III
FORBIDDEN GARDENSI swear your spirit's here,
It's inexplicable
I'll never understand but
I won't question it allDarling Violetta, Second Skin
L'Incanto del Filo di Arianna formava una scia davanti e dietro di lei, matassa di luce, sottile come ragnatela, che si dipanava dalla punta della sua bacchetta, guidandola verso l'uscita dei sotterranei della villa.
Le bastava seguire quel filo sottile di luce per non perdersi nelle trame dei sotterranei di Malfoy Mansion: era stata una stupida a scappare, ma sapeva che forse avrebbe avuto appena il tempo di ricacciare nel petto il cuore che le era salito in gola, prima che lui la ritrovasse. Il Filo di Arianna, l'Incanto per orientarsi nei labirinti, gli avrebbe permesso di raggiungerla.
Stupida e ancora stupida.
Perdere nell'emozione di un momento lo scopo di un'intera missione.
Vigliacca.
Le era bastato un suo sguardo per sbriciolare la disciplina di una vita. Lui l'aveva guardata dalle sbarre dietro le quali l'avevano costretto e lei le aveva forzate per raggiungerlo nella sua stessa prigione.
Perduta.
Perduta da qualche parte in quei sotterranei che odoravano di muschio e di secoli, tra le crepe delle mura di pietra e la freddezza delle catene che pendevano dal soffitto.
Quando l'ultima porta, incastonata tra due colonne, incantata per confondersi con la parete esterna, si aprì, lei si precipitò contro il velo impalpabile dell'aria fresca e umida della notte, che le ghiacciò il sudore sulle guance e sulla fronte.
Davanti a lei una schiera di bassi gradini abbandonati, spaccature nel marmo bianco, invase di fango e ciuffi d'erba, scendevano verso il prato. La distesa lussureggiante d'erba incolta le sembrò un lago di verde oscurità in cui poter affondare e nascondere il volto in un momento di puro sollievo. A metà della scalinata inciampò e cadde pesantemente su un fianco, l'urto si riverberò dalla mano con cui aveva cercato di attutire la caduta, lungo tutto il braccio fino alla spalla. Il dolore la lasciò con una vaga sensazione di nausea, la scarpa destra rotolò sui gradini e lei rimase a fissarla, immobile e svuotata.
Il vento attraversava il cielo di un limpido blu trascinando con sé stracci di nuvole nere, attraverso i quali la luna appariva a tratti, aspettando, paziente, di riprendere il suo regno, cospargendo la notte del suo soffice fulgore perlato.
Hermione si guardò intorno cercando di comprendere dove fosse. Era in una zona del parco che non aveva mai visto in precedenza, pur avendolo visitato in lungo e in largo più di una volta. Il selvaggio abbandono della vegetazione e della costruzione presso la quale si trovava, la facevano quasi dubitare di trovarsi ancora all'interno della tenuta.
Colonne sbriciolate biancheggiavano nella luce discontinua della luna, simili a ossa abbandonate tra l'erba alta, nell'ombra dei cespugli incolti.
Il fruscio degli alberi variava d'intensità all'unisono con le raffiche di vento, gli occhi di un gufo lampeggiavano a tratti trai rami, monete d'oro nel buio, il verso dolce e lugubre nella notte otteneva risposte lontane dagli altri alberi del parco.
L'uscita che aveva usato si apriva sulla parete di uno dei padiglioni all'estremità del parco - dove l'ordine dei giardini si mescolava con la brughiera incolta: uno di quegli edifici cadenti che sembravano puramente ornamentali: costruzioni chiare in stile neoclassico, colonne e figure congelate nel marmo, serre profilate in ferro battuto.Quello da cui proveniva lei sembrava abbastanza distante dal corpo principale della villa: la musica risuonava lontanissima, accordi impossibili da ricondurre a una melodia precisa.
Era lontana, ma non sola: nel vento e tra l'erba poteva avvertire la presenza di qualcuno.
Rendersene conto e scartare di lato, velocissima, fu un'unica cosa. Si addossò con le spalle a una colonna riversa sul prato, accovacciata, passando a fil di bacchetta ogni ombra e ogni alito di vento che si muoveva nella notte. Gli occhi che si muovevano velocissimi, lasciando che i suoni e i movimenti anomali penetrassero nella sua coscienza senza perdere tempo prezioso soffermandosi ad analizzarli.
Di nuovo un lampo, chiaro, velocissimo, davanti agli occhi.
- Protego! -
Fredda e controllata, la voce non recava traccia di paura. Nel blu della notte si dispiegò lo scudo argenteo e traslucido dell'incantesimo, da dietro il quale lei, rapida, scagliò l'incantesimo di disarmo.
- Expelliarmus -
- Aspetta, sono io! -
Riconoscendo quella voce, Hermione emise un'imprecazione, spezzata come la tensione che aveva provato fino a un istante prima.
- Maledizione a te, Ron Weasley, mi hai fatto prendere un colpo - sbraitò mentre l'ansia l'abbandonava, lasciando spazio solo alla spossatezza e a un principio di stizza.
Crollò a sedere sulla colonna, mentre la figura del ragazzo emergeva, disinvolta, dall'ombra.
- Scusami - disse Ron, ma dal modo in cui rideva non sembrava troppo scosso dall'idea di averle quasi provocato un infarto.
Lei sbuffò, spazzandosi nervosamente l'orlo del vestito con la mano e cominciando a cancellare le macchie d'erba con movimenti distratti della bacchetta. Lui rise ancora.
- Hai pronunciato l'Incantesimo di Disarmo in modo particolare. Si tratta di una nuova scoperta? -
Hermione annuì - Ci ho lavorato per mesi col Professor Vitious, in questo modo acquista maggiore potenza e può disarmare con più efficacia, inoltre ci siamo accorti che ha una migliore tenuta sulla lunga distanza -
- Sei il solito genio -
- E tu come al solito cerchi di adularmi quando pensi di dovermi rabbonire -
Si scambiarono un sorriso, poi Ron si sedette sul prato ai suoi piedi.
- Che cosa ci fai qui, Hermione? - le domandò - Che cosa diavolo sta succedendo questa sera? -
- Oh, non lo so! - sbottò lei, in tono frustrato.
Fece per passarsi una mano trai capelli, poi ricordò all'ultimo momento la sua pettinatura incantata e si limitò a giocherellare con una lunga ciocca argentea che le cadeva sulla spalla.
- Ho visto prima, dentro - continuò Ron - Erano Maghi Neri quelli? Erano davvero Maghi Neri? -
Hermione annuì - Ben gli sta a Scrimgeour, - disse, con una cupa soddisfazione nella voce - Tutti al Dipartimento lo avevamo scongiurato di non fare una cosa così stupida come questo ballo -
- Ho sentito che hanno chiamato rinforzi dalla Centrale Operativa - aggiunse l'altro - A quest'ora un bel gufo ti starà aspettando appollaiato sulla finestra -
- Può aspettare - replicò lei - Oggi è la mia serata libera e faccio quello che voglio -
- Infatti sei al lavoro -
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Masquerade Ball
FanfictionLui era Draco Malfoy e come fosse riuscito a restare nella villa, senza che qualcuno desse l'allarme, era un miracolo e un mistero. Lui era Draco Malfoy e aveva una taglia sulla testa e un'intera bacheca di foto e appunti nell'ufficio del Dipartimen...