18 - Le pulci

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L'estate era quasi finita quando Luca realizzò che non aveva amici.

Si svegliò nel primo pomeriggio di una giornata assolata. Il sole filtrava attraverso gli asciugamani da spiaggia che aveva appeso a mo' di tende alla porta di vetro e alla finestra del suo balconcino. Già, faceva entrare tanta luce.

Era di nuovo il suo giorno libero e non sapeva cosa fare.

Sul cellulare c'era il messaggio di un ex compagno di scuola: "Siamo al mare. Alessandra è qui con una sua amica. Non ti immagini lo spettacolo. Quando vieni a trovarci?"

I vecchi amici in Italia gli scrivevano di quando in quando e lui rispondeva, ma lo faceva più per cortesia che per sentimento. Appartenevano a una vita passata, la vita che aveva lasciato.

No, non sarebbe sceso presto in Italia.

Ma qual è la mia vita presente? Si guardò intorno. Il sole illuminava il disordine disadorno della sua stanza. Erano più di quattro mesi che abitava lì ormai, e non aveva fatto nulla per rendere quel posto un po' più suo. Neanche un poster alle pareti, solo i segni del nastro adesivo lasciato da quelli degli inquilini precedenti.

Non l'avrebbe decorata, sarebbe stata una perdita di tempo, per un alloggio temporaneo. Prima o poi se ne sarebbe andato. Prima o poi.

L'unica persona che considerava un amico a Londra era Tiago.

Lavorava troppe ore e sempre nei fine settimana, e comunque non guadagnava abbastanza per andare in giro per i pub o per i locali notturni a farsene altri. Cosa avrebbe dovuto fare, fermare qualcuno per strada e chiedere "proviamo a essere amici?"

A Tiago voleva bene.

Il fatto è che Tiago non corrispondeva. Non dubitava che non provasse dell'affetto per lui. Scherzavano tutto il tempo in cucina, e spesso alla fine del turno andavano dietro al bancone del bar e si ubriacavano di superalcolici. Seduti sul pavimento di gomma, nascosti, anche se a quell'ora non c'era nessuno.

Una volta Lena era tornata, inaspettatamente, perché aveva dimenticato qualcosa, e li aveva scoperti. Si era messa a ridere:

«Domani lo dico a Jim! E poi ve la vedete voi con lui.»

«Non vedo l'ora!» le aveva urlato dietro Tiago, e si era messo a ridere anche lui.

Da quella volta avevano cominciato a chiudersi dentro a chiave, eppure continuavano a nascondersi dietro al bancone. Ormai era diventato il loro posto.

Di quando in quando fumavano sul retro. Tiago aveva sempre erba con sé.

Luca aveva già fatto qualche tiro in Italia, ma le canne di Tiago erano un'altra storia. In Italia i centri sociali ogni tanto distribuivano dei volantini davanti alla scuola. "LEGALIZZALA!", "L'ERBA NON È UNA DROGA" stava scritto a lettere cubitali. Luca era d'accordo, aveva comprato anche una maglietta con una grande foglia di marijuana disegnata sopra. Ma da quando fumava con Tiago non era più tanto convinto che non fosse una droga. Non che avesse importanza. Quello che importava è che Tiago non si accorgesse che lui non ci era abituato.

Tiago lo considerava un po' un rammollito, un ingenuo, e questo gli dava fastidio, e ancora di più gli dava fastidio essere d'accordo con lui.

Lui non era come Tiago, o come Jim. Anche Tiago ammirava Jim. Ogni sera veniva a prenderlo una ragazza diversa. Erano sempre bellissime, truccate e acconciate alla perfezione, indossavano tacchi altissimi e minigonne inguinali. Arrivavano con largo anticipo, almeno un'ora prima che Jim finisse il turno.

Jim diceva che ne avrebbe avuto ancora per un po' e le faceva accomodare su un tavolo a vista del bar. Loro lo aspettavano, senza distogliere lo sguardo da lui che lavorava, e lui anche se non aveva nulla da fare cominciava a lucidare i bicchieri o a fare qualcos'altro di inutile che lo tenesse impegnato, e non le degnava di uno sguardo.

L'Appartamento di Bond StreetDove le storie prendono vita. Scoprilo ora