Capitolo Sette

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Val aveva passato gli ultimi dieci minuti a fissare il cellulare sul tavolo del salone. Era ancora in pigiama, e non aveva nessuna intenzione di andarsi a vestire. Per due giorni si era rintanato nella sicurezza della sua casa, ignorando il mondo esterno e cercando di non crollare sotto il peso della vergogna che si portava addosso dalla sera della festa.

Aveva ancora davanti agli occhi il volto sconvolto di Lorenzo dopo che lo aveva colpito, e sulle labbra il sapore di quel bacio rubato. Che cosa gli fosse passato per la testa proprio non lo sapeva. La rabbia era stata così tanta che aveva smesso di ragionare per qualche istante, affidandosi totalmente all'istinto. La bocca di Lorenzo l'aveva chiamato, e lui si era lasciato attrarre come una falena con la fiamma.

Ma si era anche comportato da stronzo, e lo sapeva. Ferirlo era l'ultima cosa che avrebbe voluto fare, eppure non solo gli aveva dato un pugno ma lo aveva anche trattato come un pezzente.

Si guardò le nocche della mano destra, ancora un po' arrossate per quel gesto scellerato. Se Lorenzo non gli avesse voluto più rivolgere la parola dopo quello che gli aveva fatto, non lo avrebbe biasimato.

Aveva pensato di mandargli un messaggio, ma cosa avrebbe potuto dirgli?
'Scusa se ti ho messo le mani addosso?'
Sì, bell'amico che era stato.

Sbuffò, afferrando il cellulare controvoglia. C'era solo una persona della quale si fidasse abbastanza per avere un consiglio spassionato. Così schiacciò il tasto della chiamata, sperando di poter fare un po' di chiarezza sul casino che aveva nella testa.

"Ehiii!" La voce di Joshua arrivò attutita dal ricevitore dopo solo un paio di squilli.

Val sorrise istintivamente. "Ehi, bello. Come va?"

"Alla grande. Io e Lukas stavamo per uscire. Oggi andiamo a visitare il museo del Louvre. Eccitante, eh?"

"Wow, siete ancora a Parigi?"

"Sì, te l'avevo detto che saremmo rimasti fino a inizio Ottobre."

"Ah, giusto. Scusa, me ne sono dimenticato. Ho avuto un po' da fare questi giorni."

La sua mancanza di entusiasmo dovette aver allarmato Joshua, perché cambiò immediatamente tono, chiedendo: "Va tutto bene?"

"Sì, sì. Volevo solo sentire la tua voce amico. Mi manchi."

"Mi manchi anche tu. Ma non è per questo che hai chiamato, vero?"

"Ehm... Tranquillo. Voi state per uscire, e io vi ho disturbato..."

"No. Dimmi pure che succede."

"Davvero. Posso anche chiamarti più tardi."

"Valentino. Parla. Ora."

Val si zittì all'istante, ingoiando il groppo che gli si era formato in gola. Prese un respiro profondo, prima di ammettere quello che cercava di negare anche a se stesso da giorni. "Sto avendo una crisi di identità."

Joshua rimase in silenzio per un attimo, facendo quasi credere a Val che la linea fosse caduta. Ma poi parlò, incerto. "Intendi di tipo...?"

"Sì. Quello."

Un'altra pausa. "Aspetta ti metto in viva voce," disse Joshua, infine.

"No, cos-"

Prima che Val potesse fermarlo, la voce di Lukas lo interruppe. "Ciao, Valentino."

"Se c'è una persona che può capirti, è lui," insistette Joshua. "Quindi, avanti. Sputa il rospo."

"Perché era etero?"

"Ero etero?" chiese Lukas, confuso.

Che cazzo dico?

"Nel senso, ti piacevano solo le ragazze prima?"

TIGHTROPE - Vite SospeseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora