5. Vergogna

14 5 0
                                    

Lizzie era senza parole. Non immaginava che Annabeth le si sarebbe rivolta in quel modo. Del resto, non le aveva mai fatto nulla di male.

Cominciava a pensare che non fosse la ragazza adatta per suo fratello, Noah si meritava di meglio, aveva fatto bene a trattarla così.

La vide correre verso la scuola, Emma le corse subito dietro, mentre Noah si guardava la mano e borbottava tra sé e sé:

- Ma cosa ho fatto? Perché l'ho fatto?

La sorella gli poggiò una mano sulla spalla:

- Hai fatto bene Noah, se lo meritava. Non sei tu ad aver sbagliato.

Luì annuì un po' incerto, mentre lanciava uno sguardo rammaricato alla sua ragazza, che entrava nell'istituto Camred insieme all'amica.

- Non vorrei mettervi fretta, ma dovremmo proprio andare... Ci beccheremo un ritardo se non entriamo in orario - li avvertì Crystal.

I gemelli si guardarono un' ultima volta e si diressero verso la scuola, salutando Crystal che andava in classe con Annabeth ed Emma, in 3A.

Prima di varcare la soglia della porta, Lizzie esitò:

- No, non ce la faccio. Ci sono un sacco di nostri vecchi compagni e professori, cosa diranno appena mi rivedranno dopo avermi creduta morta?

- Faranno la stessa faccia che ho fatto io quando ti ho rivista - le sorrise Noah.

- Uff e va bene. Ma mi faranno molte domande, come risponderò?

- Ti basterà dire la verità. In realtà non so ancora niente neanch'io, quindi sarò piuttosto curioso di ascoltarti.

Lei abbassò lo sguardo:

- Il fatto è che io... non ricordo la verità. Non ricordo nulla di come è andata.

Noah la guardò stupito, ma non ebbe il tempo di rispondere che la professoressa li richiamò dall'interno della 5D.

- Allora voi due, si può sapere cosa state facendo lì fuori? Se non entrate subito dovrò mettervi l'assenza!

Lizzie alzò il cappuccio della felpa, lasciando allo scoperto solo i suoi lunghi capelli biondi, poi andò a sedersi in un banco vuoto accanto a Noah.

La professoressa la guardò curiosa:

- E tu da dove salti fuori? Il preside non mi ha parlato di nessuna ragazza nuova.

Lei non rispose e abbassò il capo, nascondendosi ancora di più.

- Togliti il cappuccio signorinella, è maleducazione in classe.

Lei esitò, ma alla fine se lo abbassò lentamente, scoprendo timidamente la sua faccia sotto gli occhi incuriositi di tutta la classe.

Quando alzò il viso scoprendo i suoi occhi azzurro cielo, uguali a quelli del fratello, tutti i presenti rimasero a bocca spalancata, compresa la professoressa.

- T-tu

- Com'è possibile?

- Ma non era morta?

- Sì, si era buttata dal quinto piano, non può essere ancora viva!

- Io l'ho vista morta con i miei occhi!

Tutti i ragazzi mormoravano tra di loro sbalorditi, mentre Lizzie diventava tutta rossa.

Aveva gli occhi pieni di lacrime, che minacciavano furiose di uscire allo scoperto, ma lei non aveva intenzione di peggiorare le cose.

Si alzò e uscì fuori dalla classe di corsa, mentre vide con la coda dell'occhio Noah che le veniva dietro. Gli chiuse la porta in faccia e scappò via, fuori dalla scuola.

Corse veloce fino alla spiaggia, dove si tolse le scarpe e si buttò in mare.

Nuotò, nuotò e nuotò fino allo sfinimento, mentre l'acqua si faceva sempre più fredda sulla sua pelle. I vestiti bagnati la appesantivano, ma il suo talento nel nuoto le permetteva di superare qualsiasi ostacolo.

Arrivò a decine di metri dalla costa, non riusciva più neanche a scorgere la spiaggia e si fermò solo allo sfinimento. Aveva il fiatone e le onde le sbattevano dritte in bocca, facendole sentire l'aspro sapore dell'acqua salata.

Vide una nave avvicinarsi. No, non voleva che la trovassero.

Si tolse con fatica la maglietta e sfilò via i pantaloni, alleggerendosi per riuscire a nuotare e allontanarsi ancora di più.

Arrivò in un punto abbastanza lontano, dove sperava che non l'avessero raggiunta prima di qualche ora.

Il freddo la stringeva in una stretta morsa e lei si lasciò abbandonare alle onde e alla corrente.

Voleva tornare indietro nel tempo, ma stavolta voleva annegare e farla finita, sperando di non essere mai più salvata e ritrovata.

Smise di muovere gambe e braccia per tenersi a galla e lasciò che il suo corpo affondasse in profondità.

Il fiato cominciò a mancarle e i polmoni le si riempirono di acqua, mentre continuava a scendere sempre più giù. Questa volta ce l'aveva fatta. Nessuno avrebbe più saputo niente di Elizabeth Anderson.

Il silenzio si fece abissale. Aprì lentamente le palpebre sott'acqua, cercando di fissare il suo ultimo ricordo nel mondo dei vivi.

Vedeva tutto appannato. L'anima stava lasciando il suo corpo.

Poi vide una sagoma davanti a lei. Un pesce probabilmente.

"Per te non è ancora giunto il momento della fine" sentì sussurrare nella sua mente. Aprì meglio gli occhi, ancora in uno stato di trance. La sagoma si fece più chiara.

Due occhi di vetro la guardavano morire. Sembravano essersi messi in contatto con la sua mente.

La testa era calva, tranne che per qualche capello sparso qua e là. Erano tutti capelli di colori e dimensioni diversi.

Lo strano omino indossava uno straccio di pezza e sembrava essere fatto di ceramica. Era una bambola.

Tante immagini veloci attraversarono di nuovo la sua testa, ma stavolta riguardavano tutte quella strana bambola.

La sua mano che la afferrava.

Il pupazzo disteso in un angolo di un letto.

I due occhi di vetro che la guardavano dall'alto di una finestra.


Spalancò gli occhi sott'acqua, inondata improvvisamente da mille ricordi confusi. Poi venne colpita in pieno da un fortissimo getto d'acqua, che la trasportò lontana metri e metri.

Ma non fu la bambola l'ultima immagine che vide.

Un uomo sui cinquant'anni le sorrideva dal profondo abisso del mare.

Moyasamu 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora