Capitolo 4

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Langley Public Health Unit, B.C.

Liluth rimase in coma per un mese, i genitori non erano al corrente di quello che era successo, la diagnosi dei medici, anche se non 

aventi prove certe, era che la bambina aveva avuto un black-out 

celebrale causato da un eccessivo flusso di informazioni, oppure 

che il suo stato fosse una temporanea reazione di difesa dell’inconscio per elaborare qualche cosa di estremo che le era successo 

e alla quale non riusciva dare spiegazione. Quando si svegliò Liluth 

sembrava non ricordarsi chi fosse lei e le persone che la circondavano: «Dove sono? Chi siete voi? E chi sono io?».

Amanda, con un tono di preoccupazione, disse: «Ciao amore mio, 

come chi siamo? Siamo i tuoi genitori». Poi rivolgendosi ai medici 

disse: «Dottore, l’altro giorno aveva detto che si era stabilizzata, 

come fa a non ricordarsi le nostre facce?». Ebbe un attacco di panico e si sentì svenire a momenti cadendo a terra se non fosse stato 

per il marito, che tempestivamente la sostenne tenendola per le 

spalle. 

Poi il medico primario, di nome Carl Stinson, si rivolse a John 

dicendogli: «Non vi dovete preoccupare troppo, casi come questi 

li abbiamo già avuti e di solito ci vuole un paio di mesi perché 

vostra figlia recuperi completamente le funzionalità, dovete solo 

aver pazienza». 

Liluth per un po’ rimase a guardare la stanza e le persone che vi erano,con volto stranito, poi a un certo punto disse: «Ho fame, 

potrei avere qualche cosa da mangiare?» 

E il padre John, risollevato da quello che aveva detto il medico, 

disse: «Ma certo tesoro, corro subito alla macchinetta a prenderti 

qualche cosa, vuoi anche da bere?». 

«Sì, una Pepsi se c’è, grazie.» 

«Ok, vado a subito a prendertele.» John uscì con i medici mentre la madre si era appisolata sul divano all’angolo della stanza 

e quando tornò con la Pepsi e tre barrette di Twin che piacevano 

tanto a sua figlia, vide che si era addormentata e disse sottovoce 

rimboccandole le coperte del letto ospedaliero: «Dormi bene piccola Liluth, e riprenditi presto».

Otto anni, 8 anni dopo l’incidente di quella notte lontana dall’aura spettrale, Liluth Barkley riuscì a ricordarsi chi era, almeno in 

parte, e chi erano i suoi genitori, ma per 8 anni passò un inferno 

psicologico e fisico dalle fiamme assidue. Se prima i suoi pensieri erano strutturati da un filo logico razionale, dopo quella 

notte, che a ricordo di essa aveva solo un misterioso ciondolo 

raffigurante una stella a 8 punte e una sfera di quarzo fantasma 

in mezzo, le aree del suo cervello erano diventate come cumulonembi e ogni stimolo esterno causava tempeste di informazioni 

che portavano il più delle volte allo svenimento della ragazza. 

Flash di avvenimenti futuri venivano portati alla sua attenzione 

con una forza disarmante, come se avesse in testa mille TV e radio accese, a volte percepiva una scissione del corpo da una sua 

copia fatta di etere e la parte in fuga sembrava andasse in luoghi 

paradisiaci o anche terribili rischiando molte volte di mandare 

Liluth in coma ansiolitico, evitato solo dalla grande forza di volontà della ragazza. Ma quello che rendeva il tutto quasi insostenibile erano le emozioni che si presentavano a ondate violente 

prendendo possesso della sua coscienza, sentimenti dei quali era impossibile verificare l’origine, sentimenti che con la loro risonanza frastornante portavano inesorabilmente sempre di più 

Liluth a un distacco definitivo dalla realtà tangibile e percepibile 

da tutti.

L'orizzonte Dell'anima - Gli Specchi Della Divinità Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora