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Emma si preparò in fretta e si guardò allo specchio, una delle poche volte della sua vita in cui lo faceva. Era... decente. Passabile, per un colloquio. Distolse in fretta lo sguardo e diede un'ultima sistemata ai capelli prima di uscire dal bagno

Regina era in cucina, il caffè in mano, le labbra tese in un'espressione accigliata. La raggiunse, a sua volta agitata, nervosa.

«Sono pronta.» Non era vero. Non era pronta per incontrare la misteriosa quanto temibile madre di Regina, non era pronta per lavorare, non era pronta neanche per entrare nell'ufficio dove lavorava Regina. Ma che scelta aveva?

Regina trasalì, come se non si fosse accorta che si era avvicinata; quasi le cadde la tazza dalla mano.

«Sì, scusami, oggi non so dove ho la testa.»

Emma aggrottò la fronte, approfittandone anche per tergiversare.

«Stai bene?» le chiese. Regina sorrise appena e posò la tazza nel lavandino.

«Sì, certo. Forse dovrei cambiarmi...»

«Perché? Stai benissimo!»

Regina arrossì ed Emma avvampò all'istante.

«A mia madre non piacerà, ma dubito che oggi le andrà bene qualcosa. Andiamo, prima che decida di scappare davvero in Messico.»

Il sopracciglio destro di Emma scattò verso l'alto.

«Messico?»

Regina sospirò.

«Lascia stare, mi troverebbe anche sulla luna.» La seguì, la osservò prendere le chiavi e la borsa.

«È così tremenda?»

«Molto di più. Non va mai bene niente per lei.»

Deglutì. Si accorse con un ritardo di qualche secondo che Regina era fuori dalla porta e la aspettava. Si affrettò a uscire, chiudendosi il battente alle spalle.

«E qualcuno glielo ha mai fatto notare?»

Un sorriso sardonico incurvò le labbra piene dell'avvocato.

«Se hai istinti suicidi, puoi provarci. Mio padre ci ha provato per anni. È morto senza esserci riuscito.»

Emma sgranò gli occhi, sforzandosi di non cadere dalle scale e di tenere il passo di Regina. Come facesse a camminare così veloce con quei tacchi era probabilmente un segreto di stato.

«Oh... mi dispiace per tuo padre.»

Regina scrollò le spalle.

«Era un brav'uomo, non so come l'abbia sopportata tutti quegli anni.»

«Perché lavori per lei se la detesti?»

«Lo studio è mio per la metà, almeno sulla carta.»

Il vento le schiaffeggiò la faccia, una sensazione piuttosto familiare che la indispettì, soprattutto perché i capelli ora creavano un velo dorato che le impediva di vedere dove stesse mettendo i piedi. Li scansò con stizza e arrancò dietro a Regina.

«Ah. E non puoi... non so, venderlo?»

«No.» Regina sbloccò le portiere, entrarono nell'auto, il vento si smorzò. Emma si affrettò a chiudere lo sportello. Tirava aria di neve. «L'ho ereditato da mio padre. Amo il mio lavoro» continuò Regina mentre accendeva motore e riscaldamento.

«Scusa» mormorò Emma distogliendo lo sguardo. Fuori, una signora in carne e il suo Chihuahua combattevano contro la buriana. Il cane sembrava sul punto di prendere il volo. La signora lo prese in braccio. «Non sono affari miei.»

«È che abbiamo dei casi importanti e amo aiutare le persone, come faceva lui.»

Emma annuì, sorrise appena.

«Sì, l'avevo capito.»

«Già. Non volevo essere insistente ma non volevo che ti separassero da tuo figlio.»

La guardò di nuovo e le sorrise.

«Grazie. Per tutto quello che stai facendo.»

***

Le urla di sua madre riempirono l'ingresso.

«Bene, è di buon umore.» Fece qualche passo verso il suo ufficio ma venne bloccata dall'arrivo della iena.

«Regina» disse sua madre con sdegno, e un istante dopo uno schiaffo la colpì in pieno viso. «Che diavolo ti è saltato in mente? Mi hanno detto cosa hai fatto in mia assenza, sei una vergogna per la nostra famiglia.»

Regina ricacciò i capelli all'indietro con uno scatto del collo.

«Anch'io sono felice di vederti, mamma.»

Emma spalancò gli occhi, sconvolta, ma Cora proseguì imperterrita.

«Da quanto tempo va avanti?»

«Che cambia?»

«Ti ha deviata...»

«Mal non ha fatto niente. Sono così madre, anche se non fosse Mal non starei con un uomo.»

Emma abbassò lo sguardo, di certo non poteva intromettersi.

«È un disonore. Se non smetterai di vederla la licenzierò.»

«Non lo farai, sarebbe una pessima pubblicità per lo studio.»

«Non uscirai più con lei...»

«Non puoi dirmi chi posso o non posso vedere!»

«Sì, che posso... lei chi è?»

Emma trasalì sotto l'attenzione improvvisa.

«La tua nuova assistente.»

«Ti scopi anche lei?»

Emma sussultò.

«No, mamma.»

«Ehm...» Guardò Cora con un po' di timore, poi le porse la mano. «Emma Swan.»

Cora Mills scoccò un'occhiata schifata alla sua mano tesa.

«Che qualifiche...»

«Ho controllato io, mamma. Dalle una possibilità.»

Emma abbassò la mano, ma non distolse lo sguardo.

«Cerca di non portartela a letto» disse Cora prima di voltar loro le spalle, andando nel suo ufficio.

Emma guardò Regina.

«Devo seguirla?» sussurrò. Regina scosse la testa con un sospiro e la condusse in un piccolo ufficio accanto a quello della madre.

«Vieni... questa è la tua scrivania.» Le mostrò il gestionale, la posta elettronica, le disse come rispondere al telefono e inoltrare le chiamate. «Mal arriverà tra poco, le avevo detto di arrivare più tardi e potrà aiutarti se dovessi aver bisogno. Quello è il mio ufficio, chiedimi se hai bisogno.»

Emma annuì.

«Okay, grazie... mi dispiace per come ti ha trattata.» Emma, in realtà, era molto più che dispiaciuta. Era sconvolta, furiosa, offesa, traumatizzata probabilmente. Ma non lo disse ad alta voce. Regina scrollò le spalle.

«Ci sono abituata.»

«Mi dispiace. Non dovrebbe...»

«Non importa» le sorrise tristemente. Emma le sfiorò la mano.

«Importa invece.»

La vide rabbrividire appena, poi ritrarre la mano.

«Grazie. Vado a lavorare al tuo caso.»

Emma annuì abbassando lo sguardo sulla sua prima scrivania.

«Grazie.»

«Devo ancora vincere» disse Regina con un tono talmente convinto da spingerla a tornare a guardarla. Allora l'avvocato le fece l'occhiolino prima di voltarsi e allontanarsi (non di troppo) per chiudersi nel suo ufficio.

Emma si sedette alla scrivania, scacciò qualsiasi pensiero superfluo e cercò di capire cosa doveva fare. O meglio, lo aveva capito, ma in quel momento si ritrovava ad essere priva di qualsiasi utilità.

La strada verso casaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora