13. Uno schiaffo ferisce meno

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Dopo una giornata di lavoro distratto, Susanna non aveva voglia di altro se non di rivedere Barto: si domandava infantilmente se non si fosse inventata tutto, ma poi si accorgeva che la sua biancheria aveva impresso l'odore di lui e questo la faceva sorridere nella mente.

Alle 18:00 staccò dall'ufficio e corse a casa dell'amico... del fidanzato... non sapeva ancora bene come doverlo definire, se mai ci fosse stato bisogno di una definizione per loro che le rifuggivano da sempre.

Le aprì la porta salutandola a malapena con un "ciao" e voltandole le spalle per sparire in camera da letto.

«Che ci fai qui?» Quasi le gridò dall'altra stanza.

Cavolo, quella domanda la lasciò di sasso.

«Io... sono venuta a trovarti. Ho fatto male?»

«Beh, potevi chiamare prima, così ti avrei detto che stasera ho il calcetto con i ragazzi»

«Il calcetto? Ti invitano da una vita, non sei mai voluto andare!»

«Infatti! Stasera invece ci vado» disse mentre correva di qua e di là per la casa a raccattare magliette, scarpini, asciugamani da infilare in un borsone nuovo di pacca.

«Ah ok... bene. Allora forse è meglio che vada»

«Eh, tanto sto per uscire»

Susanna rimase di stucco. Doveva parlare, non poteva fare finta di niente e andarsene con la coda fra le gambe. «Certo però... è strano, no?»

«Oddio, Susanna... "è strano" cosa?»

«Che tra le mille sere tu abbia scelto proprio questa per unirti a loro»

«E questo che vorrebbe dire? Sentiamo!»

«Ok, me ne vado: non intendo cadere in questo tranello da quattro soldi»

«Oh, Susanna, datti una calmata! Sto solo andando a passare una serata con gli amici! Non vorrai già iniziare con le rotture di palle da fidanzatina gelosa?! Che problema c'è? Che non ti ho avvisata del calcetto?!» E mentre diceva questo la raggiunse vicino alla porta, davanti alla quale meno di 24 ore prima si erano lasciati andare a confessioni importanti.

«Qua il problema non è il calcetto e non è neppure il modo in cui mi stai parlando. Ti dirò di più: il problema non è neanche che abbiamo scopato. Qua il problema è che, di nuovo, c'è qualcosa di importante e tu non mi vuoi dire cosa!»

Dicendo così aprì la porta e, non appena uscita sul pianerottolo, gliela sbatté in faccia.

Scopato. Perché aveva usato proprio quella parola? Era stato travolgente, sì, ma non era certo stato volgare o superficiale o puramente fisico. Loro erano stati insieme in un modo che andava perfino oltre l'intimità di due innamorati. Loro avevano fatto l'amore.

Certo, non era stato cortese quella sera. Susanna aveva tutte le ragioni per arrabbiarsi. Le aveva mentito, ed era una cosa che non faceva mai. Odiava il calcetto: i suoi amici insistevano perché non sopportavano che stesse a casa a piangersi addosso dopo la morte della moglie, ma per lui era talmente ostico che una serata a guardare orripilanti talk show con Susanna era senza dubbio preferibile.

Susanna.

L'aveva ferita e lei, di rimando, era stata brusca. Ne aveva tutto il diritto.

****

Il giorno successivo non si fece sentire: dopo aver pianto tutta la notte Susanna non voleva affatto cedere alla necessità di sentire la voce di Barto, di sprofondare nel suo abbraccio consolatorio. Quello che più di ogni altra cosa temeva, si stava verificando: andare a letto con lui era stato il modo più facile e rapido per allontanare il ragazzo che le piaceva e perdere la persona più cara, in una sola mossa.

La seconda vita di BartoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora