Il cavallo bruno

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Lo trovò stravaccato su una staccionata, le gambe magre distese sulla tavola di legno alla sommità e le caviglie incrociate. Si era calato sul viso un cappello da cow boy consumato, che rendeva impossibile capire se stesse meditando o dormendo e dalla cui falda larga spuntavano i ciuffi di un paio di trecce nere. Quel particolare, per lo meno, lo rendeva riconoscibile anche a chi l'aveva visto una sola volta.

Abigail si avvicinò con una certa ritrosia. Non voleva svegliarlo di soprassalto, tanto più che si trovava in una posizione piuttosto precaria. Se John si fosse spaventato, sarebbe ruzzolato tra l'erba a corpo morto. Tuttavia, fu lui a risparmiarle la fatica di attendere che muovesse un muscolo: la salutò con la voce attutita dallo strato di feltro e pelliccia che gli copriva la bocca. E Abby sobbalzò, sorpresa.

"Come sapevi che ero io?", chiese guardandosi attorno. Non c'era nessuno nelle vicinanze a quell'ora.

"Non lo sapevo in effetti", il sorriso del giovane indiano si scoprì con il suo faccino sbarbato e fresco, nonostante le ammaccature rimediate il giorno prima. "Ho tirato a indovinare".

Detto ciò, John si lasciò scivolare giù dalla staccionata e la raggiunse, premurandosi di coprirsi il capo con il cappello che gli aveva evidentemente prestato Scott Wallace o qualche addetto del ranch.

Abigail non esitò quando l'ebbe a tiro: "Posso?", osò mentre già gli sollevava la falda: "È al contrario".

"Sì, be'...". Piccolo Lupo la lasciò fare, obbediente. "Non mi piacciono i cappelli, questi meno di tutti. Ma la luce diretta del sole è piuttosto fastidiosa".

"Non hai un paio di occhiali a lenti scure?".

"Non li sopporto", strizzò ancora le palpebre.

"Capisco... Sii sincero, hai problemi alla vista, per caso?".

"No", John indietreggiò di un passo. "Il dottore ha detto che l'occhio è a posto. Lo zigomo ha fatto il suo dovere".

Abigail restò ferma a osservarlo un istante. Aveva ciglia folte e iridi calde, il naso lungo ma aggraziato, labbra carnose. Nonostante i lividi, la bellezza di quei tratti non era stata scalfita in maniera irreparabile. John sarebbe tornato a dare la caccia alle sue coetanee quanto prima.

Quel pensiero indusse Abigail a sorridergli senza un apparente motivo. Reazione che John colse al volo: "Cosa ti prende... Ti diverto forse?".

"Un po'...", lo assecondò lei. "Anzi, no. Sei molto tenero".

"Ah", l'indiano abbandonò il capo all'indietro, come deluso. "È per questo, allora... Ti ispiro tenerezza, Abigail di New York. E che altro?".

"Che altro?".

"Non so. Paura non credo, se no non saresti qui. Forse pena?".

Lei scosse la testa: "Volevo solo vederti in piedi, è tanto insolito?".

"Piuttosto insolito, sì". Piccolo Lupo le fece segno di seguirlo. Stavano passeggiando lungo il fiumiciattolo che tagliava in due i terreni del ranch e lei riconobbe la macchia di ginepri che aveva visto poco prima di lasciare la tenuta, il giorno avanti. Ripensò all'agnello salvato per un soffio e all'uomo che teneramente se n'era preso cura.

Volle essere diretta: "Piccolo Lupo, ascolta...".

"Ohcum", la corresse lui. "Chiamami Ohcum, è più semplice".

"Allora, Ohcum... Sono tornata anche per un altro motivo, a essere sincera. I Wallace mi hanno raccontato che potresti avere le facoltà di uno sciamano, e spero tu possa aiutarmi".

John la stava guardando con diffidenza adesso.

"C'è un sogno, lo faccio ogni notte da diverso tempo. E mi perseguita. Tu sapresti interpretarlo, se te lo raccontassi?".

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