Pubblico Difficile

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Non ho mai saputo ballare.
Non sono mai stata capace di seguire il ritmo della musica, di lasciarmi andare.
«Nemmeno io so ballare, ma a chi importa?» Diceva lui. Eppure, era il miglior ballerino che io avessi mai visto.
Ma forse ero un po’ di parte.
Ballammo quella canzone, in piena notte, senza che nessuno la suonasse.
La melodia era già nei nostri cuori, che battevano all’unisono.
Ballavamo come due ragazzini, impacciati, maldestri, che si pestavano i piedi e ridevano, ancora e ancora.
Ogni sera, nella mia stanza, era come se il tempo si fermasse.
Ogni mattina, con un caffè, un cappuccino e un Burlone a farci da madrina, passava in fretta, sotto ai nostri occhi.
Mancavano due giorni al ballo. Avremmo mai avuto il coraggio di suonarla, quella canzone?
Tipici pensieri di una ventenne durante la lezione di astronomia, nell’università più rinomata di Londra.
Forse avrei dovuto seguire la lezione, o, in generale, le lezioni, dato che mi trovavo pur sempre in una scuola, in cui avrei dovuto sostenere degli esami.
Troppo complicato se la scuola in questione è infestata da dèi, se c’è un ballo e una leggenda di cui tecnicamente non avrei dovuto sapere nulla.
«Liv, fai ancora parte di questo mondo?»
Una mano si muoveva davanti ai miei occhi, nel tentativo di attirare la mia attenzione.
«Eh? Sisi ci sono» Dissi, cercando di capire in che luogo mi trovassi.
Claire rise: «Ma stai sempre con la testa tra le nuvole?»
«Forse un po’ più in alto. Preferisco le stelle.»
«Allora ti consiglio di atterrare urgentemente con la tua navicella, perché sono finite le lezioni che, sicuramente, da lassù hai seguito alla perfezione»
Lasciammo la classe per ultime, come sempre.
Il corridoio era pieno di mele. Un classico di Idunn.
I suoi bersagli preferiti? Aren e Loki ovviamente, che ci stavano aspettando.
«Se non la smetti,  giuro che ti rapisco di nuovo! Ma questa volta non ti verrò a salvare!»
«Molto divertente. Da quale gigante mi porterai questa volta?» E lanciò un’altra mela a Loki, dritta in testa.
«Non sarebbe male assistere a questa vicenda dal vivo, però. Senza offesa-»
Una mela in testa anche per Aren. La dea rise, mentre i due si massaggiavano il capo, doloranti.
Mi avvicinai, ridendo, mentre Claire andò via con James.
«Vedo che la vostra giornata procede bene»
«Meravigliosamente, ragazzina. Una mela in testa al giorno, toglie le norne di torno» Idunn gliene lanciò un’altra.
«Va bene! Anche due. Come fanno ad essere così pesanti?»
«Segreto professionale, ingannatore. Più che mele, dovrei lanciarti dei sassi»
«Sei troppo vendicativa, andiamo! È successo tanto tempo fa e poi ti ho salvata.»
«Se non fosse stato per te, non avrei avuto bisogno di essere salvata!»
Aren si godeva la scena, io ero l’unica confusa.
«Di che parlate? Cos’è successo tanto tempo fa?»
E allora Loki, schiarendosi la voce come un attore prima di entrare in scena, cominciò a narrare:
«Un giorno molto lontano, mentre ero in viaggio con il Vecchio e Honir nella terra dei giganti, decidemmo di fermarci per la notte. Volevamo solo mangiare un po’ di carne, ma ci rendemmo presto conto che, nonostante il fuoco acceso, restava sempre cruda. Così alzai lo sguardo e vidi un’aquila poco distante da noi, che sbatteva le ali. Il pennuto parlò: “se volete che la vostra carne sia cotta, dovrete dividerla con me”.
Io non ero d’accordo eh, ma avevamo fame, così accettammo. Solo che la divisione non fu equa: mangiò quasi tutto, lasciandoci solo un pezzetto.
Allora, a me queste ingiustizie non piacciono. Perciò, più affamato e arrabbiato di prima, presi un ramo e tentai di colpire quello stronzo. Il risultato ottenuto fu un bel giretto panoramico del posto, durante il quale il sottoscritto rimase attaccato alla fronda  per evitare di lascarci le penne. Avete capito la battuta? Aquila, penne?»
Ci guardò, cercando approvazione.
«Dai continua, sta diventando interessante»
Idunn mi guardò male.
Il dio sorrise e proseguì: «Vabbè, il pennuto non voleva lasciarmi andare, infatti mi bloccò con la magia. Non potevo usare i miei poteri. Poi cominciò a volare più basso, facendo testare ai miei piedi e alle mie gambe la texture del terreno. I miei stivali? Totalmente distrutti. Decisi di arrendermi. Allora si fermò. Mi chiese di portargli Idunn e le sue mele, facendomi giurare sul mio nome.»
«E tu ovviamente hai giurato» intervenne la dea.
«Diciamo che non mi era stata data una scelta. Ero in cima a un albero, con i vestiti strappati, ammaccato e sanguinante. Quindi sì, cara mia, ho giurato.»
«Poi sei tornato ad Asgard, mi hai mentito dicendo di aver trovato un albero con le mele uguali alle mie, mi hai portato lì e il pennuto mi ha rapita!» Altra mela in testa.
«Ahia! La smetti? Non ho finito di raccontare la storia!»
«Mh sisi, racconta pure»
«Grazie. Okay, quindi il pennuto ha preso lei con tutto il suo cesto di mele e se li è portati a casa.»
«Scusa se ti interrompo, ma cosa hanno di speciale queste mele? Perché l’aquila le voleva?»
«Queste mele, ragazzina, un tempo erano d’oro, garantivano eterna giovinezza e curavano la maggior parte dei mali. Comunque, mentre il mio amico aviario si allontanava lanciai la runa Bjarkán, scoprendo la sua identità. Era Thiassi, uno della gente dei ghiacci. Tornai ad Asgard e, senza le mele di Idunn, ben presto tutti diventarono vecchi e malconci. Tranne me, perché me ne aveva offerto un pezzetto prima che venisse rapita.»
«Prego, eh» Sbottò la dea.
«Dai, un po’ mi sentivo in colpa. Con il passare del tempo gli altri dèi fecero due più due e capirono che ero stato io. Boccadoro mi aveva visto andare via con lei, l’ultima volta, perciò mi incastrò. Per evitare che mi facessero fuori sono dovuto andare a salvarla.
Presi  il mantello di Freyja, per trasformarmi in falco, poi dissi al Vecchio di preparare tanta legna da ardere. Trovai facilmente la fortezza di Thiassi e, dato che era andato a pesca con la figlia, salvare Idunn non si rivelò difficile. La trasformai in una nocciolina, nascosi il cesto sotto il mantello e partii, a tutta velocità, verso casa. Il gigante, trasformato in aquila, non ci mise molto a raggiungermi. Lo tenevo a distanza con qualche runa, ma non avrei resistito a lungo.
Poi vidi Asgard in lontananza e, facendo uno scatto finale verso le mura, urlai “Date fuoco! Date fuoco!”.
Tutta la legna che i vecchietti avevano preparato provocò un grande incendio e Thiassi lo beccò in pieno, bruciando come un polletto arrosto. Fine.»
Il dio fece un grande inchino, aspettandosi forse un applauso.
Inutile dire che non arrivò.
«Pubblico difficile.» disse, roteando gli occhi.
«Quindi ti sentivi un pochino in colpa per aver rapito l’unica dea che ti trattava con gentilezza, eh?» Idunn incrociò le braccia.
«Te l’ho già detto, avevo giurato sul mio nome, non potevo fare altrimenti! Quanto sei rancorosa.»
La dea lo guardò male, ma stranamente non lanciò altre mele.
«Bella storia, Burlone. Non vuoi raccontare anche il continuo?» disse Aren, sorridendo.
«Assolutamente no. Ho ancora un po’ di rispetto per me stesso.»
Idunn rise.
«Mi piacerebbe ascoltare quest’altro racconto, ma vi lascio. È arrivato il momento del mio riposino pomeridiano, ciao ciao!»
E se ne andò, con il suo cesto di mele.
«Dai Loki, voglio sapere il continuo!»
«Non se ne parla, è noioso. La figlia del polletto arrosto era feticista, tutto qui»
Aren, che sembrava conoscere anche quella storia, decise di cambiare argomento: «Andiamo al bar?»
Quello era sicuramente il posto che frequentavamo più spesso, all’interno della scuola.
Loki prese del vino. Dopo aver svuotato il primo calice, cominciò a guardarci, sorridendo.
«Cosa c’è, Burlone? Il vino ti ha già dato alla testa?»
«Non ancora. Piuttosto ditemi, vi state preparando per il ballo? Manca poco, ormai.»
Ed ecco il lato fangirl di Loki che usciva alla scoperta.
Aren mi fece l’occhiolino. Cercai di nascondere una risata, che però al dio non sfuggì.
«Siamo già perfettamente pronti, non abbiamo bisogno di prepararci.»
«Lo sapevo! Quindi ci andate insieme. Spero che tu sappia comportarti da gentiluomo, ragazzino!»
«Io sono un gentiluomo. Lys te lo può confermare.»
«Mh…forse dovremmo lavorarci meglio.» dissi, sorridendo.
Aren si mise una mano al cuore, affranto: «Come scusa? Ti tratto da principessa e sono diventato un abile ballerino, ormai!»
Non l’avesse mai detto. Il sorriso di Loki si allargò notevolmente.
«Quindi ballate anche insieme, interessante. Scusa bello, ma da quando sai ballare?»
Risi ancora, mentre cercavo di bere il mio cappuccino.
«Da due o tre giorni circa! Però lo ammetto, sta migliorando.»
Aren mi guardò male: «Da che pulpito! Proprio tu che dicevi “no io non so proprio ballare”»
Cercò di imitare la mia voce, rendendo la sua più acuta. Loki aveva un bel ghigno stampato in faccia.
«I primi litigi coniugali!» fece finta di asciugarsi una lacrima: «Crescono così in fretta!»
«Non eri tu quello che diceva che avrebbe preferito il ragnarok ad un matrimonio con Aren?»
«Ehi! Quando l’hai detta questa cosa?»
«Allora, tanto per cominciare questo vale per me…con te starebbe bene, magari se si fidanza si aggiusta un po’.
E comunque c’eri quando l’ho detto, ragazzino, probabilmente pensavi alle capre volanti!»
«Abbiamo finito con questo accanimento gratuito nei confronti della mia persona? Non c’è più rispetto!»
Finì il suo caffè e poggiò la tazza sul tavolo, in atteggiamento affranto e drammatico.
Mi finsi dispiaciuta: «Oh, mi scusi tanto! Come potrò mai farmi perdonare per non averla rispettata, lord Lavigne?»
Sorrise, poi capì che lo stavo prendendo in giro e mi guardò, imbronciato: «La sua posizione è precaria, lady Amery. Questa sera si farà perdonare.»
Gli ci volle qualche minuto per realizzare il doppio senso di ciò che aveva detto, che ovviamente il dio aveva colto all’istante. Si godeva la scena come se stesse guardando una soap opera.
Stava sicuramente per pronunciare una delle sue battute di cattivo gusto quando, all’improvviso, fu interrotto da Thor.
«Finalmente sei tornato al bar, Burlone! Beh, come va?
Ti vedo in forma!»
Gli diede qualche pacca molto forte sulla spalla, facendo cadere un po’ del vino che Loki stava bevendo sul suo braccio. Proprio sui segni che le rune gli avevano lasciato. Tentò di nascondere una smorfia di dolore, ma io e Aren la notammo.
«Se continui a percuotermi in questo modo, Thor, sicuramente non ne uscirò indenne.» Il dio del tuono rise.
«Sei sempre il solito melodrammatico. Gara di bevute, stasera?»
Loki sorrise: «Una bella bevuta non si rifiuta mai. Ti raggiungo più tardi, tu prendi da bere.»
«Agli ordini! Ciao ragazzi, a dopo!» E se ne andò, sorridendo. Noi guardammo il dio, preoccupati.
«Che succede? Siete strani.»
Aren decise di andare dritto al punto:
«Loki, cos’hai sulle braccia?»
«Mh?» Si guardò gli arti e sgranò gli occhi, ricordandosi delle rune. «Oh, niente di che, tranquilli. Di cosa stavamo parlando?»
«Dicci la verità, è stato Odino?» Ero impaziente, tentava ancora di far finta di nulla, anche davanti all’evidenza.
Il dio sospirò.
«Una piccola punizione, tutto qui.»
Aren iniziò ad innervosirsi.
«Una piccola punizione, eh?! Che immagino tu abbia voluto scontare per tutti e tre.»
«No, il Generale ha deciso che questa volta farà finta di niente, per voi. Boccadoro ha insistito affinché punisse almeno me. Non è niente di grave, okay?»
«Cosa c’entra Heimdall, adesso?» La situazione cominciava ad infastidire anche me.
«Quello c’entra sempre, quando si tratta di farmela pagare. Sono solo un paio di rune, perché vi irritate così tanto?»
«E tu perché non ci hai detto nulla, Burlone?»
«Non mi sembrava un’informazione rilevante. Infatti non lo è, avete di meglio a cui pensare. Il ballo è tra due giorni e voi due sapete a stento camminare.»
«Ehi, non è vero! Siamo migliorati!»
«Lys ha ragione. E poi, voglio proprio vedere come balli tu, per parlare così!»
«Io ballo divinamente.»
«Bel gioco di parole. Fammi indovinare, perché sei un dio?»
«No, ragazzina. Perché sono Loki.»
Dopo una buona mezz’oretta passata a cercare di convincere il Burlone a ballare, uscimmo dal bar sconfitti. Diceva di dover preservare la sua reputazione, o quel poco che ne rimaneva, e non poteva assolutamente mettersi a danzare così davanti a tutti. Alla fine andò a bere con Thor, mentre noi ci ritirammo nella mia stanza.
«Mi concede l’onore di questo ballo, lady Amery?»
«Con piacere, lord Lavigne.» Presi la sua mano e, come ogni sera, cominciammo a ballare.
All’inizio ci limitammo semplicemente a oscillare, poi forse lui decise che era arrivato il momento di “farmela pagare” per l’affronto di qualche ora prima. Mi afferrò, compiendo tre giravolte. Alla fine inciampò, e cademmo entrambi sul letto. Passammo i successivi dieci minuti a ridere, mentre cercavamo di non cascare a terra, lottando come due bambini.
Mi asciugai una lacrima: «Era così che volevi farmela pagare? Ehi! Basta!» Ricominciai a ridere.
Aren passò alla tecnica più subdola ed efficace: il solletico.
«Cadere non era previsto, Lys, ma lo show deve continuare!»
Decisi di contrattaccare ma, a quanto pare, il signorino sembrava immune.
«Non soffri il solletico? È impossibile!»
«Nulla è impossibile, mia cara»
Mi faceva male la pancia dalle risate, ma non potevo lasciarlo vincere. Lo afferrai, e dopo una rotolata mi ritrovai sopra di lui, tenendo bloccate le sue braccia.
«K.O., Occhio di Falco!»
Lui rise, ma non oppose resistenza.
«Non so se considerarla una vittoria o una sconfitta.»
«E come mai?»
«Perché da quaggiù sei ancora più bella.»

Ringrazio tutti i lettori!
Spero che la storia vi stia piacendo.
Se avete qualche consiglio, non esitate a scrivermi!
Maira

Evara - Il dono di un dioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora