27. Yes, of course I will my darling

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Eron

Mi avvicinai e gli porsi i vestiti.
«Sono in bagno a cambiarmi, fallo anche tu»
Andai in bagno e quando tornai Morwen era in piedi, con la mia maglietta nera indosso che le arrivava quasi alle ginocchia, quando lasciò andare la vita della tuta che teneva tra le mani cadde a terra, le stava troppo larga in vita, fissò la tuta che si arrotolava intorno alle sue caviglie nude con sguardo accigliato, ci riprovò, visibilmente assonnata, ma la tuta ricadde, non riuscii a far meno di ridere, alzò lo sguardo su di me e mi trafisse.
«Mor, non ti sta è inutile» dissi provando a non sghignazzare.
Indietreggiò fino al letto e se la sfilò, il bicchiere d'acqua sul comodino era vuoto e la pillola non c' era più.
Mi avviai verso la poltrona vicino al letto e presi una coperta.
«Dormi là?»
«Si»
Si mise sotto le coperte e nel mio letto una cascata di capelli neri si aprì formando un ventaglio sopra le lenzuola.
Mi guardava ancora accigliata e non si decideva a chiudere gli occhi.
Poggiai la testa sulla mano iniziando a chiudere gli occhi.
«Hawk scalcia quando dorme» spiegai.
Ancora non chiudeva gli occhi, la guardai a lungo, poi chiusi gli occhi stanco.
«Posso dormire nel divano, non è un problema»
«Resta»
Aprii gli occhi di scatto esaminandola.
«È la prima volta che bevi, vero?»
Mi misi più attento.
Mi guardò ma non rispose, si stringeva le mie lenzuola al petto.

Ricordavo bene la prima volta che ero stato ubriaco, ero certo fosse una cosa oggettiva, forse Hawk bevendo poteva un attimo riposarsi e non pensare, invece per me bere era stata un riacotutizzazione dei ricordi, quella volta non ero riuscito a chiudere occhio perché terrorizzato, il mio corpo era stato ancor più in stato di allerta essendo poco lucido.

Mi avvicinai a lei e le accarezzai i capelli d' istinto.
«Non me ne vado, domani sarà già tutto passato, promesso»
Le sorrisi, e il suo sguardo tutt' altro che sereno mi spezzò il cuore. Le sorrisi e tornai nella poltrona davanti al letto.
Dal primo momento in cui era iniziato il nostro inferno avevo avuto l' istinto di proteggerli, come un fratello maggiore, come lui aveva precedentemente sempre fatto con me.
Anche se ci eravamo protetti a vicenda, io li capivo, solo noi potevamo capirci l' un l' altro e ciò mi spingeva a proteggerli, sempre, nessuno avrebbe dovuto toccarli o ferirli, mai più.
Mor ne faceva parte, delle persone che avevo l' istinto di proteggere.

Chiusi gli occhi e mi addormentai, i suoni si fecero ovattati, poi un rumore mi svegliò.

Spalancai gli occhi ed esaminai la stanza, sopra le lenzuola non c' era più il ventaglio di capelli scuri, erano le quattro e mezza del mattino e Mor era davanti i cassettoni, la maglietta nera le arrivava quasi alle ginocchia, mostrando tutte le gambe fino all' inizio delle cosce, la pelle chiara andava in risalto con i suoi capelli e la maglietta, sentii il primo cassettone chiudersi, mi alzai e la bloccai.
Si voltò verso di me e deglutii fermandomi sul posto.
«Ti prego di non frugare tra le mie cose»
Abbassò lo sguardo e mi superò.
«Scusami»
Il pavimento era gelido.
«Hai fatto un incubo?»
Non rispose.
I suoi occhi mi trafissero sul posto.
«Mi conosci solo vagamente, Eron» disse con fermezza e un po' di amarezza.
«Non capisco perché mi fai dormire nel tuo letto quando preferiresti che tra quelle lenzuola ci fosse Chloe, o Alya»
Mantenni la calma, affermazione più fasulla non poteva dirla, nel mio letto non volevo di certo loro.
«Vedo che la sbornia ti è passata»
Continuò a trafiggermi con lo sguardo.
«E non capisco cosa c' entrano Alya o Chloe in questo momento»
Si avvicinò a me, ci separava un metro scarso.
«Hai mentito a Chloe, hai mentito a me, e a te»
«Non mi fido di Chloe, per quanto sembri una ragazza dolce e affidabile, la mia vita privata non è affar suo»
Ruotò la testa di lato, come per interrogarmi.
«Ma ho sbagliato a negare il nostro rapporto, ne sono consapevole»
«Perchè lo hai fatto?»
Mi accigliai e mi persi nel suo sguardo, dovevo inclinare di poco la testa per poterla guardare anche se evidentemente alta.
«Sei importante, non dico cosa è importante a chiunque, anzi a nessuno, se te lo devo esplicitare. Ciò che è importante è una debolezza»
Sospirai.
«Ho avuto l' istinto di negarlo, di proteggerci»
I suoi occhi erano ancora così in conflitto.
«E non capisco cosa c' entra Alya-»
«All' inizio ti disgustavo, mi odiavi» i suoi occhi si accesero di emozione, si illuminarono e presero fuoco, questa era Mor.
«Preferivi stare con Alya che con me, come se lei fosse la miglior compagnia invece io fossi tossica per te»
Il mio cuore iniziò a battere più velocemente.
«Ti conosco Eron. Riuscivo a sentire l' odio che provavi per me»
L' aria iniziò a farsi pesante.
«Ti disgustavo.»
Lei non tremava, non traballava, mai, eppure vidi tutto il dolore che stava provando.
Sentii qualcosa smuoversi nel mio petto, tremare e finalmente muoversi, prendere vita, arrivò la consapevolezza che non riuscivo più a mentirle, non lo avrei fatto.
«Mi disgustava, Morwen, vederti vuota, non ti vedo da sei anni e quando riappari sei magra, pallida, con gli occhi vuoti e maledettamente sofferente! Si, vederti in quel modo mi ha disgustato, ero arrabbiato, pensavo di esserlo con te ma ero solo arrabbiato perché ti sapevo felice in Canada, ero arrabbiato e disgustato perché la Mor con cui sono cresciuto non c' era più, qualcosa o qualcuno l' aveva spezzata, ed io in tutto quello dov'ero stato?» presi fiato.
«Ero deluso da te, perché avevi lasciato che il dolore ti facesse questo, tu, la bambina più forte e maledettamente invincibile che avessi mai conosciuto, so che non ne avevo il diritto ma mi ha comunque mandato fuori di testa vederti così e vederti qui. Tu non dovevi essere qui, dovevi trovarti in Canada, lontana da questa città, da Keith e Victoria, lontana da ciò che sto pianificando di fare, lontana da me.»
Scossi la testa.
«So di averti fatta soffrire, ti ho rigettata, allontanata, so che tu pensi che ti odio»
Mi avvicinai ancora, con l' istinto di mettere in contatto le nostre pelli ma non lo feci, non mi azzardai.
Allungai la mano e mi agganciai al bordo della sua maglietta invece.
«Era questo che volevo dirti a casa tua prima della Ballata, mi dispiace Morwen, mi dispiace da morire, voglio che tu sappia che l' amore e l' odio sono troppo simili, a volte indistinguibili. E che tu, rimani sempre la mia famiglia, lo rimarrai per sempre, non posso negarlo a me stesso»
I suoi occhi divennero lucidi, guardò la mia mano agganciata al bordo della sua maglietta, come lei aveva fatto con me più di dodici anni prima, il nostro primo legame, rapporto, lo aveva creato lei con quel gesto.
Indietreggiò fino a che la sua schiena non si scontrò contro la parete e si sedette per terra, la imitai e andai a finire dall' altro lato della stanza.
«So che chiedo molto, ma posso essere tuo amico, North?»
Sgranò gli occhi.
«Ti ricordi ancora il mio secondo nome?»
«Certo che lo ricordo, Morwen North Oak,» recitai il suo nome per intero.
«ricordo che inizialmente ci tenevo tanto a impararlo, volevo... Starti simpatico e ricordarmi il nome della prima persona che mi aveva parlato arrivato in orfanotrofio»
Sentii chiaramente le mie guance arrossire, abbassai lo sguardo.
«Ricordo tante cose, tanti particolari che ancora oggi non posso scordare, hanno segnato la mia infanzia»
La guardai, dall' altro lato della stanza, poggiata alla parete, e lei guardò me.

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