One of the girls

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Hera

«and we lost all the things in the fireeee» grido a squarciagola
«I CAN'T LOSE YOU BABE» canta gridando Melissa.

«I CAN'T LOSE YOU BABE» canzono.
«ridendo e scherzando io non posso perderti veramente Hera...» dice strappandomi un sorriso triste.

Già, anche io non vorrei, ma devo.

«dimmi solo perché... Mi basta» replica con le lacrime agli occhi.

«non c'è un perché...» dico, abbassando lo sguardo per non incrociare il suo.

«cosa significa che non c'è un perché? Uno non parte da un giorno all'altro, dal nulla e senza una motivazione verso la Russia!» dice alzando il tono della voce, che pronunciando le ultime parole si incrina.

Mi siedo sul letto di camera mia, allungandomi verso Melissa che mi guarda amareggiata, mentre cerco di farmi spazio tra le robe piegate sul letto, pronte per essere riposte in valigia e per subire una buona dose di insulti.

«lo so, può sembrare senza senso o-»
«non può sembrare é senza senso! Come ti viene? Non stai bene qui con me o con i tuoi genitori? Non stai bene con te stessa e decidi di partire, é normale? Lo ritieni un comportamento giusto? A me non sembra. Mi fai schifo perché non sei in grado di affrontare da sola le tue cazzo di paure!» grida d'un fiato, facendomi sentire quanto arrabbiata fosse, al solo pensiero che ho deciso di partire per la Russia, senza che nessuno lo sappia.

Le sue parole non mi sfiorano neanche, ho dovuto combattere troppo a lungo contro queste scenate, ed ho capito che spesso gli altri sono gelosi della tua felicità.

«beh mi dispiace che sentirai la mia mancanza. In tal caso chiamami o fatti un mio cartonato dimensioni naturali, e mettitelo vicino al letto.» ironizzo, prendendo la mia valigia e posizionandola sul letto, per iniziare a farla.

Meno 6 ore e andrò in aeroporto dove potrò finalmente respirare in pace, perché ora anche quando respiro hanno da puntare il dito.

La vedo sbuffare pesantemente, e mia madre entra in camera proprio in quel momento, dove la valigia era già sul letto.

Cazzo. Cazzo. Cazzo.

Lei non ne sapeva niente, o meglio nessuno sapeva niente.

Solo la compagnia Rayanair sapeva che dovessi partire.

É sul ciglio della porta, con i capelli castani raccolti in una semi coda, trattenuta su dal suo solito pinzone rosa. La vestaglia rosa la avvolge nel suo solito egocentrismo, così come le pantofole con i diamantini appiccicati sopra, e le labbra tinte di rosso fuoco.

Gli occhi azzurri, coperti dalle lunghe ciglia nere dal mascara, quasi escono fuori dalle orbite quando vede la valigia.

«Cosa sarebbe?» dice assumendo il suo solito tono di voce severo ed imperterrito.

«un camion» dico.

Melissa ridacchia da sotto i baffi, e mia madre si inalbera ancora di più.

La vedo andare su tutte le furie mentre mi viene incontro, e lo sconcerto dipinto sul suo volto mi fa ridere dentro. Arriva al letto, posizionandosi difronte a me, e con le braccia al petto mi chiede: «cosa avresti intenzione di fare? Volevi scappare di casa? Esigo spiegazioni»

«parto in Russia, ho il volo tra meno di sei ore, ed é un viaggio solo andata.»

Riprendo a sistemare le robe all'interno della valigia, e lo sguardo di mia madre mi brucia.

«tu non vai da nessuna parte» replica severa, mentre mi sfila la valigia dalle mani e la butta dall'altra parte del letto.

«beh, se non sarà oggi che me ne andrò, sarà domani, mi dispiace solo per te che hai pagato. Ma dopotutto cosa può interessarti? Nulla. Non ti sei neanche posta il perché me ne stia andando» sentenzio guardandola ed affrontandola negli occhi.

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