Fight for the Liberty

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Erano in un mare di guai. Di questo Annabeth ne era sicura.

Lei, Annabeth Chase, ragazza diciassettenne, saggia, intelligente, determinata e astuta, considerata figlia della dea Atena, dea della sapienza, della saggezza, della tessitura, dell'artigianato e degli aspetti più nobili della guerra anche se affetta da dislessia e iperattività, si trovava chiusa in una squallida e grigia stanza della Principessa Andromeda, nave guidata dal temibile Capitano Luke Castellan -o, come si faceva chiamare sulla sua nave, Crono-, insieme al suo migliore amico Percy Jackson, ragazzo anch'essodiciassettenne affetto da dislessia, iperattività e disturbo da deficit dell'attenzione, leale,altruista, comprensivo e dolce, sempre disposto ad ascoltare gli altri, coraggioso, spiritoso, competitivo, disposto a sacrificare la propria vita per proteggere quella delle persone a lui care e terribilmente attaccato al mare, dove si sentiva a casa, infatti sarebbe potuto rimanere sott'acqua per vari minuti, e, proprio per questo, era considerato figlio di Poseidone, dio del mare, dei terremoti e dei maremoti.

«Quando saremo in presenza del Capitano, lascia fare a me» le disse ad un certo punto Percy«Ho un'idea».

Annabeth parve tutt'altro che rassicurata dalle parole del ragazzo. Di solito era Annabeth ad organizzare i piani, perché Percy si limitava ad agire e basta, e quelle poche volte che il presunto figlio di Poseidone aveva un piano, finivano per incasinarsi ancora di più, finendo in guai ancora più seri. Ed in quel momento, l'espressione "essere nei guai fino al collo", non bastava, e non le serviva Percy con i suoi "splendidi" piani a complicare le cose.

Gli stava per rispondere che avrebbe preferito direttamente gettarsi lei dalla nave in pasto agli squali, piuttosto che seguire la sua idea, quando il rumore di una chiave girata nella porta dietro di se le fece bloccare le parole in gola.

La porta si aprì lentamente, rivelando un massiccio uomo, con una benda su un occhio e un ghigno minaccioso, i lineamenti taglienti e gli oscuri occhi di un nero profondo e intenso, in cui si fatica a distinguere l'iride dalla pupilla, che li scrutavano senza indugiare, contornati da una folta chioma di capelli castani tagliati malamente. Aveva una logora maglietta nera, con degli squallidi pantaloni, tenuti alla vita da una vecchia cintura, a cui era attaccata una spessa corda.

«Il Capitano Crono vuole vedervi» disse con voce roca e minacciosa, entrando nella stanza.

Poi si portò una mano alla cintura, prendendo la corda e avvicinandosi ad Annabeth.

La ragazza ebbe l'istinto di arretrare, non solo per l'aspetto brutale e minaccioso dell'uomo, ma anche per il suo malaugurate odore che le riempiva le narici. Però rimase ferma, attenta a fare mosse caute. Con la coda dell'occhio, osservò Percy che, accanto a lei, si era irrigidito, i muscoli contratti, la mascella serrata, i pugni chiusi con forza e le nocche sbiancate, mentre guardava con odio l'uomo, con gli occhi socchiusi e rabbiosi, pronto a scattare a una mossa falsa.

Annabeth gli accarezzò il braccio, cercando di calmarlo, e gli fece segno si assecondare l'uomo. Percy dopo poco allentò i pugni, fissando i suoi occhi verde mare in quelli grigi tempesta della ragazza.

«Sei sicura?» sembrava chiedere quello sguardo.

«Si» rispose lei alla domanda muta del ragazzo «Si, sono sicura». E Percy dovette aver letto tutta la determinazione negli occhi tempestosi di lei che lo guardavano fugaci. Annabeth lo vide distogliere lo sguardo sospirando pesantemente, e sorrise, sapendo che, ancora una volta, il ragazzo le stava dando fiducia.

Quando il rozzo uomo le fu davanti, prese con le sue mani callose e ruvide i polsi delicati della ragazza, legandoli stretti dietro la schiena con la spessa corda, assicurandosi che non potesse liberarsi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 20, 2015 ⏰

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