𝕾𝖑𝖞𝖙𝖍𝖊𝖗𝖎𝖓 𝕳𝖔𝖓𝖔𝖗 ~ 𝕮𝖔𝖓𝖋𝖊𝖘𝖘𝖎𝖔𝖓𝖎 𝖊 𝖈𝖆𝖓𝖓𝖊𝖑𝖑𝖆

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Il profumo della cannella aveva sempre dato fastidio a Regulus Black per un motivo che neanche lui conosceva. Era semplicemente così, da quando era un bambino non lo sopportava e  adesso che era al suo primo anno ad Hogwarts di certo non si aspettava di doverlo sentire costantemente. Era iniziato nel periodo natalizio, quando tutti gli elfi domestici delle cucine avevano ritenuto una buona idea contaminare tutto il cibo della colazione con quella spezia ma poi, anche quando cioccolate calde e biscotti di pan di zenzero erano spariti, Regulus aveva continuato a sentire quel profumo dolce e stomachevole ovunque andasse. Barty, il suo eccentrico e squilibrato compagno di stanza aveva provato a convincerlo che fosse una cosa psicologica, come il dolore ad un arto tagliato ma lui ne era sicuro, non era solo nella sua testa. L'odore di cannella c'era davvero.  Ci mise qualche mese comunque per accertarsi di avere ragione e scoprire a chi appartenesse.
Fu durante una lezione di incantesimi, una di quelle troppo noiose per prestarvi davvero attenzione. C'era una finestra aperta e una leggera brezza continuava ad entrare trasportando con se l'odore di primavera. Regulus stava scrivendo qualcosa su una pergamena quando venne riscosso dallo sbattere della porta seguito dall'ingresso di una ragazzina dai lunghi capelli biondi e gli occhi grigi come i suoi che portò nella stanza quell'odore di cannella che lo perseguitava da mesi. Solo allora iniziò a collegare i pezzi. Era quella ragazzina, della sua stessa casa per giunta, che frequentava le sue stesse lezioni e condivideva la sua stessa sala comune contaminando le sue giornate con il suo profumo di cannella. La guardò male, in un impulso molto infantile che non riuscì a reprimere ma lei non ricambiò il suo sguardo. Era troppo concentrata a fissare la cattedra per cercare di sondare dagli occhi del professore la gravità che la sua interruzione rappresentava. Era cauta, non preoccupata o impaurita ma semplicemente attenta. Quando il professore le fece cenno di sedersi condonando il suo ritardo lei scivolò in un banco in silenzio. Era quello proprio di fianco al suo, lo era sempre stato anche se lui non se ne era mai reso conto e si sentì quasi in colpa per questo. Dopo i primi dieci minuti passati a fissarla considerò che il motivo per cui l'aveva ignorata per tutti quei mesi comunque fosse più che valido. Era completamente pazza e questo era assolutamente chiaro agli occhi di Regulus . Prima di tutto perché portava i calzini spaiati, uno di un gargiante blu e l'altro rosa, e questo era ridicolo oltre ad essere molto disturbante all'occhio di qualunque persona normale, e soprattutto del suo. Poi, ovviamente, per le sue mani, Regulus aveva vissuto tutta la sua infanzia in una casa dove le punizioni corporali erano fin troppo frequenti e sapeva che i tagli non si infliggevano mai in posti visibili, lei invece aveva le mani ricoperte di bende e quindi probabilmente si era fatta male da sola in una qualche crisi di isteria.Come se questo non  bastasse, Regulus poteva anche parlare di come era vestita.
Infatti, a suo parere, solo una che non ci sta con la testa poteva girare per hogwarts con degli occhiali da sole rosa e blu sulla testa e con dei ridicoli orecchìni a forma di bocciolo di rosa a penzolargli allegramente dai lobi.
Vestiva l'uniforme di Serpeverde come se non sapesse cosa comportava, come se non gliene importasse, esibendo con orgoglio una spilla sulla salvaguardia degli yeti proprio all'altezza del cuore. Insomma, era matta, e lui non si sarebbe di certo sentito in colpa per una come lei , soprattutto se era la causa dell'odore persistente di cannella che aveva invaso le sue giornate negli ultimi mesi. Si decise ad ignorarla tornando a prestare attenzione alla lezione ma dopo solo pochi minuti sentì qualcosa planargli sul banco. Guardò sconcertato mentre un enorme scarabeo depositava una spilla identica a quella della ragazza sul suo banco seguita da un biglietto scritto in una calligrafia sbilenca.
" Ho visto che la osservavi, spero ti piaccia. Ti regalerei anche gli occhiali ma quelli mi servono sennò non riesco a vederli. Sono Pandora comunque"
Regulus fissò ancora più sconcertato la spilla e il biglietto per poi girarsi verso la ragazza che lo guardava con un mezzo sorriso. Regulus alternò lo sguardo dall'oggetto che stringeva tra le mani alla sua proprietaria e poi decise di fare la cosa più saggia. Gettare la spilla in un angolo del suo banco e ignorare Pandora per il resto della lezione sperando che lei facesse lo stesso. Al suono della campana Regulus seguì Pandora con la coda dell'occhio. Non lo aspettò e, in realtà, non lo degnò nemmeno di uno sguardo, cosa che lo fece stizzire. Afferrò spilla e biglietto intenzionato a sbarazzarsene per ripicca ma, una volta arrivato davanti al cestino, la sua mano si fermò. Gli sembrava sbagliato, sleale e alla fine con uno sbuffo infastidito se li cacciò in tasca. Lungo il corridoio Evan lo affiancò in silenzio. Regulus si concesse un piccolo sorriso a questa vittoria. L'altro a questo sbuffò oltraggiato rivolgendosi a lui in francese.
- Regulus Black sei un essere patetico -. Lui sbuffò divertito.
- E tu un ipocrita - rispose a tono.
-Oui oui, enchantè e stonzate varie, messieurs - questo era Barty che con la sua solita grazia si era aggiunto alla conversazione
- Vorrei che in stanza mi avessero messo qualcuno di più interessante di voi depressi mezzi francesi - sogghignò. La verità era che in quei mesi avevano legato. Tutti e tre l'avrebbero negato anche sotto tortura ma, infondo, avevano iniziato ad apprezzarsi e nel giro di qualche mese Regulus era passato dal considerarli estranei e conoscerli meglio di quanto conoscesse i suoi stessi familiari. Non è che fossero dei libri aperti, semmai il contrario, ma i loro segreti erano presto diventati talmente pesanti che avevano scoperto che parlarne era più semplice.
Era cominciato tutto con Barty e la sua mania nel compiere tutte  le cose illegali di quella scuola, compreso il girare di notte per andare Dio solo sa dove. Dopo una delle sue passeggiate notturne era tornato in camera con uno dei trofei di quiddich della scuola, l'aveva sbattuto sul pavimento ed era tornato a dormire come se nulla fosse. La mattina dopo, quando si erano svegliati, l'avevano trovato lì e invece di urlare a Barty di riportarlo indietro Evan l'aveva preso in mano e messo in bella mostra sull'armadio. Regulus aveva guardato la scena senza commentare ma quella sera quando tutti e tre erano rientrati in camera avevano visto il trofeo apparire ai loro occhi dove prima c'era il vuoto.
- Così non lo troveranno. È un incantesimo che volevo provare da un po' - e senza aggiungere altro aveva fatto un mezzo sorriso. Barty si era abbandonato ad una risata genuina, di quelle che solo lui riusciva a fare e Evan si era grattato la testa quasi imbarazzato, come se assistere a quella scena fosse qualcosa che non si sarebbe mai aspettato. Da quel giorno avevano iniziato a parlarsi davvero, qualcosa di più degli insulti e delle frecciatine che si erano riservati per mesi. Evan lentamente aveva smesso di comportarsi come un animale in gabbia dentro quella stanza, Barty aveva ridotto le sue passeggiate notturne e Regulus, beh lui aveva finalmente iniziato a respirare. E con quello erano cambiate un sacco di cose. C'era Barty, che a colazione aveva iniziato -casualmente -a sedersi vicino ad Evan (che, puntualmente, sbuffava a quel gesto ma non si spostava come aveva fatto con chiunque avesse provato ad approcciarsi a lui dall'inizio dell'anno). C'era Regulus, che dopo aver sentito Barty cercare disperatamente di capire difesa contro le arti oscure, aveva accidentalmente lasciato il suo saggio in bella vista sopra la sua scrivania... erano piccole cose che poi diventarono notti intere passate a parlarsi. Perché Barty cercava disperatamente di essere apprezzato da suo padre ma semplicemente non ci riusciva, perché il padre di Evan l'aveva abbandonato in un altro paese per dimenticarsi della sua esistenza e adesso cercava di addestrarlo ad essere l'erede perfetto e perché Regulus odiava la sua casa, la sua famiglia e aveva deluso suo fratello. Parlare faceva male, fingere di stare bene però era peggio. Tra loro era diventato un dare/avere, tiravano fuori i loro problemi come se fosse una competizione a chi stava peggio ma non c'era un vincitore, solo occhi arrossati nel buio, perché così era più facile e perché infondo avevano solo undici anni.

𝕾𝖑𝖞𝖙𝖍𝖊𝖗𝖎𝖓 𝕳𝖔𝖓𝖔𝖗 ~ 𝒜 𝑀𝒶𝓇𝒶𝓊𝒹𝑒𝓇𝓈 𝐸𝓇𝒶 𝒮𝓉𝑜𝓇𝓎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora