1.8 ● QUANDO MI GUARDARONO MALE

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«Allora» Janine continuò la chiacchierata a tavola, «Vuoi fare la cheerleader?».

Mi fermai e guardai le mie gambe da sopra il seno. Feci di no con la testa. «Non ci vuole una lente di ingrandimento». Mi battei la mano sulla coscia. «Al primo volteggio spezzo quattro ragazze come voi».

Janine rise «Certo che sei forte. Che facevi di sport a Seattle?».

«Ero nel club di curling».

«Curling?» ripeté Juliet.

«Beh, è uno sport dove hai questa pietra in granito e~»

Lei mi interruppe, sventolando la mano. «Sappiamo cos'è il curling, solo è uno sport strano».

Allargai le braccia, rassegnata. «Lo so, ma siamo quasi a due passi dal Canada, e l'hockey e il curling sono gli sport che vanno per la maggiore, senza dover fare salti o correre. Per non parlare del golf. E non mi va molto di prendermi bastonate sulle gambe o di camminare al freddo. La cosa meno peggio che c'è era il curling. Però ho una buona mira».

Juliet scosse la testa «Qui però non abbiamo il curling. C'è cheerleading, atletica, tennis, badminton, volleyball, nuoto. Tutti sport da fare all'aperto» contò sulle dita.

Storsi il naso «Tanti sport dove c'è da correre. Ascoltare EL si può ritenere uno sport? In quello sono bravissima» sorrisi.

Janine si mise una mano sotto il mento «Credimi ci ho provato, ma il preside ha detto che non l'accetta».

«Lo immaginavo. Forse potrei provare col badminton. La pallina va lenta» suggerii.

Juliet batté le mani «Bene! Magari sei brava, abbiamo bisogno di sangue nuovo per~».

Della confusione proveniente dall'entrata della mensa la fermò.

«Prendilo!» gridò una voce da maschio piuttosto prepotente, dall'altra parte della sala.

Tutti si voltarono a guardare un ragazzo magro che stava correndo verso di noi. Altri tre, molto più grossi, gli stavano dietro e non sembravano avere buone intenzioni. Il tipo magro cambiò strada con uno scatto da campione ma poi cadde addosso a Janine, la buttò per terra e si nascose sotto il tavolo, lasciandola sul pavimento.

I tre bestioni si fermarono di fronte al nostro tavolo.

Juliet si alzò di scatto dalla sedia. «Brad» gridò al moro più grosso.

Dietro di lui, un altro con i capelli un po' più lunghi e un po'meno alto, e un biondino con lo sguardo da mezzo pazzo si fermarono.

Il tipo di fronte a Juliet socchiuse gli occhi, minaccioso, e strinse i pugni.

«Togliti, Julie» la sua voce che mi fece rabbrividire.

Lei si avvicinò di più: con la testa non gli arrivava alle spalle da quanto era alto, ma non era intimorita dallo scimmione. «No».

Il tizio chiamato Brad puntò un dito in basso «Il tuo amico ci stava di nuovo spiando nello spogliatoio».

Abbassai la testa: il ragazzo magro si era aggrappato a una gamba del tavolo e aveva il fiatone.

«Ah sì? E quindi? Quante volte lo fate voi con noi? Cosa ne diresti se iniziassimo a inseguirti ogni volta?» Juliet ventolò il suo piccolo pugno sotto il naso del ragazzo.

Brad si mise a ridere e i due che lo accompagnavano lo imitarono. «Certo, e noi vi aspetteremmo a braccia aperte! Ora levati» appoggiò una mano sulla spalla di Juliet e la spostò.

Janine si rialzò da terra e si mise di fianco alla sorella «Vuoi metterti anche contro di me?».

L'altro più basso picchiò col dito sulla schiena di quello che aveva parlato con Juliet e gli mormorò qualcosa all'orecchio. Il bullo si sgonfiò tutto in una volta, ma la sua espressione rimase rabbiosa. «E va bene».

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