Capitolo Otto - Seme Cattivo

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Sì, nato da nessuna famiglia,
nato da nessun credo
Sì, cresciuto da uno sciacallo,
cresciuto da un seme cattivo
Faresti meglio a guardarti intorno
Prima di toccare terra
Non darmi litigi, la vita è tutto un crimine
Come un diavolo in scadenza
Ti manderò giù

Demon Fire - ACDC


Quel brusio fastidioso mi faceva formicolare le dita, la voglia di alzarmi e tirare un pugno a ognuno dei presenti era palpabile. Ma rimasi immobile, come una statua di cera, con in viso una rabbia che non provavo, o almeno, non la provavo per quello che pensavano le persone davanti a me.

«Serenusa ci ha traditi!» stava sbraitando Salvo, ripetendo come un pappagallo le parole di Francesco.

Quest'ultimo batté un pugno sul tavolo e la mia mascella ebbe un guizzo che non riuscii a frenare. Se lo avesse fatto di nuovo, c'erano alte probabilità che gli avrei staccato la mano.

Eravamo nel nostro ritrovo, la villetta posizionata proprio su via Messina Marine. Il cielo era azzurro e il sole alto nel cielo faceva risplendere il mare. Ero seduto a capotavola in attesa che si calmassero un po' gli animi.

«Come minchia è possibile che tutti i suoi sono liberi e tre dei nostri sono dentro?» Mio fratello aveva detto quelle esatte parole una quantità di volte troppo alta per riuscirne a tenere il conto.

Li avevo lasciati sfogare fino a quel momento, ma cominciavo a pentirmene amaramente perché le mie orecchie non riuscivano più a sopportare le loro voci. Tre sere prima la SYS aveva mandato a monte lo scambio di droga con i narcotrafficanti. Quando avevo visto Lara gettarsi addosso a quegli uomini privi di scrupoli, coraggiosa e sicura, avrei voluto mettermi comodo e godermi lo spettacolo. Invece avevo fatto la parte del boss e avevo dovuto improvvisare quando quel coglione di mio fratello le era corso incontro come un bulldozer. Sperai che Lara avesse letto l'angoscia nei miei occhi mentre pronunciavo quelle parole che ancora sentivo amare sulla bocca.

«Sappiamo benissimo quanto a quella lurida puttana piaccia aprire le gambe a quelli come noi» ed ecco che mio fratello lanciava la sua provazione giornaliera, quella fatta per sondare la mia reazione. «Non ci è riuscita con te e adesso ci prova con Serenusa, devono essere per forza d'accordo» disse guardandomi.

Dovetti mordermi la guancia fino a sentire il sapore metallico del sangue, per non alzarmi e strappargli la lingua per aver osato parlare di Lara in quel modo.

«Se avete finito» pronunciai con una calma letale. «Siete pregati di sedervi e stare zitti, non riesco a sopportare più le vostre voci.»

Tutti si sedettero subito attorno al tavolo e non fiatarono. Mio fratello mi guardò serrando la mascella e io lo scrutai con sfida, volevo vedere se aveva il coraggio di contraddirmi dopo che l'ultima volta che lo aveva fatto gli avevo spaccato la testa sulla balaustra del porticato.

Quasi mi trovai deluso quando si accomodò anche lui, alla mia destra.

Incrociai le mani sopra il tavolo. «Ho parlato personalmente con Serenusa, e quello che è successo lo ha quasi spinto a non fare più affari con noi» spiegai, scandendo bene ogni parola per fare in modo che arrivasse ai loro cervelli ottusi. «L'ho persuaso che non era conveniente per nessuno, sa benissimo che le maggiori piazze di spaccio sono nelle nostre mani e che collaborare con i Mersiglia è un onore che non concediamo a chiunque.»

Li guardai a uno a uno, nascondendo il disprezzo che provavo. Loro mi fissavano come se fossi un dio e questo non faceva altro che far crescere il mio disgusto verso ognuno di loro.

«Carlo Serenusa non ha alcun interesse a far finire in carcere i nostri uomini, quindi, prima di parlare, vi pregherei di collegare il cervello alla bocca.» Non degnai mio fratello neanche di uno sguardo, ma sapevo che lui aveva capito, che le mie parole erano dirette principalmente a lui.

SYS 3 - La società degli splendenti. Capitolo finaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora