Capitolo 12

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Sceglimi, sceglimi, sceglimi
Stasera noi
Siamo mappe sulla schiena
Una vita dopo cena
Siamo quello che ti va

Lo sguardo duro che mi rivolge Ignazio mi fa tremare le gambe, e non in senso positivo. L'ho ferito, ancora.
«Che ci fai qua?»
«Mi dispiace.» ripeto e basta, perché non so cos'altro dire.
«E questo l'hai già detto... ma ti dispiace di cosa?»
«Di averti fatto andare via senza essere riuscita a convincerti che sei la cosa che mi importa di più al mondo. Insieme ai ragazzi.»
«E io dovrei crederti?»
«Sono qui... e sono pronta a stravolgere la mia vita, per te. Sempre ammesso e non concesso che tu lo voglia ancora.»
«Mi vorresti dire che hai cambiato idea sul trasferimento?»
«Io non ho cambiato idea! Ho solo deciso.»
«No, tu non volevi tornare in Italia.»
«No 'gnà. Io ti ho detto che avevo paura e che ci avrei pensato.»
«Perchè ti spaventa così tanto l'Italia?» mi chiede e per rispondere a questa domanda ho la necessità di poggiarmi alla sua scrivania.
«Qua non ho ricordi belli... se non quelli con te.» chiudo gli occhi. «E anche quelli non è che siano tutti bellissimi...»
«Se me lo permettessi, farei di tutto per aiutarti a ricostruire dei ricordi bellissimi, qui. Con me.»
«Sono qui. Qualcosa vorrà dire, o no?»
«Se te ne vai un'altra volta per me sparisci dalla faccia della terra.» afferma duro. «Te lo giuro.»
«Non ho intenzione di andarmene. Voglio scegliere me, per una volta.» deglutisco. «Tra l'altro i ragazzi vorrebbero tornare a vivere in Italia.»
«E tu?»
«E a me l'Italia fa male, ma voi la rendete un po' meno spaventosa.» gli occhi mi diventano lucidi. Per me l'Italia significa dolore. Dolore per una madre che era meglio non averla, un padre di cui quasi non ricordo la faccia e mia sorella... lasciamo perdere mia sorella.
«Non ho capito niente, vero?» si alza e mi accarezza una guancia.
«Che intendi?»
«Tu non volevi venire in Italia perché ti fa male stare qua, ed io l'ho capito solo ora che ti vedo davanti a me, terrorizzata.»
«No, io non sono terrorizzata.»
«Si, lo sei.» si avvicina ancora di più a me. «Sto sbagliando tutto con te?»
«No. Prima o poi i demoni devo affrontarli, ho solo una paura fottuta.» mi accarezza le labbra con il pollice e poi mi stringe a se. Finalmente posso tornare a respirare.
«Ti starò vicino in ogni momento.»
«Ma sei sicuro? Io cosa ho da offrirti? Sono terrorizzata all'idea di avere dei bambini, anche perché ne ho già tre. Di cui due adolescenti e una di appena sette anni.»
«Posso aspettare.» mi sorride. «Per i figli dico, almeno per un po'.»
«Non è giusto che tu metta in pausa le tue aspettative e i tuoi sogni, per me.»
«È giusto, invece. E zitta.» mi posa l'indice sulle labbra. «Perchè lo dico io.»
«Non fare il dittatore con me.» sbuffo innervosita.
«Invece è proprio quello che ho intenzione di fare.»
«Mi fai innervosire!» lo guardo malissimo ma ottengo solo – si fa per dire – un bacio. «Non mi zittire con un bacio!» mi innervosisco.
«Stai zitta una buona volta?!»
«Io zitta? Mai.» lo sfido con lo sguardo e un sorriso sulle labbra.
«Mh... tanti auguri a me.» borbotta fintamente scocciato.
«Che vorresti dire?!» metto su il broncio.
«Assolutamente niente.» si mette seduto sulla sua poltrona e mi trascina sulle sue gambe. «Mettiti così.» mi fa posare le cosce ai lati esterni delle sue e mi stringe forte a se. «Mi sei mancata, tanto. Forse troppo.»
«Anche tu.» sospiro strusciando il naso nel suo collo. Posso stare qua – così – per sempre?
«Lo sai che non sarà facile, vero?» mi chiede tamburellando con le dita sulla mia schiena.
«Si.»
«Ci saranno momenti dove odierai il mio lavoro, altri in cui odierai me e altri ancora che ti chiederai per quale assurdo motivo tu continui a stare con me!»
«Quello no Igna... il motivo che mi fa stare con te lo so benissimo.»
«Ah si? E quale sarebbe?» mi scosta da se tanto quanto basta per essere occhi negli occhi.
«Beh ovviamente il fatto che cucini bene!» lo prendo in giro.
«Certo! Solo quello, ovviamente.» mi guarda malizioso.
«Non fare il cretino.»
«Senti ma... i ragazzi con chi sono? Li hai lasciati a Buenos Aires?»
«I ragazzi!» esclamo drizzando la schiena, per un attimo me ne ero – quasi – dimenticata. «Nono... che Buenos Aires?! Sono di sopra con tua madre.»
«Andiamo?»
«Si...»
«Dobbiamo prendere una decisione.»
«Lo so... io intanto ho tre settimane di ferie, poi posso chiedere un anno di aspettativa e provare a cercare un lavoro qua in Italia. Se è quello che vogliamo.»
«È assolutamente quello che voglio, se è quello che vuoi anche tu.»
«Se non fosse così non sarei qua. No?»
«Ho sbagliato a forzare la mano in Argentina, ma mi sono sentito rifiutato, e accantonato.»
«L'avrei dovuto capire... non era una reazione tipica tua.»
«Diciamo che entrambi avremmo dovuto capire qualcosa che non abbiamo compreso.»
«Io non sono più abituata a stare con qualcuno. A volte mi chiedo se so ancora fare.» sbuffo una mezza risata imbarazzata.
«Ti insegno io.» mi guarda malizioso e si alza di scatto, tenendomi in braccio. «Andiamo dai ragazzi.» in risposta annuisco e mi aggrappo al suo collo. «Che fai? Scendi o ti devo portare in braccio?»
«Scendo, scendo. Antipatico.» gli mordo il collo e mi faccio scendere.
«Antipatico io?» mi da una sculacciata e scappa verso la porta. «Andiamo!» mi aspetta e insieme saliamo le scale che portano in sala.
«Zio.» Lucrezia gli corre incontro e gli salta in braccio.
«Ciao scricciolo.» la tiene in braccio mentre accoglie anche Mattia e Martina. «Ma voi come siete arrivati fino a qua?» mi guarda dubbioso mentre i ragazzi si staccano.
«Aereo fino a Roma, poi treno e taxi fino a qui.» spiega Tia.
«Ma tu sei pazza!» mi guarda stupito, con un sorriso sorpreso ad illuminargli la faccia.
«Se era normale non stava appresso a te.» afferma Caterina guardando il figlio.
«Grazie eh.» si becca un'occhiataccia.
«Prego tesoro. Io comunque ora devo uscire, tra poco passa a prendermi tua sorella che andiamo in aeroporto.»
«Vai via?» chiedo.
«Si tesoro, devo scendere un mese in Sicilia. Ti ritrovo qua, quando torno?» mi sorride.
«Non proprio nel momento che torni, perché dovrò organizzare il trasloco, però si. Torniamo a stare in Italia.»
«Sono felice di sentirlo.» mi abbraccia forte ed io ricambio ma veniamo interrotte dal clacson. «Ecco Nina. Questa è la copia delle chiavi dell'auto. La lasciamo al solito posto in aeroporto. Mi raccomando non lasciarla lì un mese come l'altra volta.»
«No mamma.» sbuffa.
«Mamma, ti vuoi muovere?!» entra Nina, infuriata. «E voi che ci fate qui?» ci guarda stupita.
«Torniamo in Italia.»
«Sono felice per voi.» da un abbraccio e un bacio ad ognuno. «Ma ora andiamo che perdiamo l'aereo.» esclama guardando l'orologio sul polso.
Dopo svariati saluti, baci e abbracci, se ne vanno.
«Mamma, me lo dai il mio Doudou?»
«Tieni Mimì.» le do il suo pupazzetto e lei si siede sul divano, accucciandosi sul bracciolo.
«Siete stanchi?»
«Un po'.» sbadiglia Lucrezia.
«Andate a riposarvi.» Igna guarda Martina che è crollata sul divano. «Dove vi ha sistemato mia mamma?»
«Io e Martina in camera di tua sorella e Tia nella camera degli ospiti.» spiega Lucrezia.
«La porto in camera.» mi piego per prendere la bimba ma Ignazio mi precede.
«Ma quindi voi due...?» Mattia ci guarda curioso.
«Noi due, vai a riposarti e fatti i cavoli tuoi!» lo guardo male.
«Nervosetta...!» si guarda un attimo intorno, blocca gli occhi – per un attimo – sulla sorella che dorme, e poi decide di parlare. «Pensaci tu zio! È agitata.» era meglio se stava zitto.
«Oh ma la smetti?!» lo fulmino con lo sguardo, mentre Ignazio ride. «E pure tu! Che ridi?! Non gli dare corda.»
«Porto la bimba a letto, è meglio.» se la sistema meglio tra le braccia e – ridendo – sparisce.
«Vado in camera zia perché sono distrutta.»
«Certo tesoro.»
«Vado anche io. Siete da soli, approfittatene.» Mattia mi fa l'occhiolino.
«Se non la smetti ti prendo a calci nel culo, da ora fino al prossimo anno. Mi hai capito bene?» indurisco lo sguardo, e anche il tono della voce.
«Va bene, come non detto. Sei la mia zietta preferita.»
«Vai a letto, cretino! Sono l'unica zia che hai.» sghignazza e poi sparisce in camera.
«Non ci arrivo ai suoi 18 anni se continua così.» sospiro e raggiungo Ignazio. Lo vedo finire di sistemare Martina nel letto, la copre, accarezza i capelli ad entrambe e chiude la porta alle sue spalle.
«E te che ci fai qui?» mi guarda con un sorriso.
«Niente. Ti aspettavo.» annuisce felice.
«Vado a vedere se Mattia ha bisogno di qualcosa, vieni?»
«No, vai tu. Altrimenti oggi va a finire che lo strozzo.»
«Perchè?» ride.
«Dopo ti dico. È un problema se mi riposo un po' anche io? Sono distrutta. Martina in aereo ha fatto il diavolo a quattro.»
«Ma certo. Vai, io ti raggiungo subito.» annuisco e vado in camera sua. Mi chiudo la porta alle spalle e la prima cosa che faccio è quella di slacciarmi i jeans ottenendo immediatamente una sensazione di libertà, che si va mano a mano ampliando quando li sfilo dalle gambe e quando – soprattutto – mi slaccio il reggiseno. Mi volto e alla mia destra noto la mia valigia, Caterina è sempre attenta e premurosa.
«Non la disfare ora!» la voce di Ignazio mi fa trasalire. Non l'ho nemmeno sentito entrare. «Tieni.» mi passa una maglietta sua, una di quelle gigantesche.
«Grazie.» mi alzo e – dandogli le spalle – mi spoglio, tenendo solo gli slip. Infilo la sua maglietta e lo raggiungo sul letto.
«Vieni qua.» sussurra e mi fa posare sul suo petto dove chiudo gli occhi. Adesso sono in pace con il mondo. Sospiro estasiata quando mi accarezza ripetutamente i capelli con calma. «Che ne dici se stasera andiamo a mangiare fuori? Ne hai voglia?»
«Va bene.» sussurro con gli occhi chiusi.
«La bimba continua a chiamarti mamma.»
«Si...» mormoro pensierosa.
«E cosa c'è che non va?»
«Mi sembra di mancare di rispetto a Valeria, come se le volessi portare via sua figlia. Mi sento in colpa.» ammetto.
«Non è stata Valeria a lasciarli in affido a te, d'accordo con gli assistenti sociali?»
«Si... e ha persino firmato un testamento dove lasciava a me la responsabilità genitoriale.»
«Allora quale è il problema? Non le stai rubando niente. Tua sorella non era cattiva, ma si è rovinata la vita da sola, e ne era consapevole. Per questo ha deciso di lasciarli con chi sapeva che li avrebbe cresciuti al meglio.» mi accarezza un po' il collo, un po' i capelli.
«Da una parte lo so anche io che è stata una scelta anche sua, ma dall'altra non posso farne a meno.»
«Datti tempo!» mormora prima di stamparmi un bacio in fronte. «Cambiando discorso, cosa ha combinato Mattia?»
«Si sta prendendo un po' troppe libertà, e scherza con me come se fossi una sua amica.» sbuffo.
«Avete sempre parlato di tutto, è normale che faccia così.»
«Si ma insomma, sono sua zia.»
«Non è quello il problema e lo sai.»
«E quale sarebbe? Sentiamo un po'?!»
«Semplicemente ti imbarazza sentirlo parlare di sesso.»
«Beh, se intende me, te e sesso nella stessa frase, si, mi imbarazza.» sbuffo sempre più lentamente. Una sua risatina gli risuona nel petto, i movimenti dolci delle sue mani tra i capelli mi portano ad addormentarmi.


Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora