Erano 3 anni che giravo in quegli studi e ancora non mi sembrava vero che, da pochi giorni, quel luogo era il mio posto di lavoro. Avevo studiato scienze della comunicazione e il tirocinio consisteva per me nel lavorare nella redazione di un famoso programma televisivo. Sapevo che dopo la laurea sarei dovuta andare via, ero distrutta al solo pensiero, ma quel giorno il mio telefono squillò. Era Maria... Non mi aveva mai chiamato lei in prima persona, quindi ebbi un po' di paura. Con la mano tremolante, presi coraggio e feci scorrere il dito sullo schermo.
"Ciao, so che stai festeggiando la tua laurea e per questo ho deciso di chiamarti oggi. Che ne diresti di restare a lavorare qui?"
Gli occhi mi si offuscarono, le lacrime iniziarono a scendere copiose, ma cercai di mantenere l'integrità e decisi di rispondere.
"Certo, per me va bene"
"Va bene, allora ci vediamo già domani"
Chiuse la chiamata e di corsa avvisai tutti.La festa proseguì fino a tarda sera, poi tornai a casa e, dopo una doccia veloce, mi misi a letto. Impostai la sveglia per le 8:00, alzai le lenzuola per infilarmici sotto e mi addormentai.
Adesso sono qui, cammino lungo questo corridoio, tutto intorno a me è silenzioso, di tanto in tanto passa qualche collega. Di solito vestivo sportiva, per stare comoda, ma oggi che avrei dovuto firmare un contratto a tempo indeterminato, ho deciso di indossare una camicia bianca e una gonna nera con due bottoncini dorati su un fianco a chiuderla. Quel posto era sempre stato un labirinto, ma col tempo avevo imparato dove erano situati i vari uffici. Arrivo alla porta giusta e mi prendo qualche secondo per respirare.
Mi aveva sempre attratta mentalmente quella donna, la sua intelligenza la rendeva anche bona. Non che di fisico non lo fosse: alta, tonica, i capelli biondi e il colorito chiaro la rendevano bella come un angelo. Ecco, la sua bellezza è angelica. Dopotutto non nego che andrei volentieri a letto con lei. Anzi, nel letto ci resterei.
La porta bianca è l'unica cosa che mi divide da questa visione, così, armandomi di grande coraggio, busso. Le mie nocche sbattono due volte sul materiale legnoso, abbasso lo sguardo sulla mia camicetta e sistemo le pieghe che si sono formate. Poi passo alla gonna, che nel camminare si era tirata un po' su, afferro un lembo e la riposto all' altezza del ginocchio.
"Avanti" sento una voce rispondere dalla stanza.
Poggio la mano sulla maniglia e successivamente apro la porta.
"Buongiorno" dico entrando nella stanza. La vedo seduta lì, dietro una scrivania di legno bianco. L'ambiente è estremamente moderno, sulla pareti laterali ci sono delle librerie quadrate, con qualche pianta grassa di piccole dimensioni sparsa qua e là. Faccio due o tre passi e mi avvicino alla scrivania, le porgo la mano aspettando che lei ricambi. Maria posa la penna che aveva tra le mani. Stava scrivendo qualcosa, non riuscivo a capire cosa, ma in quel momento era l'ultimo dei miei pensieri. Così allunga il braccio, ricambiando il mio saluto. Cavolo che presa, così ferma e decisa.
"Ciao, siediti pure" mi risponde così, ma ha un sorrisone stampato sulle labbra. È davvero affascinante. D'un tratto si alza, il talleur rosso che indossa le caza proprio bene, anche se non approvo molto le scarpe da ginnastica che ha abbinato sotto. Può averle pagate quanto vuole, ma sono davvero inadeguate. Non capisco bene perché vada a chiudere a chiave la porta, dovrei solo firmare un contratto. Stavo già ponendomi qualche domanda, ma la mia attenzione va alla sua mano, che con molta abilità slaccia l'unico bottone che tiene uniti i due lembi della giacca, e non posso che notare la sua canotta rossa di seta, adornata con un merletto rosso sul petto. Si risiede, accavalla le gambe e si tira con la sedia sotto la scrivania. Sposta gli altri fogli che prima stava appuntando, apre un cassetto e li ripone lì, dopo aver tirato fuori quello che dovrebbe essere il mio contratto.
"Eccoci qui, se ti va puoi rileggerlo e dopo dovresti solo lasciare varie firme in giro per i fogli" mi parla sempre in modo pacato, gentile, a volte penso che per farle perdere la pazienza devi essere proprio una cogliona. Io non vorrei mai, se Maria mi parlasse in quel modo austero piangerei per il resto dei miei giorni.
Mi passa i fogli e inizio a rileggere i vari punti presenti sui fogli, ce ne sono alcuni davvero difficili da capire ma fingerò di comprendere tutto, non le chiederò nulla.
"Va bene ho letto, dovrei aver compreso tutto, dove devo firmare?"
"Sei sicura di aver compreso tutto? Ti vedo un po' perplessa" illusa io che credevo di poter nascondere una mia sensazione alla signora di fronte a me, che ancora non mi spiego perché non sia diventata psicologa, mi sarei evitata la mia enorme fissazione per lei e tutto quello che la riguarda. Sorrido come un'ebete e mi vedo costretta a dirle che alcuni punti non sono chiari.
"Bastava chiederlo, guarda che non ti mangio! Vieni qui, fai il giro della scrivania che li rileggiamo insieme" non so se le parole che ho appena sentito sono vere, stento a crederci. Resto seduta dove sono, ma la sento richiamarmi.
"Ci sei?"
"Si beh ecco si mi sto alzando" non sto capendo nulla, mi alzo e mi avvicino. Da questo lato non c'è una sedia, quindi sto in piedi. Inizia a spiegarmi le varie clausole presenti sul contratto, purtroppo non ci vedo e mi abbasso, poggiando una mano sulla superficie legnosa. Mentre parla si inumidisce le labbra con la lingua e non posso fare a meno che fissarle. Improvvisamente si gira verso di me, subito sposto lo sguardo ma credo che sia troppo tardi. Se n'è accorta e non le dispiace, anzi mi sogghigna in faccia come se avesse appena avuto conferma di qualcosa che già pensava. Credo di essere arrossita, inizio a sentire caldo, non dovevo guardarla eppure i miei occhi si sono posati lì. Sbottono le maniche della camicia e le tiro su, rimboccandole, e poi apro tre dei bottoni che la tengono chiusa. Maria non sembra farci caso, ma lei nota tutto e di questo ne sono sicura.
"Questi sono i punti in cui devi firmare, te li ho indicati con delle x. Cerca di concentrarti e di non distrarti troppo mentre firmi" non era un rimprovero, era una freccia, tirata con l'arco dritta nella mia fronte, l'ho capito perché il tono era tutt'altro che incazzato. Mi porge la penna con la sigla mdf e me la passa. La prendo e con ATTENZIONE firmo dove ce n'era bisogno. Appena alzo lo sguardo, noto i suoi occhi fissi in un punto e questo punto è proprio la mia camicia sbottonata. Avrei potuto farmi i fatti miei, ma prima lei non lo ha fatto, ormai avevo firmato e quindi con molta sfacciataggine chiudo i bottoni della camicia.
"Vedo che anche tu sei distratta, ma sai, stai lavorando, non potresti distrarti così tanto" abbozzo un mezzo sorriso, che la infastidisce molto, mi rimetto in posizione dritta e cerco di sviarmela.
In un attimo il mio polso viene avvolto da una sua mano, che mi tira nella sua direzione. D'un colpo mi afferra anche l'altro polso, adesso sono in piedi di fronte a lei a due centimetri dal suo volto.
È più alta di me.
Tengo lo sguardo basso, non so se ciò che sta accadendo è fantasia o realtà. Lo avevo immaginato così tante volte che adesso faccio fatica a distinguere. Le emozioni che sto provando non sono per nulla negative, anzi, sono un misto di stupore, timore, eccitazione e incredulità. Sono avvolta nei miei pensieri, ma Maria stringe la presa sui miei polsi e mi ritrovo ancora più vicina. Credo di star per morire, sento i battiti del mio cuore accelerare e il mio respiro diventare sempre più affannato.
Si avvicina al mio orecchio, non credo di poter resistere a questa situazione ancora a lungo.
"Se mi sono distratta è perché hai avuto la brillante idea di aprire quei tre bottoncini, e brillante non è una caricatura perché è proprio un belvedere" ok, penso proprio di poter morire adesso. Un brivido mi attraversa da capo a piedi, e non so se è dovuto a ciò che ha detto o alla pressione delle sue labbra sul mio orecchio. Nel dubbio entrambe le cose.
La mia faccia non è del tutto quella di una persona spaventata, ma d'altronde c'è Maria di fronte a me e un po' di timore ci sta.
"Beh non potevo? Avevo caldo" la guardo negli occhi, ho capito le sue intenzioni e penso proprio di volerla assecondare.
Aspetto questo momento da tutta la vita.
"E poi non pensavo di poterti fare questo effetto" sono una falsa, ho sempre intuito che avesse un'attrazione per il genere femminile.
"Quale effetto?" lascia finalmente i miei polsi e con le mani raggiunge la mia gonna. La solleva sui miei fianchi e resto lì davanti a lei in intimo. Mi afferra la vita, adesso sono completamente attaccata a lei, spinge una sua gamba tra le mie e solo ora mi accorgo che lì in mezzo non c'era più nulla di asciutto. "Questo?" mi domanda, indicando i miei slip ormai bagnati. Ha un sorriso beffardo stampato sul volto, mi verrebbe voglia di tirarle due schiaffi, ma non ne avrei la forza. Guardo in basso per constatare quanto appena detto da lei anche se già lo sentivo, ma non voglio lasciare a lei l'ultima parola.
"Colpa tua" all'udire queste mie parole, si avvicina al mio collo. Mi lascia alcuni baci, poi scende, ho ancora la camicia e quindi si preoccupa di aprirla bottone per bottone, la tira fuori dalla gonna e la lascia cadere dalle mie spalle. Le sensazioni che sto provando non si possono spiegare, il mio respiro da affannato diventa irregolare, mi viene istintivo aggrapparmi al suo collo. D'un tratto sento le sue mani scendere sul mio sedere e poi più in basso sulle cosce. Mi afferra e mi ritrovo seduta sulla superficie fredda della sua scrivania. Mi apre le gambe, si posiziona al centro con il suo corpo e riprende a baciarmi da dove aveva lasciato. Con un colpo mi slaccia il reggiseno, non capisco come abbia fatto, ma poi pensandoci ne avrà slacciati così tanti che ormai sarà pratica. Prende tra le labbra uno dei miei capezzoli, ci gioca con la lingua e con una mano stringe l'altro. Riesco solo ad ansimare e dire parole sconnesse, che non hanno molto senso. Chiudo gli occhi e inarco la schiena, sento un forte calore tra le gambe, non credo di poter continuare così.
"Maria ti prego" continuo ad emettere aneliti eccitati, quando ad un tratto si stacca dal mio seno e con una linea di baci scende dritta al mio basso ventre. Mi spinge a sdraiarmi sulla scrivania, così lascio la mia presa sul suo collo e mi appoggio sui miei gomiti. Posiziona la sua testa fra le mie gambe e con due dita sposta gli slip, sento la sua lingua salire dal basso della mia vagina al clitoride.
Butto la testa all'indietro, credo di aver appena visto il paradiso. Un sospiro più accentuato sfugge dalle mie labbra e questo incita Maria a proseguire. Passa la lingua nell'umido delle mie pieghe, mantiene una velocità costante. Una sua mano e ancora piazzata sul mio seno, l'altra è aggrappata intorno alla mia gamba. Un tremore inizia a percorrermi il corpo, credo di essere vicina all'orgasmo. Maria aumenta la velocità della sua lingua e, proprio quando meno me l'aspettavo, inserisce due dita dentro di me. Le sue falangi si muovono colpendo un punto ben preciso, che insieme alla sua lingua mi porta al massimo del piacere. Il mio corpo si tende, le mie gambe tremano e un lamento soffocato viene fuori dalla mia bocca. Rialzo la testa per guardarla, lei solleva la sua e con gli occhi fissi nei miei lecca le sue dita bagnate dei miei umori per pulirle.
L'avevo descritta come un angelo, ma le sensazioni che ho provato sono l'esatto contrario.Sento il mio corpo andare a fuoco, come se fossi all'inferno.
"Mio dio Maria" è l'unica cosa che riesco a dire, sento le mie gambe deboli, non so se riuscirò ad avere la forza di alzarmi. Una risata vittoriosa è tutto quello che ottengo come risposta, nel frattempo si abbassa per raccogliere la camicia e il reggiseno che lei stessa aveva fatto volare.
So bene di non poter avere una relazione con lei, ma spero almeno di riuscire a rivederla
Mi rivesto velocemente, afferro il contratto e tutto quello che riesco a dire è 'arrivederci' mentre lei mi saluta ridendo per il palese imbarazzo che mi aveva creato.