrebbe potuto tradurre il sogno che la perseguitava da diversi mesi ormai.

Non poteva, Abigail doveva interpretarlo a ogni costo.

Allora, domandò: "Parliamo d'altro. Ci sono allevamenti di cavalli bruni nei dintorni? Al Wallace ranch non ne ho visti".

"Bruni? No, non mi pare. Ma se hai la passione per le cavalcate, sei nel posto giusto". 

"Sì, da bambina ero sempre in sella. Mio padre adorava i palomino, in particolare. Scott Wallace ne alleva molti". 

"Gli hai parlato?". 

Abby sorrise, prima di mentire per il bene dell'indiano: "Ho incontrato lì John".

"Per forza, è il loro protetto". A quel punto, Rosemary Anderson corrugò le sopracciglia: "Dopo John, il Wallace ranch; eh? Certo che sei una potentissima calamita per la cattive compagnie, tesoro", esclamò con aria buffa, e subito si riprese il foglio del poetastro, per buttarlo con il resto della carta superflua. Come se quella conversazione non fosse mai avvenuta. 

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