parole: 145O .
19 ottobre 1879 .
Quanto tempo è passato dalla prima volta che ho visto Tyrone? Poco più di due anni. E dall'ultima? Poco più di quattro mesi. Quattro dannatissimi mesi in cui non ho fatto altro che pensare a quei bellissimi occhi color della nocciola. In cui ogni notte l'ho passata a toccarmi, gemello quel nome, quel maledetto nome... Questo è peccare, non c'è alcun dubbio. Ma come potrei resistere? Dopotutto, le donne che ho incontrato quando ero con lui lo guardavano con uno sguardo languido, intenso, lo stesso che ho io ora mentre penso a quei capelli scuro e a quel viso irsuto. Uccidermi di nuovo, per un bacio da quelle labbra! Per una parola gentile, per sapere che lui ama me, e soltanto me! Ma tutto ciò è assolutamente inconcepibile, per un uomo di chiesa... L'omosessualità è un peccato troppo grave, eppure io non riesco a sottrarmi da esso.
Oliver Hawes terminò di scrivere quelle poche righe con la mano che ancora tremava. Sfogliò il libricino dalla copertina rossa: intere pagine erano state occupate dalla parola Tyrone con un cuoricino disegnato affianco. Si chiese se era veramente sceso così in basso. Dopo un attimo si rispose di sì.
Creak! La finestra della biblioteca si aprì con un cigolio. Una foladi vento e varie goccioline di pioggia entrarono nella stanza. Oliver strinse il coltello che aveva in tasca ( lo stesso che gli aveva regalato Tyrone due anni prima ) con una mano, pronto a tirarlo fuori.
Sospettava infatti che ad essere entrato nella villa fosse uno degli abitanti del paesino. Ma, non appena la figura si avvicinò abbastanza da permettere al parroco di riconoscerne i lineamenti, egli spalancò gli occhi. Quello... era Tyrone, il suo Tyrone. « Diluvia, lì fuori, parroco. se tu non fossi così pigro io sarei già- » ma non fece in tempo a terminare la frase: le labbra di Oliver erano già sulle sue. Il mangia-peccati chiuse gli occhi, approfondendo il bacio e spingendo la lingua nella bocca del parroco, per poi, poco dopo, staccarsi e scendere fino al mento dell'uomo con una scia di umidi baci.
« Che caloroso benvenuto, Padre. » mormorò poi, sorridendo e accarezzando dolcemente i capelli mossi del prete, che ridacchiò.
« Mi sei mancato... » mormorò Oliver.
« Davvero, Padre? » chiese Tyrone. « Davvero, non ti sto mentendo. » rispose l'altro uomo, stringendolo a sé e nascondendo il capo nell'incavo del suo collo. Tyrone abbassò lo sguardo sui riccioli scuri del suo amico.
" Dannazione, sei così carino. " avrebbe voluto dirgli, ma non lo fece, lo pensò soltanto. Prima di avvicinare il viso a quell'ammasso di riccioli scuri ed inspirare profondamente. Profunavano di ciliegia. E lui le ciliegie le adorava ( in realtà, adorava anche Oliver ).
Pigramente, lasciò che le sue labbra scendessero nuovamente sul viso, del prete, prendendo, stavolta, le labbra dell'uomo in un dolce bacio, che presto si fece decisamente più affamato e bisognoso. Oliver, tuttavia,non sembrò per niente sorpreso da quel gesto, anzi: le sue mani presero i della camicia di Tyrone, e cominciò a disfarli delicatamente. Ben presto, la camicia dell'uomo fu completamente sbottonata. Tyrone sorrise, spingendo Oliver contro la parete: l'impatto fece emettere un lieve gemito di dolore, che venne presto soffocato dalle labbra dell'altro. Il mangia peccati accarezzò delicatamente la guancia dell'altro, senza interrompere il bacio. Dopodiché, si staccò, per mormorare all'orecchio del parroco « Sei sicuro? » Oliver rispose di si. Tyrone allora sorrise, abbassandosi i pantaloni. Poi, ordinò ad Hawes di fare lo stesso.