Capitolo Uno

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"People destined to meet will do so, apparently by chance, at precisely the right moment." Ralph Waldo Emerson

Le luci del Qube cominciavano a fargli male agli occhi. Val non ricordava quanti drink avesse bevuto, ma erano stati abbastanza da annebbiargli la mente. Non faceva altro che bere ultimamente, era l'unica cosa che gli era rimasta dopo aver rinunciato alle droghe che gli piaceva tanto prendere un tempo. Dopo quello che era successo a Joshua, non era riuscito a guardare nemmeno una canna allo stesso modo.

"Ehi, bello. Stiamo per chiudere. Devi smammare." Val alzò lo sguardo, intravedendo una figura scura dall'altra parte del bancone. Strizzò gli occhi un paio di volte per mettere a fuoco la persona che gli stava parlando, e si ritrovò di fronte una ragazzo moro dagli occhi blu, con indosso la divisa del locale.

"Oh, mi senti? Stai bene?" gli chiese il barista.

"Sì, sì. Sono solo un po' brillo."

"Ti devo chiamare un taxi, o cosa?"

"No. Ancora no."

"L'hai capito che stiamo chiudendo?" Era evidente che il ragazzo si stesse innervosendo. Perfetto, Val non poteva nemmeno ubriacarsi in santa pace.

"Cristo santo, lasciami stare. Altri dieci minuti. Portami qualcos'altro da bere, piuttosto."

"Col cavolo. L'ultima chiamata è stata un'ora fa. Mi sa che ti sei appisolato."

Ah, si? Non se n'era reso conto.

Cavolo, sto messo male.

"Non è la prima volta che ti vedo qui," disse il ragazzo. "E non è la prima volta che ti vedo mezzo svenuto."

Val non rispose, imbarazzato. Andare nei locali a sballarsi era la sua specialità, eppure andarci da solo e finire ubriaco quasi tutte le sere da due settimane a questa parte, non era esattamente nel suo stile.

Patetico, pensò, prendendosi la testa fra le mani.

"Sicuro di stare bene?"

Ridacchiando, Val rispose con un flebile: "No. Non sto bene."

Sentì il ragazzo sbuffare. Poi, dopo qualche secondo di silenzio, il rumore di due bicchieri poggiati sul bancone e di una bottiglia stappata. Val alzò di nuovo lo sguardo, vedendolo versare due dita di whisky in ciascun bicchiere. Gliene porse uno, e Val lo accettò volentieri.

"Ti do altri dieci minuti. Butta giù. Salute..."

"Valentino. Ma puoi chiamarmi Val."

"E Val sia. Piacere, io sono Lorenzo."

Si guardarono dritto negli occhi per un attimo, prima di tornare a fissare lo sguardo sui rispettivi bicchieri. Il whisky bruciava quel tanto da fargli dimenticare per un momento dove si trovasse e perché fosse lì. L'alcol lo aiutava a sentirsi un po' meno solo in quei giorni.

"Allora, che cosa ti porta qui?" chiese Lorenzo, chinandosi col busto sul bancone, così da stargli più vicino.

Val prese un altro sorso, prima di rispondere. "Sono tornato da poco dall'Inghilterra. Ci ho vissuto per un periodo," vide con la coda dell'occhio Lorenzo fare una smorfia. "Non sei un fan?"

"Non è il mio paese preferito, no."

Nonostante tutto, Val si trovò a ridacchiare. Si rese conto che era la prima volta da quasi un anno che non rideva di gusto. "A me Londra è piaciuta." ammise.

"Perché sei tornato allora?"

Esitò per un attimo, chiedendosi perché diamine stesse raccontando gli affari suoi ad uno sconosciuto. Forse era l'alcol, o forse era proprio il fatto che Lorenzo non sapesse nulla di lui e che probabilmente non lo avrebbe mai più rivisto, a dargli la sicurezza che tutto quello che stava dicendo sarebbe rimasto una delle tante conversazioni da bar. "Ero un modello."

TIGHTROPE - Vite SospeseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora