Era una mattinata fresca a New York. Il sole risplendeva tra i palazzi della città risvegliando le persone che dormivano al loro interno. Un raggio di luce si fece strada tra le tende bianche dell'appartamento di Peter. Le pareti erano azzurre come il cielo, segnate da sticker e disegni che il ragazzo aveva fatto da piccolo. Di fronte al letto vi erano una scrivania e un armadio in legno bianco.
La stanza era un completo disastro: vi erano cartoni di pizza della settimana prima, fluido di ragnatela secco e una montagna di vestiti da lavare.
La camera di Peter rappresentava appieno il suo subbuglio interiore: tra responsabilità e libertà, vita privata e dovere di proteggere la città.
Erano passati otto anni da quando il ragazzo fu punto da quel ragno e da quel momento la sua vita divenne un tira e molla continuo tra crimini, boss e cattivi di ogni genere. Non era facile la vita per lui, specie dopo che zia May morì a causa della dispersione in città del Respiro del Diavolo e la sua separazione con MJ che andò a vivere a Chicago. Voleva rifarsi una nuova vita e dopotutto Peter dovette ammettere che non aveva completamente torto.
Il ragazzo si svegliò con calma, scordandosi completamente che fosse lunedì mattina e che in meno di trenta minuti sarebbe dovuto essere alla ESU. Gli occhi nocciola erano impastati dal sonno, i capelli castani scompigliati e a fronte sudata. Peter si era dimenticato di pagare la bolletta del gas quindi non c'era particolarmente caldo in casa.
Aveva avuto un incubo di nuovo e questa volta la protagonista era zia May morente. Ancora si ricordava il giorno in cui la donna lo abbandonò del tutto, lasciandolo solo con se stesso. Le mani divennero sempre più fredde, il viso pallido e le labbra violacee.
L'orario della sveglia fu ciò che lo riportò alla realtà.
"cazzo, sono in ritardo, di nuovo!" esclamò il ragazzo prima di farsi una doccia fredda. Il suo corpo rabbrividì al contatto con l'acqua gelida ma d'altronde, si era dimenticato di pagare le bollette della vecchia casa di zia May che, peraltro, era stata ipotecata per permettere al FEAST, il centro diurno di accoglienza di zia May, di poter restare a galla.
Si vestì con la solita camicia a quadretti e un paio di jeans leggermente sdruciti per poi indossare le sue fidate converse nere, vissute e consumate dal tempo. Si pettinò i capelli e si lavò i denti, dopo di che uscì da casa sua, nel Queens, per poi dirigersi verso la fermata della metropolitana più vicina.
La stazione era grigia, cupa e fredda e un odore insopportabile di sigaretta si fece spazio nelle narici di Peter, infastidendolo. La gente non guardava in faccia nessuno, era troppo intenta a pensare a se stessa, a cosa cucinare per cena e al suo lavoro. Pensò di essere solo uno tra tanti, così solo, così sconsolato e in balia di se stesso. A nessuno importava di Peter Parker, a meno che non indossasse quella famigerata maschera rossa e blu con gli occhi brillanti.
Dopo qualche minuto la metropolitana arrivò e una volta approdato alla meta, il ragazzo corse subito a lezione, addentrandosi fra le grandi aule della ESU, fino a trovare l'aula giusta. Lo potè intuire dalla chioma rossiccia di Harry il quale era al telefono, solo dopo Peter scoprì che gli aveva inviato un bel po' di messaggi per sapere dove fosse.
"amico, dov'eri finito, la lezione è iniziata da venti minuti. Ti ha fermato una vecchietta in metro per dirti quanto sei raggiante oggi?" esordì Harry scherzoso come al solito.
"divertente...la sveglia fa gli scherzi, sai, dovrei ricomprarla" rise Peter di gusto prima di appuntare qualcosa sul quaderno.
La lezione finì dopo circa un'ora ed i ragazzi erano esausti. Si diressero verso il caffè della ragazza di Harry, Maya. Era una ragazza bionda dagli occhi azzurri come cristalli, dall'animo buono e ed il viso dolce come quello di un angelo. Peter provava sempre una sorta di imbarazzo quando si rapportava con lei dato che anni prima lei gli fece delle avances non troppo innocenti e Peter, essendo ancora fidanzato con Mary-Jane, la rifiutò. Però, pensò che ormai fosse acqua passata e che dovesse andare avanti.
"buongiorno ragazzi, che vi posso servire?" chiese Maya con il suo fare pacato e disponibile.
"caffè amaro...sono ancora addormentato" disse Peter, sbadigliando.
Il locale era molto accogliente: le pareti erano di un delicato color cappuccino, le sedie, così come i tavoli in legno. Il bancone era vetrato e ricolmo di leccornie tra pasticcini e cornetti. Peter stava morendo di fame, al che ne prese uno con i soldi contati. Con il lavoro a tempo pieno da Spider-Man era difficile trovarsi un mestiere retribuito e che non mettesse una persona a rischio.
Una volta tornato a casa, il ragazzo con il corpo ancora dolorante dalla sera prima. Ogni tanto pensava che non ne potesse più di questa vita. Ogni tanto pensava che mollare tutto sarebbe stata la cosa migliore da fare.
Ma non poteva.
La città aveva bisogno di Spider-Man. Avrebbe portato avanti tutto solo per gli altri, solo per zia May, perchè del resto la più grande paura di Peter era deludere il prossimo.
I suoi pensieri vennero interrotti dalla radio sul comodino che lo collegava direttamente ai canali dei distretti di polizia.
"a tutte le unità, dirigetevi verso l'ufficio di Fisk"
non ora KinPin, sospirò il ragazzo prima di indossare la tuta rossa e blu che metteva in risalto ogni suo muscolo. Si lanciò fuori dalla finestra per poi iniziare ad oscillare tra i palazzi della grande mela. Il senso di libertà e adrenalina che provava era indescrivibile. Il vento che gli accarezzava la pelle, l'energia, lo slancio...era tutto perfetto. Si ricordava dei vecchi tempi in cui sparava ragnatele per New York con in braccio MJ. Rimembrava quei momenti e le labbra si incurvarono in un dolce e malinconico sorriso.
In un attimo, Spider-Man piombò nell' ufficio del grande KinPin, frantumando il vetro dinnanzi a sé.
"ti vedo in forma Fisk, come va la tua dieta di burger e patatine fritte?"
"Spider-Man..." ringhiò l'uomo prima di correre verso di lui e sferrargli un sinistro che, per fortuna, il ragazzo schivò grazie ai sensi da ragno "voi, prendetelo!" urlò Fisk ai suoi uomini.
"ah vedo che hai portato degli amici, dov'è la festa?"
"inutile ragno insolente" sbuffò l'uomo.
Spider-Man prese la rincorsa e si fiondò contro uno degli uomini e con una ragnatela lo attaccò al muro, con gli altri utilizzò le ragnatele con gas stordente.
Fisk ringhiò ancora prima di caricare verso il ragazzo che con una ragnatela prese un bidone e glielo scagliò addosso. Inutile dire che non gli fece un graffio. Fisk era troppo massiccio.
"vedo che sei arrabbiato oggi, KinPin, non ti farebbe bene una camomilla?"
"basta con queste pagliacciate da quattro soldi" gli urlò, guardandolo storto prima di tirargli addosso un'intera scrivania.
"vacci piano, Fisk" disse Spider-Man con la voce graffiata dallo sforzo e dalla fatica prima di avvicinarsi a lui e avviare un combattimento corpo a corpo. Il pavimento cedette e il ragazzo colse l'occasione per avvilupparlo tra le ragnatele e appenderlo al soffitto. Dopo di che si avvicinò a lui.
"allora, quando il bacio?" disse scherzoso mentre la polizia recuperava il criminale.
Peter tornò a casa sfinito e si buttò sul letto, togliendosi solo la maschera. Era stata una giornata estenuante, una delle mille che avrebbe passato ancora.
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UNDER MY SKIN - spider-man
Fanfic|Insomniac's peter parker x OC| Se qualcuno vi chiedesse chi è Peter Parker rispondereste il solito ragazzo timido e impacciato che passa il suo tempo a studiare fisica quantistica. Il suo alter ego, invece, è amato da tutta New York, acclamato e ri...