Aare avanzava verso l'unica macchia verde in quella landa desolata, stremato. La fronte imperlata di sudore, la falce che rischiava di cadergli dalle mani ad ogni passo, ogni minuto che passava camminando era una tortura. Il piccolo bosco in lontananza rappresentava l'unica speranza per il ragazzo. Quando finalmente lo raggiunse, Aare si accasciò sotto l'ombra di un vecchio albero, esausto.
"Finalmente un po' di fresco!" esclamò sollevato, inspirando a pieni polmoni l'aria umida del bosco.
"Ogni giorno spero di tornare a casa senza per forza doverti accompagnare qui, e ogni giorno tutti i miei sogni vanno in frantumi. Vuoi distruggere ogni speranza del tuo migliore amico, eh Aare?" lo rimbeccò scherzosamente Jonas, in piedi al suo fianco, dritto come un fuso e senza l'ombra di una goccia di sudore sul viso. Con il manico della sua forca dava dei colpetti alla schiena dell'amico, impaziente di fare ritorno a casa dopo una lunga giornata passata nei campi.
"Eddai, fammi riposare solo cinque minuti, lo sai che il caldo non lo sopporto" protestò Aare, sdraiato sull'erba a occhi chiusi, godendosi a pieno la frescura.
Era vero che Aare non sopportava il caldo. Con la sua carnagione diafana e il suo fisico esile, le giornate passate sotto il sole cocente a coltivare gli sterminati campi del Distretto Nove erano un incubo. Il suo stesso cognome, Farland, Terra lontana, era a testimonianza del fatto che né lui né la sua famiglia centrassero molto con il Nove. Secondo le storie tramandate da generazioni i loro antenati erano rimasti bloccati nel Distretto all'epoca della sua istituzione, mentre erano in viaggio per raggiungere la propria casa, e da allora la famiglia Farland aveva vissuto confinata lì. L'aspetto di Aare e dei suoi familiari lasciava pochi dubbi sulla fondatezza di queste storie: diversamente dagli altri abitanti del Nove, che, come Jonas, erano biondi, ben piantati e dalla pelle abbronzata, resistente ai caldi raggi del sole, i Farland erano caratterizzati da capelli corvini, pelle lattea e un fisico meno robusto, il che, a causa del tipo di lavoro a cui era sottoposta la gente del Distretto, li portava in genere a non vivere a lungo. L'aspetto inusuale e la vita breve avevano persino fatto dubitare gli abitanti del Nove del fatto che i Farland appartenessero veramente a questo mondo: alcuni li vedevano come creature eteree e selvatiche, imprigionate per errore nella realtà sbagliata.
Di queste superstizioni non importava un bel niente né ad Aare né a Jonas: il primo voleva solo schiacciare un pisolino all'ombra degli alberi, il secondo desiderava tornare a casa dalla sua famiglia. Dopo un tacito duello in cui gli occhi verdi di Jonas e quelli grigi di Aare lampeggiarono gli uni negli altri, il secondo si alzò a malincuore e i due si incamminarono verso il piccolo villaggio che chiamavano casa, anche perché, nel caso non l'avesse fatto di propria volontà, Aare sarebbe stato sollevato di peso dall'amico, due anni più grande e infinitamente più forte, e sarebbe stato trascinato in paese senza tanti complimenti.
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Il piccolo bosco che, solitario, si ergeva poco lontano dal villaggio era il posto preferito di Aare. L'aveva scoperto a sette anni, e da allora ci andava ogni volta che ne aveva l'occasione. "Scoperto" in realtà non è il termine corretto: quel boschetto era ben conosciuto da tutti gli abitanti del villaggio, ospitava infatti il cimitero dove venivano seppelliti i morti del paese, tra cui, a cadenza regolare, i Farland. A sette anni Aare era semplicemente stato portato lì dalla madre per la prima volta, per conoscere i suoi antenati e suo zio e i suoi cugini.
Al piccolo Aare il posto, fresco e pervaso dalla luce soffusa filtrata dagli alberi, era sembrato incantevole, e il bambino aveva espresso con entusiasmo la sua impazienza riguardo all'andare a vivere lì con i suoi parenti. "Sei fortunato, noi spesso saltiamo la fila" gli aveva risposto la madre, ridacchiando. Aare, in ogni caso, non aveva la pazienza per aspettare di morire, quindi iniziò a frequentare il cimitero regolarmente già da vivo, finendo per alimentare le dicerie secondo le quali la sua famiglia fosse composta da elfi e creature della notte.
I primi anni il bambino si godeva semplicemente la calma del bosco, il verde dei suoi alberi e la pietra grigia delle sue tombe, poi, quando a scuola gli insegnarono a leggere, il cimitero divenne il posto perfetto per nascondersi a divorare avidamente i libri presi in prestito, o rubati, alla piccola biblioteca scolastica. Un luogo in particolare aveva trovato posto nel cuore del bambino, ossia la tomba di Amelia Lightflower. La prima Vincitrice del Distretto Nove proveniva infatti dal suo stesso villaggio ed era uscita vittoriosa dai dodicesimi Hunger Games, anche se purtroppo era morta giovane. Per onorarla, e grazie a qualche carico di grano in più in modo da far chiudere un occhio ai pacificatori del Distretto, il sindaco aveva fatto costruire una tomba sormontata dalla statua di un piccolo angelo, che, con le sue ali spiegate e la sua espressione serena, dava l'impressione di vegliare sul modesto cimitero.
Sotto le ali dell'angelo il piccolo Aare si rifugiava a leggere i suoi libri fino al tramonto, cercando di saziare la sua curiosità, sebbene fosse in parte consapevole che la maggior parte delle frasi che leggeva erano soltanto propaganda promossa da Capitol City. Se non altro la biblioteca era fornita con una discreta quantità di libri, e Aare, da quando, a quattordici anni, aveva finito la scuola e iniziato a lavorare nei campi del distretto, era molto impegnato. A diciassette anni, quindi, aveva ancora occasione di ritirarsi nel suo piccolo paradiso a sfogliare nuove pagine.
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Aare e Jonas si salutarono appena varcato l'ingresso del villaggio, in quanto le loro case erano in direzioni opposte l'una rispetto all'altra. Jonas tornò al chiasso causato dai suoi sette fratelli e sorelle, Aare alla calma solitaria di casa sua (la madre, nel frattempo, aveva "saltato la fila", mentre il padre era morto quando Aare era ancora in fasce. O magari era scappato? Fatto sta che la sua identità era sconosciuta al figlio in quanto la madre ne parlava molto poco e si era portata il nome nella tomba.)
Aare mangiò in silenzio un pò di pane e formaggio, cortesia di Marla, la vicina, che possedeva un'adorabile capretta di nome Narla, sistemò un po' la casa e si preparò per andare a dormire. Prima di stendersi però si guardò attorno, ispezionando da cima a fondo la sua casupola fatta di una stanza sola. Guardò con attenzione le pareti, ormai un pò stinte, la piccola cucina con la finestra che dava sui campi del Distretto, il tavolino di legno traballante, opera di suo nonno, la sedia sulla quale, quella mattina, aveva poggiato i vestiti buoni, piegati con cura.
"Buoni" era un parolone, in quanto quella camicia era stata comprata usata dallo zio e aveva fatto il giro di tutti i cugini prima di arrivare a lui, e i pantaloni, sebbene cuciti dalla madre con della stoffa in buono stato e ancora in condizioni discrete, iniziavano ad andargli un po' stretti.
Aare guardò con un misto di nostalgia e timore quei due stracci che nel Distretto erano considerati vestiti per le occasioni importanti. Li indossava una volta l'anno o poco più, e il giorno seguente sarebbe giunto di nuovo il loro momento. Aare pensò a Jonas: aveva diciannove anni, ormai la mietitura per lui non era più un pericolo. Per un secondo invidiò l'amico, ma se ne pentì subito pensando ai suoi fratelli, tutti più piccoli, che avrebbero rischiato di essere pescati ancora per molti anni. Ad Aare ne mancavano solo due, mentre Jonas avrebbe temuto ancora per molti anni.
Come ogni anno, nel Distretto Nove, il termine della mietitura del grano coincideva con l'inizio della mietitura dei ragazzi. Come ogni anno, due abitanti del Nove sarebbero andati incontro a morte quasi certa. Aare si addormentò facilmente quella sera: non temeva la morte, i Farland erano creature insolite, più legate all'oltretomba che al mondo dei vivi. Qualora il nome pescato avesse dovuto essere il suo, se non altro avrebbe rivisto la sua famiglia, e magari anche conosciuto la proprietaria della tomba sulla quale aveva passato così tanti pomeriggi, perso nelle parole dei suoi libri e nei propri pensieri.
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Ciao a tutti e grazie 1000 se avete letto il primo capitolo della mia storiella!! Spero con tutto il cuore che vi piaccia (nel caso fatemelo sapere ^^) e spero anche che l'iniziare questa ff non sia frutto di una decisione impulsiva (come è successo un po' di volte in precedenza....) e di riuscire ad aggiornare abbastanza frequentemente. + mi scuso se nel capitolo sono presenti errori di qualsiasi genere (di nuovo nel caso fatemi sapere !!!), l'ho scritto tutto d'un fiato e magari mi è scappato qualcosa anche mentre rileggevo lolol
Quindi nulla ci vediamo alla prossima e buon proseguimento ,,,
ciaoooo
Starlxv
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Below the angel's wings - The 39th Hunger Games
FanfictionIl Distretto Nove è un posto relativamente tranquillo, non fa parte dei Distretti più ricchi di Panem ma nemmeno di quelli più poveri, anche se ci si avvicina. La vita scorre serena negli immensi campi di grano, che passano dall'essere brulli e deso...