- Ahhh.
Prese un respiro a galla, ma subito un'altra onda la inghiottì, riempendole i polmoni di acqua salmastra. Cercò di muovere gambe e braccia per non affondare, ma sembravano bloccate. Sentiva un grosso peso che la trascinava sul fondale, era troppo stanca per ribellarsi. Da più di un'ora lottava contro le onde gelide senza alcun risultato.
Sentì degli aghi di ghiaccio penetrarle la pelle, il freddo la stava uccidendo. Senza più fiato nel petto si arrese e si lasciò rapire dalle grinfie del mare.
Si sentiva sconfitta, era stata privata del suo più grande talento. Nuotare era la cosa in cui riusciva meglio ma, proprio nel momento in cui sarebbe servito a salvarle la vita, l'aveva abbandonata.
Il rumore che l'impatto delle onde aveva provocato sulle sue orecchie veniva sostituito dal silenzio dei fondali marini, mentre scendeva sempre più in basso inerme.
Sentì una mano afferrarla per un braccio.
Poi perse i sensi e la cognizione del tempo.
*Tik tik tik*
Sentì dei piccoli pizzicotti sul braccio. Sentiva il viso scottare. Aprì gli occhi in una piccola fessura, ma li richiuse subito dopo accecata dal puntino luminoso che illuminava il cielo sopra di lei. Raccolse le forze e si mise a sedere, senza aprire gli occhi. Affondò le dita nella sabbia asciutta, poi socchiuse le palpebre. Era seduta su una spiaggia, completamente asciutta, tranne che per l'orologio ormai rotto dal quale uscivano acqua e piccole alghe.
*Tik tik tik*
Il formicolio sul braccio tornò e lei girò la testa infastidita. Un paguro le si era appoggiato sopra e le stava pizzicando la pelle. Lei lo prese in mano e quello si nascose subito nel suo guscio, spaventato. La ragazza sorrise, poi lo lanciò in mare.
Si alzò e si scrollò via la sabbia di dosso. Lanciò un'occhiata intorno. Conosceva quella spiaggia. Intorno a lei non vedeva nessuno, non capiva chi potesse averla salvata. Era convinta che sarebbe annegata.
In realtà, ora che ci pensava, non ricordava nemmeno come fosse finita in mare aperto.
Guardò i suoi vestiti, ormai ridotti a degli stracci. Si alzò in piedi e si rese conto di avere le scarpe zuppe, così se le tolse e cominciò a percorrere la costa scalza, con i piedi sulla sabbia calda.
Non aveva idea di dove stesse andando, ma le sue gambe si muovevano da sole e la guidavano inconsciamente. Era sicura di conoscere quel posto.
Si fermò davanti a un grande edificio alto cinque piani. Non appena lo vide il suo cuore si appesantì e la travolse un'onda di malinconia e repulsione. Guardò l'insegna sulla porta del cancello: "Orfanotrofio Cuori Uniti - Wellington".
Improvvisamente la sua mente fu attraversata da immagini veloci.
Una donna che si allontanava dall'uscio di una porta.
Lo sguardo triste di un ragazzo.
Un urlo.
Riaprì gli occhi spaventata e si rese conto che stava urlando.
Corse via da quel posto, le emanava sentimenti orribili.
Si fermò col respiro affannoso, l'ansia la assalì.
Non aveva idea di cosa le stesse succedendo, ma si sentì come la notte in cui stava annegando. I suoi occhi schizzarono da una parte all'altra, non sapeva dove andare, non sapeva cosa fare.
Individuò uno stretto vialetto roccioso che riconobbe condurre a un piccolo parco lì vicino. Passeggiò lentamente lungo il sentiero di abeti rossi e si andò a sedere su un'altalena all'ombra di un'alta quercia, dove ricordava di essere stata molte volte. Si tranquillizzò, l'ansia scomparve e riprese il controllo dei suoi pensieri. Fece un respiro profondo e si fermò a pensare.
Non ricordava nulla. Se aveva una casa. Se aveva una famiglia. Se aveva degli amici.
Spalancò gli occhi allarmata non appena si rese conto di avere un grosso dubbio.
Chi era lei?
Si sbilanciò improvvisamente rischiando di cadere dall'altalena: qualcuno l'aveva spinta. Si aggrappò in un lampo alle funi e cercò di fermarsi. Quando scese si voltò arrabbiata senza neanche far caso a chi l'avesse spinta:
- Si può sapere cosa ti è saltato in mente?! Potevo cadere e farmi male sul serio! Ma vedi un po' con che razza di deficienti devo avere a che fare!
Quella di fronte a lei era una ragazza scura, i capelli le arrivavano poco sopra le spalle in boccoli neri. Incrociò arrabbiata il suo sguardo, profondo come l'abisso del mare. Lei non sembrava essersi offesa:
- Scusa, ti ho vista qua tutta sola con lo sguardo perso nel nulla e ho pensato che ti servisse una piccola spintarella per svegliarti - sorrise, delineando due fossette agli angoli della bocca - Piacere, Crystal Smith. Non ti ho mai vista da queste parti, eppure mi ricordi qualcuno. Eri già stata qui in passato?
Il suo broncio cominciò a sparire leggermente, ma continuava a essere diffidente:
- Io, ehm... sì, penso di essere già stata qui. Cioè... sì, ci sono stata.
Non era certa di quello che stava dicendo.
- Ok... e, ehm, da dove vieni?
- Io... - non ne aveva idea, così improvvisò - Vengo da Sidney.
- Oh, anche mio fratello Simon vive a Sidney! Vai anche tu al CSIEHS?
- Scusa... al cosa?
- Al CSIEHS: il Central Sidney Intensive English High School. È il liceo più famoso di Sidney. Abiti lì e non lo conosci?
- Io... certo sì, lo conosco, è che sono qua da parecchio e non ricordo molto di Sidney.
- Capisco, allora sono io che non ti avevo mai incontrata. A proposito, com'è che ti chiami?
Entrò nel panico, cosa poteva risponderle?
- Ehm... Alice («Elis»). Alice Hamilton.
Se avessero scoperto che quello non era il suo vero nome, si sarebbe cacciata nei guai.
- Ok, è un piacere Alice. Ti dispiace se ti offro un gelato per farmi perdonare dalla spinta?
- No, certo che no.
Continuava a essere diffidente, ma non voleva dimostrarsi scortese. Così la seguì fino a un chiosco lì vicino e la ringraziò per il gelato.
- Sei stata gentilissima Crystal, grazie, ma ora devo proprio andare.
- Perché? Devi fare qualcosa di urgente?
"Ma gli affari suoi mai?" pensò lei.
- Sì, devo sbrigare una commissione urgente - rispose fredda.
Voleva allontanarsi il più in fretta possibile da quella ragazza, le aveva raccontato fin troppe bugie e sapeva che non avrebbero retto a lungo.
- Capito. Ci si vede in giro allora!
Non fece in tempo a salutarla con un gesto della mano che comparve un ragazzo da una stradina lì accanto.
- Hey Crys, che ci fai qua? Pensavo che stessi festeggiando la vittoria insieme ad Annabeth ed Emma.
La sua voce. La voce di quel ragazzo.
Si bloccò.
Lui la notò girata di spalle mentre si allontanava:
- Ciao. Crystal, conosci questa ragazza?
- Sì l'ho conosciuta oggi al parco, è di Sidney.
Lei si girò lentamente. Poi incrociò il suo sguardo, lui il suo.
Furono i due secondi più intensi della sua vita. Una valanga di ricordi la sommerse, mentre continuava a guardare quegli occhi azzurri come il cielo.
Lui la guardò allibito, quasi più di lei.
Sentì i suoi sensi svanire e mentre si accasciava a terra udì solo una parola affiorare dalle labbra del ragazzo:
- Lizzie.
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Moyasamu 2
Paranormal⚠️Prima di leggere questo libro è necessario leggere "Moyasamu"⚠️ "Fa più male quando un sogno viene infranto, più che quando non viene realizzato" Annabeth pensava di aver finalmente raggiunto la felicità, ma un nuovo imprevisto piomba inaspettatam...