.7.

57 4 0
                                    

Hyunjin uscì dall'ufficio del signor Lee con le sopracciglia aggrottate ed il capo chino. Le sue orecchie rombavano per l'eco confuso dei pensieri che si affollavano nella sua testa. Si sentiva perso, come se lo avessero bendato e lanciato dentro un bosco.
-Allora? Com'è andata?- lo incalzò Minho. -Che ti ha detto mio padre?-
Il ragazzo moro scosse la testa.
-Attraverso belle parole, mi ha sostanzialmente mandato a cagare-
L'amico rimase a bocca aperta, aspettandosi tutto tranne che quella risposta.
-Ma come? Ha capito in che guaio sei? Vi ha sempre sostenuto, come può rifiutare adesso?-
Hyunjin lo fissò negli occhi senza davvero vederlo, troppo stordito. La mente del corvino si trascinava demoralizzata tra le considerazioni delle circostanze: non poteva lasciarsi andare alla disperazione, anche se era tutto ciò che gli rimaneva da fare. Il signor Lee aveva rifiutato la sua alleanza, la spartizione dei carichi, dei soldi, dell'Asilo. Tutto. Qualsiasi proposta non lo aveva scalfito minimamente, come se avesse qualcosa di più grosso che bolliva in pentola.
Si conoscevano da talmente tanti anni, senza mai uno screzio...
-Posso provare a fargli cambiare idea- si offrì Minho. Si guardarono, ma nessuno dei due brillava di sicurezza nello sguardo. Quando il signor Lee decideva qualcosa, le possibilità di cambiarla si riducevano a zero.
-Sono finito. Mi resta solo da arrendermi e fuggire. Mi faranno a pezzi- disse Hyunjin incredulo, inginocchiandosi a terra con le mani tra i capelli. La fronte si imperlò di sudore freddo ed il cuore battè fortissimo, mentre si faceva strada la sensazione di essere divenuto una preda, ormai messa all'angolo.
Minho subito corse in suo aiuto, chinandosi al suo fianco. Non lo aveva mai visto così...debole, piccolo, indifeso. Hyunjin era quello caparbio, quello indipendente e furbo, quello che faceva tutto di testa sua senza mai obbedire. Minho lo ammirava da sempre per queste sue caratteristiche: lui sì che era un figlio di cui andare fieri.
Hyunjin si girò verso di lui e lo abbracciò, per la prima volta dopo molto tempo, ed entrambi i ragazzi provarono la sensazione di essere al posto giusto: Hyunjin tra le braccia del suo hyung, Minho a stringere e sostenere il suo migliore amico.
-Ci sono e ci sarò per te, qualsiasi cosa tu decida di fare- sussurrò il più grande, mentre accarezzava i capelli a Hyunjin. La stretta divenne più salda ed il corvino sospirò, ringraziandolo.
D'un tratto, il cellulare del moro iniziò a squillare. Fu quasi spiacevole separarsi da quell'abbraccio, una piccola parentesi emotiva in quel casino.
-Mamma, ci sono novità dai Kim?- chiese Hyunjin.
La donna sospirò dall'altra parte della cornetta. -No, non sono interessati. E neanche i Jang. Tuo padre è andato a parlare anche con i Choi, ma le previsioni sono nefaste, ti avverto. Sembra che nessuno di loro voglia avere a che fare con noi-
-Ma com'è possibile?-
-Ti dico quello che penso? Faremmo bene a fare le valigie e cambiare attività. La vedo brutta, tesoro. I Park e gli Yoon stanno agendo come noi: anche loro avranno i 14K alle costole. Seoul è l'obiettivo, forse anche Incheon. Non c'è più spazio per tutti-
-Non possiamo stringere alleanza con loro e poi convincere gli altri?-
La madre rimase in silenzio per lunghi attimi, allarmando Hyunjin.
-Mamma-
-Il mio sesto senso dice che le periferie non sono interessate alle nostre richieste perché hanno ben altro a cui pensare-
Hyunjin lanciò un'occhiata a Minho, che se ne stava appoggiato alla parete con lo sguardo perso nel vuoto, la tipica espressione di chi si sta facendo prendere dalle emozioni. Era ovvio che ognuno inseguiva ciò che gli conveniva, perciò ci doveva essere una ragione logica e razionale che spiegasse la scelta del signor Lee. I sentimenti spesso incasinano solo la testa, senza portare alcun beneficio.
Gli fece cenno di scusarlo e si allontanò dal corridoio: era meglio che nessuno udisse quella conversazione.
-Cosa intendi mamma? Sono solo-
-Penso che tutte le famiglie al di fuori di Seoul si siano fatte abbindolare dai 14K-
-Stai dicendo che tutte loro stanno tramando contro di noi?-
-Pensaci tesoro. Fatti fuori i quattro cantoni della metropoli (Hwang, Park, Yoon e Jeong di Incheon), la città verrà presa dai 14K e Lee di Gimpo, Kim di Yangju, Jang di Seongnam, Kang di Icheon e Sin di Suwon potranno tenersi i loro giri. Sono quasi certa che se li siano comprati-
-Che mercenari di merda!-
Hyunjin scosse la testa, anche se la donna non poteva vederlo. -Ce li vedo a fare così, ha perfettamente senso, ma mi fido di Minho. Non mi farebbe mai una cosa del genere-
-Non può non saperlo-
Hyunjin si innervosì. Nessuno aveva mai creduto alla sua amicizia con Minho, erano sempre stati convinti che lo stesse fottendo in qualche modo.
-Non lo sa, ti dico. Lo conosco troppo bene, i suoi occhi sono sinceri-
-Non farti ingannare: avere fiducia è uno svantaggio in questi giochi di potere- lo avvertì la madre.
Hyunjin era cresciuto con quella filosofia, ma era pronto a mettere una mano sul fuoco: se davvero anche i Lee di Gimpo avrebbero lasciato che i 14K lo divorassero vivo senza pietà, Minho non era a conoscenza del piano del padre e stava seriamente cercando di aiutarlo.
Chiuse la chiamata con un gesto secco, senza neanche salutare, e ritornò dall'amico.
-Posso davvero rompere le palle a papà finché non accetta di aiutarti. Tanto già mi odia- affermò il ragazzo dai capelli viola, non appena l'amico tornò da lui.
Hyunjin gli mise le mani sulle spalle, facendogli un sorriso tirato. Una piccola fiammella si accese nel suo petto, d'affetto e gratitudine.
-Non ti preoccupare. Non ti darebbe retta lo stesso-
-Anche questo è vero- ridacchiò, mesto.

Forsaken OnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora