7. Siamo nulla e siamo tutto

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Per tutta la sera non dissero una singola, piccola, insignificante parola. Non fecero nulla: arrivati in casa di Barto posarono borsa e chiavi su un tavolo, si tolsero le scarpe, si misero a sedere sul divano, si coprirono con una trapuntina messa lì e... basta.

Barto guardava il vuoto.

Susanna non faceva che frenare il dolore che sentiva di riflesso dal suo amico.

Si fece mezzanotte.

Poi le tre.

Le sei.

Alle sette del mattino lo smartphone di Susanna suonò la solita sveglia.

«Devi andare?»

«Chiamerò per prendermi un giorno»

«Di cosa ti occupi?»

«Al momento sono in un team per il restauro di una biblioteca»

«Interessante»

«Abbastanza»

«Susanna?»

«Sì?»

«Sono solo»

Lei si mise a sedere ben dritta e lo fissò negli occhi.

«No»

«Invece sì»

«Lei era l'amore della tua vita, ma non è l'unica persona ad amarti e, Barto, so bene che non è l'unica persona che tu ami»

«È l'unica per cui vale la pena vivere»

Lo colpì in viso. Forte.

Si alzò di scatto, afferrò la sua borsa, prese in mano le sue scarpe e fuggì da quell'appartamento.

Scesa in strada, cercò goffamente le chiavi dell'auto nella borsetta e, non appena riuscì a guadagnare l'abitacolo, scoppiò in un pianto disperato.

Da dodici ore tratteneva il dolore. Le aveva chiaramente detto che non voleva vivere: come poteva lei sopravvivere in un mondo in cui lui non volesse più esistere? Come poteva l'unico vero amico che avesse mai avuto soffrire così tanto? Perché non poteva alleviare il suo lutto e farsi carico del suo dolore? Perché non poteva guarirlo?

Barto.

Era stato tutto per lei. Tutto. Improvvisamente era diventato niente e ora, altrettanto d'improvviso, era tornato a essere tutto.

Toc toc

«Scusami»

«Di cosa esattamente?»

«Per averti fatta piangere»

«Tu non piangi mai?»

«Provo a non farlo. In questi giorni è difficile»

«Io invece piango sempre. Ma quasi mai mi dispero. Però tu, Barto, sei la mia disperazione»

«Lo so»

Aprì la portiera e scese dall'auto.

«Ti va di fare colazione?»

«No, mi va solo di dormire. Credo andrò a casa a riposare»

«Perché non ti fermi qui?»

«Perché ho bisogno di fare spazio dentro di me»

«Spazio per cosa?»

«Per il tuo dolore, Barto. Vorrei così tanto prenderlo su di me e liberarti. Ma non ci riesco»

«Non puoi farlo, Su»

«Sì che posso, l'ho sempre fatto»

«Non ho mai perso una moglie, però. Ora è diverso»

«Io ce la posso fare, te lo prometto»

«Facciamo un patto, vuoi?»

«Dipende!»

«Tu non proverai a farmi sentire meglio; io proverò a sentirmi meglio. E...»

«E...?»

«Non lasciarmi solo per ora. Sali per un caffè?»

Susanna era frastornata. Voleva davvero che Barto stesse bene e sapeva di non poter fare nulla per lui. Non poteva che accettare la propria impotenza.

«D'accordo. Poi posso fare un pisolino?»

«Puoi farti anche una bella dormitona se vuoi»

****

Dopo cinque ore di sonno, non esattamente ristoratore ma necessario, Susanna uscì dalla camera da letto dell'amico e trovò Barto di fronte alla TV: guardava il filmato di una festa tra amici, in cui lui e Matilde avevano gli stessi accessori della foto appesa alla parete... era il filmino del loro matrimonio.

Susanna restò senza fiato: se stava vedendo quel video, quando due giorni prima non riusciva neppure a guardare la gigantografia, forse era sulla strada giusta per l'elaborazione del lutto.

«Un brindisi a... Susannaaaaaaa! Che prima o poi ti ricordi di tornare dal tuo amico!»

Cosa?!

Dallo schermo della TV un perfetto sconosciuto brindava a lei e al suo ritorno?

«Susanna, qui manchi solo tu!» Matilde si rivolse sorridente direttamente alla telecamera e le inviò un bacio.

«Tesoro, non vedo l'ora di rivederti». Anche Franca partecipava all'appello.

Poi l'inquadratura cambiò: non più il centro del grande giardino pieno di giovani alticci e allegrotti, ma un tavolo distaccato dal resto, un silenzio che solo in lontananza carpiva la musica e le grida felici della festa. La fotocamera accesa da chi si allontanava per prendere posto su una sedia di fronte. «Sei la mia più cara amica. Mi manchi tanto, soprattutto oggi. Avrei voluto condividere così tanto con te! Quando ho conosciuto Matilde ero pieno di dubbi: è così diversa da me! Mi avresti consigliato per il meglio, lo so. Ora mi dirai che me la sono cavata bene anche da solo: sì, è vero, ma solo perché Matilde è speciale. Ma sei speciale anche tu, lo sei per me. Lo so che ti sei sentita ferita, lo so che hai pensato che tenerti nascosto il tradimento di Fabio sia stata una gran bastardata, ma l'ho fatto per tanti motivi, devi credermi, tanti. Non in ultimo, l'ho fatto per te: sapevo che la nostra amicizia avrebbe rischiato di spezzarsi, ma non potevo rischiare che tu ti odiassi per non esserti accorta di nulla. Non era una cosa che io potessi sopportare. Avresti odiato me, ok, ma non te stessa e tanto mi bastava. Scusa se piango, non piango mai, ma... vedi... nessuno ha mai creduto a noi, tutti hanno sempre pensato che tra di noi ci fosse qualcosa di sentimentale, di sessuale magari. Ah, che ridere! Tu sei una parte di me, mi manca un pezzo se non ci sei. Ma invitarti oggi era fuori discussione: non avrei sopportato un tuo rifiuto o una tua mancata risposta. Forse saremmo stati a disagio anche se avessi accettato l'invito. Ma io ti aspetto, amica mia. Ti aspetto perché non sono che tu. Ti voglio bene. A presto» si alzò e spense la telecamera.

«Non sono che tu» lo sentì sussurrare, mentre lei gli stava alle spalle. Poi spense il video e Barto vide il riflesso dell'amica dallo schermo ormai nero.

«Da quanto sei lì?»

«Abbastanza direi»

«Sei shockata?»

«Sono... non capisco, Barto. Che vuol dire tutto questo?»

«Davvero vuoi che te lo racconti?»

«Da giorni persone che non conosco abbassano le orecchie e fuggono come cagnolini impauriti quando mi vedono accanto a te, il tuo anziano vicino di casa sa chi sono, tua moglie mi ha scritto una lettera prima di morire... ho davvero voglia di sapere che cazzo hai raccontato a tutta questa gente»

«Sei arrabbiata?»

«Sono inquieta»

La seconda vita di BartoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora