Alaistar... Ma nella vostra lingua è Alexander.

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Fu l'ultima volta che ti vidi, ma sapevo, in fondo al mio cuore, che quello era un lungo viaggio che ti avrebbe riportato da me .... Certe storie non puoi far finta che siano successe e basta, certe storie ti stravolgono così tanto che toccano parti di te che credevi di conoscere così bene da non preoccupartene affatto, con la convinzione di averle affrontate e ormai accettate, come è successo a noi, del resto.

La prima volta che ti ho visto eri in quella libreria, che agli occhi degli altri poteva sembrare una come tante, non per me però: fin da bambina è sempre stato il mio appiglio nei momenti di difficoltà, quando fuggivo dai litigi dei miei, intrappolati in un matrimonio fallito già da tanto tempo. Era un luogo abbastanza frequentato, in un periodo in cui la Francia attraversava una grave crisi economica e tutti volevano dire la loro : c'era chi criticava il governo, chi invece attaccava i poveri oppure i ricchi, e anche chi nei libri cercava una soluzione perché vedeva davanti a sé la possibilità di cambiare la propria vita. Tutti chini su volumi che contenevano fin troppi numeri per i miei gusti, ammassati nel reparto di economia.

So perché tra tanti ho notato proprio te, anche se non ho mai avuto il coraggio di dirtelo apertamente (tutta colpa di una vita non certo ricca di dimostrazioni d'affetto, come la tua del resto): eri seduto a terra, le gambe incrociate, il cappello poggiato a terra, il viso chino sulla copertina di un libro, il naso arricciato che esprimeva tutto il tuo disappunto. Penso che quella sia stata una delle mie più grandi figuracce, perché, mentre ti osservavo, qualcuno mi è venuto addosso e, non riuscendo a trovare un punto d'appoggio, sono caduta. Hai mosso di scatto la testa e, dopo esserti alzato, ti sei diretto verso di me . Ho imprecato ed è seguita una risata (non mia!), ma quando mi sono resa conto di chi avevo davanti era già troppo tardi: un ragazzo alto, robusto, con i capelli biondo cenere ordinatamente raccolti e gli occhi di un azzurro così limpido in cui potersi quasi specchiare, come l'acqua di un lago. Mi hai teso la mano per aiutarmi ma l'ho rifiutata, così mi sono alzata da sola. Sono sempre stata troppo orgogliosa, un difetto con cui ti sei sempre scontrato e con cui l'hai avuta vinta poche volte. La mia attenzione si è spostata sul cappello che tenevi in mano, soprattutto sulla marca, e non riuscendo a tenere a bada la curiosità ti ho fatto quella domanda di cui mi premeva conoscere la risposta: "Sei nato in Germania?" Sei rimasto a bocca aperta. Non ti aspettavi una domanda così, su due piedi, ma nonostante questo mi hai risposto subito :"No. Sono tedesco, ma sono nato a Vienna, in Austria". Credevo di svenire... Vienna, la città che avevo sempre sognato di visitare! Prima che la mia mente iniziasse a vagare, hai ripreso la parola :" Mi chiamo Alaistar, che nella vostra lingua è Alexander, Mademoiselle." "Io mi chiamo Celine, monsieur, è un piacere conoscerla". Subito mi hai risposto a tono: "Celine? Questo nome deriva dal mito delle sette figlie di Atlante, che secondo la leggenda vennero trasformate nelle sette stelle della costellazione delle Pleiadi, vero?" In quel momento ero io a rimanere di stucco. "Lei è molto più arguto di quel che sembra!" "Beh, conosce anche lei quel detto, le apparenze ingannano!" Poi, con il tuo modo di fare un po' strafottente, hai continuato:" Perdonatemi, Mademoiselle, se eravate così rapita dalla mia bellezza, potevate venire anche vicino a me, non mi sarei certamente offeso !" Stupita, ho deciso di stare al tuo gioco, un po' anche per superare l'imbarazzo :"In verità, Monsieur, so che può sembrarvi assurdo: non era la vostra bellezza a stregarmi, ma il libro che osservavate con tanto disappunto. Era proprio quello che stavo cercando!" Naturalmente stavo mentendo, ma quella era l'unica cosa che mi era venuta in mente per uscire da una situazione tanto imbarazzante . Se lo avevi capito, hai preferito non smascherarmi e con il tuo sorriso cordiale mi hai risposto: "Oh, Charles Perrault, davvero? Mi sembrate un po' grandicella per le fiabe, scusate per avervelo rubato. Eccolo a voi. Beh, si è fatto tardi, buona giornata Celine". Ho preso il libro tra le mani e, mentre ti rimettevi il cappello e ti dirigevi all'uscita, ti ho gridato:" Ehi, aspetta! Come fai a conoscere il francese?" Allora ti sei fermato, mi hai guardato e te ne sei andato, senza rispondermi, così ho rimesso il libro sullo scaffale dove prima eri appoggiato con la schiena e sono uscita.

Da allora sono tornata tutti i giorni in quella libreria e, quando ormai avevo perso le speranze perché tu non eri più tornato, Bernadette, la proprietaria, si è avvicinata porgendomi un libro:" Celine, un ragazzo mi ha chiesto di dartelo. Era davvero molto carino!" Poi  mi ha fatto l'occhiolino e sono arrossita, così ho preso il libro e, aprendolo, ho trovato un bigliettino:" Salve, Mademoiselle, come va? A parte gli scherzi, mi piacerebbe incontrarti domani alle 6:!0 del mattino, l'orario delle persone vestite di sole, davanti alla nostra libreria. Ti sembrerà assurdo, ma voglio mostrarti una cosa, Alexander. PS: conosco il francese perché mia madre è nata qui, quello tedesco è mio padre. Si sono trasferiti in Austria dove ho passato la mia infanzia." La nostra libreria... Ho sorriso, come mai prima di allora, e sono corda a casa.

Alle 6:10 sono giunta al luogo stabilito, puntuale come non ero mai stata, e con mia grande sorpresa vi ho trovato un bambino che dormiva, dentro una cesta. A occhio e croce doveva avere due anni, ma con mia grande sorpresa i lineamenti del viso e i capelli biondo cenere non mi erano del tutto nuovi. Mi sono abbassata per avvicinarmi quando.... "Bhu!" Allora ho grifato e mi sono voltata di scatto:" Mi hai spaventata!" Hai sorriso e mi hai risposto:" Scusa, volevo farti uno scherzetto. Ti presento mio figlio, Tobias": Accidenti, questa proprio non me l'aspettavo, non sapevo nemmeno cosa dire.... Ma tu, come sempre, come se leggessi i miei pensieri, hai iniziato a raccontarmi del tuo passato, di come a 16 anni sei diventato padre:" Quando avevo 10 anni ho conosciuto una bambina che si chiamava Hannah, era austriaca e mi abitava vicino. Siamo cresciuti insieme e passavamo il tempo a rubare e a fare scherzi stupidi, a volte esagerati... Crescendo siamo diventati qualcosa di più che semplici amici e all'età di 16 anni è rimasta incinta, ma dopo aver partorito non ha voluto tenere il bambino. " Troppe responsabilità," diceva "Sono troppo giovane e ho una vita davanti, con mille progetti da realizzare". Così, il giorno dopo essere uscita dall'ospedale, mi ha lasciato nostro figlio ed è andata a vivere dalla nonna in Italia. Da quel giorno non l'ho più vista né sentita. Da parte mia ho deciso di crescere quel bambino: non potevo abbandonare mio figlio, non sarei mai più riuscito a guardarmi allo specchio". Allora hai abbassato lo sguardo e ho notato che ti mordevi il labbro: eri davvero attraente, seppur imbarazzato, così, facendo appello a tutto il mio coraggio, ho preso il tuo viso tra le mani e ti ho baciato.

Quel bacio ha segnato l'inizio della nostra storia. Con il tuo lavoro da dottore e il mio apprendistato in libreria, siamo riusciti a comprare una casa. Insieme crescevamo Tobias e, sebbene io non fossi la madre naturale, lo trattavo come se fosse mio. Eri molto felice di questo rapporto tra me e tuo figlio, anche se a volte ne eri un po' geloso perché a volte ti sentivi escluso. Amavamo la nostra quotidianità e, nonostante le difficoltà, a noi bastava, fino al giorno in cui sei tornato a casa e, con il volto cinereo, mi hai sussurrato:" è scoppiata la guerra e presto dovrò partire, come medico di campo ": Ti ho abbracciato. Subito dopo ho preso la tua mano e, guardando la fede che ti avevo messo al dito soltanto un mese prima, sentivo le lacrime scendermi copiose. Avrei voluto dirti di non andare, ma sapevo che non potevi tirarti indietro e così siamo rimasti in silenzio, incastrati in una guerra che non volevamo e condannati a pagare le conseguenze di una decisione presa da chi in guerra non ci sarebbe mai andato. Il fatidico giorno è arrivato. Hai salutato Tobias, mi hai baciata e ci hai promesso che saresti tornato....

Il tempo è passato e nel frattempo Tobias è cresciuto: ha iniziato ad andare a scuola, ha imparato a leggere e a scrivere. Io avevo compiuto 22 anni ed ero diventata la proprietaria della biblioteca, ma soprattutto ti pensavo , ogni giorno. Eri partito quando avevi 21 anni e dopo due anni non eri ancora tornato, anche se io con tutta me stessa continuavo a sperarci, in quella promessa. Purtroppo, la vita non sempre va come si spera, e questo l'ho imparato a mie spese quando un soldato è venuto a portarmi la tua fede nuziale. Nonostante fossi devastata dal dolore, nella nostra casa ho riunito i nostri famigliari e gli amici per renderti omaggio. Nel profondo però sapevo che quello era soltanto un lungo viaggio che ti avrebbe riportato da me, perché la morte può separare due corpi, ma non due anime legate dal filo invisibile dell'eternità.            

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