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— ESME —

Mi parve di non respirar più. Essere in completa apnea.
Il fiato veniva a mancare.
Il cuore pulsava, ma io non l'udivo.
Il mio intero corpo tremava in reazione alle spinte di velocità.

Ebbi persino paura di andar addosso agli altri piloti o che loro lo facessero. Tutti andavano come dannati e Riva non è stato da meno anche se al primo giro mi ha quasi fatto prendere un infarto.

Dopo però mi sono sciolta e adattata alla sua guida.

Nel complesso la definii un'esperienza spericolata, ma fantastica. Se non fosse per i suoi polpastrelli sulle mia pelle.
Mi fece rabbrividire.

La prima volta mi scostai, poi sopportai trovandoci pure piacere. Era così delicato, attento...

Comunque la prova venne sospesa circa verso le nove per una balla di paglia a protezione del tracciato che prese fuoco dopo esser stata colpita da un petardo.

Noi allora decidemmo di andarcene e una volta arrivati nuovamente ai box, decidemmo di incamminarci verso il villaggio – dove Alexio sarebbe passato a prendere Marisol.

«Come fate ad andare in quel modo?»
Andres rise spavaldo. «Facile. Bisogna provare la macchina di frequente in strade differenti e a diverse velocità per vedere come risponde a ogni impulso che potrebbe incontrare» spiegò poi, scoccandomi un'occhiata eloquente – come ad alludere che lo stesso era con le donne.

«Sei disgustoso.»
«Grazie Esmeralda.»

Lo ignorai e passai avanti, insieme ad Alexio che mi prese sottobraccio con complicità. «Non preoccuparti. Lo dice solo per attirar l'attenzione.»
«E ci riesce alla grande.»

Dissi quella frase con un po' di delusione. Io non volevo più provare nulla per nessuno eppure...in quel momento, girandomi un secondo per mirare Riva di sottecchi, capii che non mi sarebbe mai stato possibile scappare dal mio cuore.

Serrai le palpebre e voltai di nuovo. Seguii il passo di Vega e presto arrivammo a destinazione. E proprio lì, davanti all'entrata della biglietteria, Marisol stava chiudendo per uscire.

Ci sentì arrivare e non appena vide Alexio, sorrise.
«Hola» alzò una mano.
Lui inscenò un inchino. «Hola chica.»

Pedro e io non dicemmo nulla. Andres invece emise un piccolo ghigno.
Lo fulminai leggermente, chiedendomi che avesse da ridere. Ma lui non fece intendere nulla; si limitò a fissarmi e ciò mi costrinse ad abbassare lo sguardo.

«Vamos?» chiese allora Marisol.

Indossava un vestitino lilla che le arrivava poco sopra il ginocchio, accompagnato a un paio di stivali alti neri con un piccolo tacco e una giacca di pelle abbinata. I capelli sciolti le cadevano leggeri lungo tutta la schiena.

«Certo. Prendiamo la macchina» fece Hernández.
Nessuno ebbe da ridire e allora andammo al SUV che stava esattamente dall'altra parte della strada; e salimmo. Il mentore ingranò la marcia.

«Allora, che avete fatto oggi?» domandò la giovane guardandoci in generale.

Eravamo in tre dietro: io, Andres e lei. Mentre Hernández e Alexio stavano davanti. Quest'ultimo si prese la briga di rispondere: «Siamo appena usciti dalla prova spettacolo.»
«OH, che figata!»
«Già. Mi spiace te la sia persa.» Vega allungò una mano e le sfiorò la mano per consolazione.
Marisol fece spallucce. «Amen. Sarà per la prossima volta.»
«Si, non preoccuparti» mi intromisi io.

Lei annuì accennando un sorrisino all'angolo di quelle sue labbra carnose e rosee, poi cambiò argomento. «OH, Pedro, gira qui a destra. C'è un locale carino.»
Il couch dei ragazzi fece un cenno.

CRASH | Errore di PercorsoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora