Capitolo 17

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La musica che davano al “Risveglio del sole” era suggestiva, ac-

compagnata a una location misteriosa che ricordava molto gli 

anni post 1947, subito dopo gli avvenimenti di Roswell. Il tema 

degli ufo era la colonna portante del locale, nel quale si allestiva-

no feste e serate che trattavano l’argomento, venendo così molto 

frequentato da amanti del genere. Aveva cominciato a sgocciolare 

e di tutta fretta il ragazzo corse dentro al pub, coprendosi la testa 

con un giornale comprato all’edicola poco vicino alla sua macchi-

na, la Ford Mustang GT500 personalizzata e dalle linee aggressi-

ve e gagliarde. Quando si trovò all’interno intravide con stupore 

la cantante che era sul palco, con la folla sotto di esso intenta ad 

ascoltarla con fervore. Era situato al secondo piano che era so-

stenuto da colonne in legno d’acero naturali, non riverniciate, e 

raggiungibile tramite una scala a chiocciola fatta con il medesimo 

materiale. Amante della musica, non ebbe difficoltà a riconoscerla: 

era Dido e stava cantando uno dei suoi pezzi migliori, White Flag.

«Ciao, scusa, disturbo? Hai bisogno?» Una barista si era avvici-

nata al giovane in modo gentile e cordiale, intenta a chiedergli 

se voleva ordinare. Era di bell’aspetto, con un cerchietto in testa 

che includeva delle antenne aliene e lunghi capelli castani lasciati 

cadere dietro la schiena, fino al giro vita. 

«Ehm… sì.» Trasportato dalla canzone, fu preso alla sprovvista 

ed ebbe un lieve sobbalzo dallo spavento.

«Scusa, volevo chiederti se volevi ordinare qualche cosa, e se per 

caso volevi sederti.» 

«Ehm… sì grazie, mi farebbe piacere fare colazione e se possibile 

vorrei sedermi il più vicino possibile alla cantante» disse rilassa-

to il ragazzo, che manteneva quell’atteggiamento pacato ma non 

privo di oculatezza nella gran parte delle situazioni. Poi, notando 

come era stato allestito l’ambiente, chiese maggiori informazioni 

riguardo la scelta del look della location. «Come mai il tema sugli 

alieni?» 

Allorché la barista per prima cosa si presentò, poi rispose alla 

sua domanda con brio e un alquanto accentuato interesse anche a 

flirtare con il belloccio che si trovava davanti. «Scusa, mi presento 

come si deve. Io mi chiamo Jennifer, e tu?» 

Il ragazzo per non dire il suo vero nome, motivo di cui non vole-

va parlarne, rispose inventandosene uno sul momento: «Io sono 

Michael, piacere». 

«Allora vedi, Michael, il motivo l’hanno scelto i proprietari Max 

e Liz, vengono proprio da Roswell New Messico. E per le vicende 

a me non note che hanno vissuto, hanno scelto per questo uno 

stampo un po’, per me, stralunato…» disse Jennifer con una risata 

e indicando le antenne che aveva sopra la testa. «Se vuoi saperne 

di più, te li presento. Sono proprio di sopra che stanno ascoltando 

la cantante.»

Anche Michael era un appassionato degli alieni e non aveva mai 

incontrato gente che avesse avuto incontri ravvicinati con esseri 

provenienti dallo spazio, e seppur non fosse chiaro se era quello 

di cui si trattava, decise di approfondire e di seguire la ragazza 

per fare conoscenza dei proprietari, mosso da un moto di libera-

zione ancora ai primi natali.

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