Epilogo

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Claire


«Credi che stia aspettando una missione di salvataggio?» chiesi, appoggiandomi alla balaustra accanto ad Alex.

Non sapevo neppure se mi stesse ascoltando, perché osservava Cassie mentre giocava con Kevin come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto. Beh, a dire la verità non stavano esattamente giocando. Lei era seduta a gambe incrociate e bisbigliava qualcosa a Kevin con aria circospetta. Sudavo freddo al pensiero di cosa poteva aver organizzato con quel bambino di sei anni.

Il signor Case ci aveva beccati nella sua proprietà ancora prima che il fuso orario di San Francisco segnasse le nove di sera e quando ci eravamo svegliati quella mattina, lui, la sua nuova fidanzata e il piccolo Kevin ci stavano aspettando per la colazione. A quanto pareva era quella la sua nuova tecnica per dialogare con i figli: evitare di passare del tempo da soli.

«Beh, credo che ormai dovrà superare la sua avversione per i bambini» commentò piano.

Non feci una piega. «No, intendevo dire che forse è Kevin, quello che sta aspettando di essere salvato».

Alex abbassò il capo, ridacchiando sommessamente. «Probabile» mi concesse. Poi si voltò a osservarmi con un mix di apprensione e sospetto. «Lo sapevi già, vero?».

Sollevai un sopracciglio. «La tua ragazza non fa altro che mangiare e vomitare da settimane, beve acqua alle feste e tu hai paura che prenda freddo in una calda serata di giugno». Scrollai le spalle come se fosse ovvio. «O è l'intossicazione alimentare più strana della storia o è...».

«Un bambino». Alex completò la frase con la voce che gli tremava.

Si piegò in avanti, inspirando forte e fissando la sua ragazza a qualche metro da noi con così tanta intensità che mi chiesi come facesse Cassie a non andare a fuoco.

Appoggiai la mia testa sulla sua come avrei fatto con un fratello, perché per me Alex era proprio quello. «Lo sa qualcun altro?».

Lo sentii muoversi sotto di me, negando. «No, dovremmo aspettare il terzo trimestre, ma l'altro giorno l'ho beccata al telefono con Christian mentre lo minacciava per far sparire la sua palestra dal nostro appartamento perché aveva bisogno di quella stanza, altrimenti gli avrebbe bruciato tutto».

Tentai di soffocare una risata, ma quel comportamento era così da Cassie che non ne ero neppure sorpresa.

Lei sollevò lo sguardo proprio in quel momento e ci trovò a fissarla. Conoscendola mi sarei aspettata che tutta quell'attenzione la infastidisse, invece vidi le sue guance arrossarsi e sbatté gli occhi un paio di volte mentre un sorrisino dolce spuntava sulle sue labbra.

Diamine, quei due erano così innamorati che mi veniva il diabete.

«Lo terrete quindi?» mormorai piano, quando Cassie tornò a giocare con Kevin.

Sentii Alex sospirare ancora, come se non ricordasse più come si respirasse. «Non ti mentirò: non era previsto, non in questo momento della nostra vita. Con lo stress del processo deve aver avuto un mal assorbimento della pillola ed è... ed è successo».

Lo immaginavo, perché tra il processo e l'iscrizione al college quei due non avevano avuto un momento di pace. «Ma...» azzardai. Sentivo che ci fosse un "ma" in quel discorso.

Mi spostai in tempo per vedere un sorriso gigantesco crescere sulle sue labbra, un sorriso così spontaneo e puro che non avevo mai visto su Alex. Era il sorriso di chi sapeva di tenere il mondo intero tra le sue braccia. «Ma vogliamo provarci» confermò. 

Tornai ad abbracciarlo, questa volta facendomi piccola contro di lui che era un gigante proprio come suo fratello. Quando restituì la stretta mi vennero le lacrime agli occhi. «Se siete felici, sono davvero contenta per voi».

Stelle avverseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora